Motogp
Valentino Rossi si racconta: "Non si finisce mai di imparare"
Pagina principale
Quando parli con Valentino Rossi non finiresti mai. Ecco un’esclusiva intervista con il nove volte iridato: come si allena, cosa pensa dell’elettronica e uno sguardo sulla sua carriera, dalle prime gare in 125 alla 500, la MotoGP… e la Dakar
La stagione per Valentino Rossi non sta andando come sperava. Anche la gara di casa, a Misano, dopo qualifiche incoraggianti si è conclusa con il settimo posto. Un risultato che davanti agli oltre centomila arrivati sul circuito della Riviera per applaudirlo non lo ha certo soddisfatto; ma la parola “arrendersi” non esiste per il nove volte iridato, che guarda già alla prossima gara di Aragon e anche a un futuro oltre la MotoGP che si fa inevitabilmente sempre più prossimo. In attesa di tornare in pista sulla sua Yamaha M1, Valentino si è concesso per una lunga chiacchierata.
Ciao Valentino, quest’anno la vittoria ancora non è arrivata, ma ne hai comunque 115 in bacheca. Cosa è cambiato rispetto alle prime volte?
“Ciò che è rimasto uguale è il piacere di salire in moto. Mi diverto sempre allo stesso modo, provo le stesse emozioni, adrenalina di quando ho iniziato. La sensazione è esattamente la stessa, ma forse è ancora più speciale adesso perché in passato vincevo tanto durante la stagione, mentre ora succede meno! Adesso devo anche impegnarmi di più perché i miei rivali sono più forti e più giovani, ma il momento in cui supero la bandiera a scacchi è rimasto lo stesso, con le stesse sensazioni”.
“Ovviamente sono cresciuto e maturato e quindi l’approccio al weekend di gara è cambiato, ma nemmeno tanto. Per certo devo allenarmi di più rispetto a quando avevo 20 anni, anche perché in questi anni è cambiato proprio il mestiere del pilota. Oggi i piloti sono atleti incredibili, la preparazione fisica è diventata fondamentale. Prima non era così. Potevi allenarti meno, e questo perché le gare sono cambiate. Prima gestivi la gara, non si dava il 100% sempre, dal primo all’ultimo giro. C’era un momento in cui ci si studiava e alla fine si lottava. Oggi si fanno tempi da record al primo giro e si tiene un passo incredibile per tutta la gara: tanto che se sbagli la partenza o trovi traffico, è difficilissimo prendere chi è al comando. Quasi impossibile. Quindi non solo ti devi allenare di più per mantenere certi ritmi, ma devi anche essere molto più concentrato. Per quanto mi riguarda ho solo dovuto cambiare qualche abitudine, ma non è stato faticoso. Fare sport mi piace e cerco di allenarmi tanto in moto. Nei weekend in cui non sono impegnato con la MotoGP, sono al ranch con i ragazzi dell'Academy: è un bell'allenamento e mi ha aiutato tanto anche per la preparazione fisica alle gare. E soprattutto… è divertente!”.
Casey Stoner ha dichiarato di recente che se non ci fosse l’elettronica, tu saresti anche più competitivo oggi. Credi che la MotoGP abbia imboccato una strada sbagliata?
“No, la MotoGP continua a piacermi molto, anche da guardare in TV. Ci sono tanti piloti e tanti costruttori che danno il massimo per vincere, e le gare sono di solito molto aperte, nessuno sa in anticipo chi vincerà e ciò è dovuto a regole come il monogomma e alla centralina unica. Credo che abbiano fatto un ottimo lavoro con lo standard ECU, che ha reso le moto più simili tra di loro. Non credo di aver nessun consiglio da dare al campionato!”.
Te lo hanno già chiesto in tanti, ma dove trovi la motivazione per correre?
“Io amo correre, amo l’adrenalina che mi dà il week end di gara e per me salire sulla mia Yamaha M1 è sempre stupendo. Una MotoGP è quanto di più veloce si possa guidare, un concentrato di tecnologia, elettronica, tecnica al massimo livello, che ti regala emozioni incredibili. E poi mi diverto! Se fai una vita sana e ti alleni, correre a 39 anni non è uno svantaggio. Continua a piacermi. Voglio fare questo sport finché sono abbastanza forte e capace di lottare per il podio e vincere. Perché no?”.
