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Petronas: cosa resta della MotoGP

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Parliamo con i responsabili del team Petronas della loro esperienza in MotoGP: cosa ha imparato il petroliere malese dalla massima serie della Velocità e cosa lascia in eredità

Il team Petronas MotoGP chiude i battenti, anzi no. Yamaha schiera Andrea Dovizioso nel team satellite, che però cambierà main sponsor visto che il petroliere malese considera conclusa l’esperienza in MotoGP, relativamente breve (3 stagioni dal 2019 al 2021) ma ricca di soddisfazioni grazie al sodalizio con Yamaha e ai piloti Fabio Quartararo e Franco Morbidelli. Alla vigilia del GP di San Marino e della Riviera di Rimini, abbiamo incontrato i due vertici dell'avventura sportiva Petronas in MotoGP per fare il punto su un'avventura velocissima, ma che ha indubbiamente lasciato il segno. Fabbiamo il punto di quanto è successo dal punto di vista tecnico e sportivo con il team manager Petronas MotoGP Wilco Zeelenberg, un ex pilota che molti ricorderanno per i suoi trascorsi in 250, e Andrea Dolfi, il responsabile R&D Petronas per lo sviluppo fluidi.
Wilco Zeelenberg e Andrea Dolfi
Petronas non è uno sponsor come una compagnia telefonica o un energy drink: porta tanti soldi ma è anche un partner tecnico, per cui come si suol dire, ci mette la faccia. Corre con i propri oli e l’olio motore non è proprio un elemento secondario in un motore: deve lubrificare, proteggere dall’usura fare tenuta ai gas in pressione, resistere a temperature di centinaia di gradi e anzi raffreddare i punti dove il refrigerante non arriva. Se qualcosa va storto, il danno è disastroso ed evidente: altro che bella figura. Tutto comincia una sera di marzo 2019, quando in Qatar scendono in pista per la prima volta le due M1 di Fabio Quartararo e Franco Morbidelli, allora piloti lontani dai riflettori e che chiudono rispettivamente sedicesimo e undicesimo. Tra le tante "prime" di quella gara c'è la presenza, per la prima volta, di olio Petronas su una Yamaha da MotoGP.
E' stato difficile iniziare l’avventura? Andrea: “Siamo andati per gradi. Petronas fortunatamente ha un grande know-how racing: abbiamo corso in F1 e abbiamo oltre 35 anni di esperienza di gara, che va dalla Dakar al DTM. Ma quando siamo arrivati in MotoGP non conoscevamo nessuno, nemmeno in Yamaha. Ho preso un aereo, sono andato a Iwata e ho discusso i nostri oli e i nostri programmi con i loro ingegneri. Il motore M1 ha la particolarità di avere il cambio separato dal motore, con due oli diversi. Questo da un lato semplifica il compito del fornitore: siamo partiti a inizio stagione con il solo olio trasmissione, dove i problemi termici sono inferiori perché si superano di poco i 100 °C, contro gli oltre 300 °C sulla corona del pistone e quindi non c’è il rischio di ‘cuocere’ l’olio. Ma non è comunque una passeggiata, perché nella trasmissione è di fondamentale importanza la sicurezza: immaginatevi un grippaggio a 300 km/h… Per questo gli ingegneri Yamaha non smontano il motore a tutte le gare, ma il cambio sì. In questo modo si vede anche come lavora l’olio, e da subito abbiamo dimostrato la qualità del nostro olio cambio. Nel frattempo ci siamo messi a lavorare sulla formulazione ideale dell’olio motore, e abbiamo avuto semaforo verde dal team e da Iwata appena prima del GP di Assen. Da quel GP abbiamo corso con olio 100% Petronas, senza alcun problema. Anzi, ad Assen Quartararo ha fatto subito podio”. Wilco: “Ed era in testa prima di incappare nell’arm pumping e perdere due posizioni! Per quanto mi riguarda, arrivare in MotoGP con Petronas è stata una grande opportunità. Avevo gestito Moto3 e Moto2 ma non avevo esperienza nella classe maggiore; invece mi è stata lasciata subito grande libertà, anche nella scelta dei piloti. Sono stati 3 anni fantastici, e intensi: Petronas è abituata a far bene e prima ancora di aver percorso il primo metro di pista ci chiedevano quando saremmo stati vincenti… Poi per fortuna siamo stati persino più veloci delle aspettative. Possiamo essere orgogliosi di quello che abbiamo fatto insieme”.