“Non si finisce mai di imparare. In questi anni ad esempio è cambiato tanto il modo di guidare le moto. L’elettronica ha fatto sì che lo stile di guidare cambiasse molto negli anni, e io che sono passato dalle 500 alle MotoGP avevo già cambiato più volte stile di guida. Per riuscirci devi studiare, capire come migliorare e metterti in discussione. Io l’ho sempre fatto, e continuo a farlo oggi”. E il giorno che deciderai di smettere?
“Quando smetterò in MotoGP non mi vedo a continuare a fare gare su una moto in un altro campionato in pista. Per me la MotoGP è la massima espressione del motociclismo su pista e voglio chiudere correndo ai massimi livelli. Invece penso che mi dedicherò alle quattro ruote. Ho una grande passione per le corse di automobili, e dopo la MotoGP voglio fare un altro anno con le quattro ruote. Nel motociclismo penso sia importante gareggiare in MotoGP, perché è il top; ma credo di poter correre qualche anno con le auto: magari non allo stesso livello delle moto, ma è comunque qualcosa che voglio provare”. Tutti sanno della tua passione (e bravura) per i Rally. Forse la massima espressione in questo campo è il Dakar Rally: lì ti ci vedi?
“Ci sono tante gare affascinanti che mi piacerebbe fare ma valuterò quando deciderò di finire la mia carriera in MotoGP. Alla Dakar ci penso ma di certo in macchina, non in moto!”.
“No, abbiamo già tanti progetti qui in MotoGP e cerchiamo di non fermarci mai. Lavoriamo con i giovani piloti nella VR46 Academy e ci divertiamo molto. Con la mia organizzazione continuiamo ad aiutare i giovani piloti delle piccole categorie. Abbiamo anche il team, con SKY, in Moto3 e Moto2 e anche quella è una bella avventura. Ci piacerebbe avere un team in MotoGP, ma è molto difficile perché nella MotoGP tutto diventa più grande e servono più persone, più soldi e più impegno. Magari ci proveremo in futuro”. Tu sei una persona positiva e guardi sempre avanti. Ma quali sono i tuoi rimpianti?
“Ho vissuto momenti indimenticabili con tante vittorie, ma ho rimpianti per i campionati del 2006 e del 2015, perché sono arrivato all’ultima gara in cima alla classifica, per poi perdere il titolo. Se ne avessi la possibilità, cambierei queste cose”.
E tra i nove titoli che hai vinto qual è il più significativo?
“Ne ho tre. Quello 2004, la mia prima vittoria con Yamaha. Quello 2008 con le Bridgestone, quando ho vinto di nuovo dopo due anni. E quello 2001, perché è stato l’ultimo anno della 500 ed è stato speciale per me. È stata un’ultima occasione. Se dovessi sceglierne solo uno, allora direi il 2004 perché nessuno si aspettava che vincessi con la Yamaha”.
Quindi il ricordo più bello in assoluto è quello?
“Welcome 2004. Assolutamente. Quando sono passato da Honda a Yamaha. La Yamaha veniva da un momento difficile, da tanto tempo non aveva vinto nemmeno una gara mentre la Honda aveva dominato per anni. Vincere il mondiale al primo anno di Yamaha è stato incredibile: io stesso pensavo che ce l’avrei fatta, ma non al primo anno. Che ci volesse almeno un anno di esperienza. Conservo tanti bei ricordi di quell’anno e di quella vittoria”.
Questo ci porta al tema della pressione, e della responsabilità. Hai scelto di rimanere nel luogo delle tue origini, cosa che pochi grandi sportivi hanno fatto. È davvero questo il segreto della tua serenità?
“Credo di sì. Per quanto riguarda i fan, ovviamente sono sempre contento quando ci sono persone che mi tifano; ma a casa ho trovato un equilibrio, ho i miei luoghi dove andare per stare tranquillo. Sono sereno. Ma il team è altrettanto importante: con tutte le persone che lavorano per me c’è un ottimo rapporto e si lavora bene insieme, cosi come in Yamaha. Siamo una squadra e si vince e si perde insieme”.
Ma come ti rilassi? Sei un tipo da meditazione?
“No no, l’energia arriva stando con gli amici”.
Cos’è che ti piace della moto? Hai mai pensato di fare altro?
“Se non facessi il pilota di moto sicuramente vorrei essere uno sportivo, ma io sono sempre andato in moto e non saprei immaginare di fare altro. Mi sono avvicinato alle moto appena nato: mio padre faceva il pilota e io andavo sempre con lui quando si allenava o alle gare. Mi piaceva tanto stare in mezzo ai motori e per questo mio padre mi ha messo prestissimo su una moto, su un kart. Io volevo correre sempre. Da quel momento non ho mai smesso!”.