Quando arrivi in un settore che non conosci, e dove ci sono già altri fornitori affermati qual è il tuo obiettivo: far meglio di loro o solo di raggiungere quel livello? Andrea: “Siamo partiti con umiltà, ma l’obiettivo minimo era replicare le prestazioni dell’olio di riferimento, che era l’olio che Yamaha sviluppa al suo interno. Se non avessimo raggiunto almeno quel livello, avremmo penalizzato il team, e sarebbe stata una pessima pubblicità. Poi non nascondo che l’obiettivo è sempre stato quello di far meglio, e penso che i risultati dimostrino che il nostro approccio e il nostro supporto siano andati in direzione di una maggiore competitività del pacchetto moto. In alcune aree siamo risultati molto migliori del riferimento, quasi non ce l’aspettavamo ma ne siamo ovviamente felici”. Wilco: “Basti dire che dopo che il covid ha scombussolato tutti i piani e ci siamo ritrovati a fare più chilometri con ciascun motore, la percorrenza finale è stata ben superiore a quanto ci aspettassimo, anche rispetto a qualche concorrente. Molti meriti vanno all’olio”. Quali sono le problematiche più critiche in MotoGP rispetto all’utilizzo “stradale” degli oli? Andrea: “I motori racing sono parenti stretti dei motori stradali, specie in campo moto, ma comunque non sono veramente rappresentativi. A 20.000 giri ti avvicini a 30 m/s di velocità lineare del pistone, ci sono sollecitazioni enormi e necessità di lubrificazione e di smaltimento del calore altrettanto enormi. Devi gestire questo stress extra che il motore richiede all’olio, e lo si può fare in diversi modi. Qualcuno sviluppa composti sintetici esotici specifici per la MotoGP, mentre la filosofia Petronas è di usare il più possibile gli stessi ingredienti e la stessa chimica. Lavoriamo come sarti che con gli stessi elementi di un vestito da negozio ne realizzano uno su misura, in questo caso su misura per la MotoGP”.
Sembra quasi che abbiate spostato tecnologia dalla strada alla pista e non viceversa. Andrea: “In realtà strada e pista stanno in un ciclo chiuso di sviluppo e ognuno serve all’altro, ma di fatto usiamo la MotoGP come laboratorio e come banco di prova: le innovazioni partono da lì. Il motorsport è un po’ la porta di ingresso, poi le basi e gli additivi entrano nel nostro olio Sprinta di normale produzione”. Quali tecnologie sono effettivamente state trasferite dalla MotoGP alla produzione di serie? Andrea: “Negli ultimi anni tutti i radar sono puntati sui cosiddetti ‘modificatori di attrito’, e anche noi ci lavoriamo molto. Sono molecole che servono a ridurre l’attrito delle parti in movimento sotto carico, a prevenirne l’usura e anche a dissipare il calore. Quando riesci a ridurre l’attrito hai fatto bingo, perché l’attrito entra in tutti i fenomeni nocivi sia a livello di usura che di performance. Partiamo tutti con 22 litri di benzina e quella è l’unica fonte di energia, alla fine vince chi riesce a mandare alla ruota posteriore la parte più grande di quell’energia: e questo lo si fa riducendo le perdite per attrito e per calore. Peraltro la stessa preoccupazione di efficienza energetica è all’ordine del giorno anche con il tema della riduzione delle emissioni di CO2”.
Per finire: sarete gli ultimi ad aver lavorato con Valentino Rossi come pilota di moto… Wilco: “Lavorare con Vale è sicuramente una cosa speciale. Lui ha quest’aura speciale attorno, che si sente in ogni momento e non è un’invenzione della stampa… Poi purtroppo i risultati non sono quelli che vorremmo vedere, ma lui è un grande professionista e dà sempre il massimo, anche a costo di cadere. E del resto oggi il livello in MotoGP è così alto che non è un disonore faticare: ci sono piloti che hanno vinto delle gare e in altre piste sono arrivati ultimi”. Ma se Valentino dovesse diventare un pilota di Rally a quattro ruote, Petronas potrebbe seguirlo? Wilco: “Questa è una decisione... che non dipende da nessuno di noi”.
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