“Non ho mai fatto viaggi in moto, non sono un amante dei lunghi viaggi in moto. Però a casa ho una moto che uso spesso per andare in giro vicino a casa mia. Spesso la uso per andare in spiaggia, al mare. Uso sempre il mio TMAX che è molto comodo per spostarsi dalle mie parti". Com’è la tua giornata tipo?
“Beh credo si sappia che non amo svegliarmi presto al mattino… solo in gara lo faccio. Quando sono a casa mi prendo i miei tempi, organizzo la mia giornata per allenarmi e andare nella sede di VR46 per le riunioni. Vado ogni giorno in palestra con i ragazzi dell’Academy e spesso ci alleniamo in moto, al ranch il sabato, ma anche in pista con il kart, con le minimoto. Le mie giornate sono sempre molto piene”.
E in vacanza cosa fai?
“Spesso rimango a casa, abito vicino al mare e sto molto bene. Oppure mi piace andare a Ibiza. Ho tanti amici che vanno in vacanza lì, e mi piace molto”.
Come ti senti ad essere considerato un’icona?
“È sempre una bella sensazione e un’emozione forte. A volte sono sorpreso perché tante persone di tutto il mondo mi conoscono e ho visto tante persone emozionate nel vedermi. È qualcosa di speciale perché vuol dire che nella mia carriera ho fatto un buon lavoro”.
Questo dovrebbe gratificarti anche quando smetterai, no?
“Sì… ma ho paura di avere troppo tempo libero quando mi fermerò! Da quando avevo sedici anni la mia vita è stata sempre la stessa: gareggi, torni a casa a rilassarti per due/tre giorni e inizi a prepararti per la gara successiva. Ho sempre fatto così e non saprei fare diversamente!”.
Qual è la tua idea di felicità?
“Direi essere in vacanza con gli amici!”.
Ciao Valentino, quest’anno la vittoria ancora non è arrivata, ma ne hai comunque 115 in bacheca. Cosa è cambiato rispetto alle prime volte?
“Ciò che è rimasto uguale è il piacere di salire in moto. Mi diverto sempre allo stesso modo, provo le stesse emozioni, adrenalina di quando ho iniziato. La sensazione è esattamente la stessa, ma forse è ancora più speciale adesso perché in passato vincevo tanto durante la stagione, mentre ora succede meno! Adesso devo anche impegnarmi di più perché i miei rivali sono più forti e più giovani, ma il momento in cui supero la bandiera a scacchi è rimasto lo stesso, con le stesse sensazioni”.
Valentino Rossi ieri e oggi
E come sei cambiato tu?“Ovviamente sono cresciuto e maturato e quindi l’approccio al weekend di gara è cambiato, ma nemmeno tanto. Per certo devo allenarmi di più rispetto a quando avevo 20 anni, anche perché in questi anni è cambiato proprio il mestiere del pilota. Oggi i piloti sono atleti incredibili, la preparazione fisica è diventata fondamentale. Prima non era così. Potevi allenarti meno, e questo perché le gare sono cambiate. Prima gestivi la gara, non si dava il 100% sempre, dal primo all’ultimo giro. C’era un momento in cui ci si studiava e alla fine si lottava. Oggi si fanno tempi da record al primo giro e si tiene un passo incredibile per tutta la gara: tanto che se sbagli la partenza o trovi traffico, è difficilissimo prendere chi è al comando. Quasi impossibile. Quindi non solo ti devi allenare di più per mantenere certi ritmi, ma devi anche essere molto più concentrato. Per quanto mi riguarda ho solo dovuto cambiare qualche abitudine, ma non è stato faticoso. Fare sport mi piace e cerco di allenarmi tanto in moto. Nei weekend in cui non sono impegnato con la MotoGP, sono al ranch con i ragazzi dell'Academy: è un bell'allenamento e mi ha aiutato tanto anche per la preparazione fisica alle gare. E soprattutto… è divertente!”.
Casey Stoner ha dichiarato di recente che se non ci fosse l’elettronica, tu saresti anche più competitivo oggi. Credi che la MotoGP abbia imboccato una strada sbagliata?
“No, la MotoGP continua a piacermi molto, anche da guardare in TV. Ci sono tanti piloti e tanti costruttori che danno il massimo per vincere, e le gare sono di solito molto aperte, nessuno sa in anticipo chi vincerà e ciò è dovuto a regole come il monogomma e alla centralina unica. Credo che abbiano fatto un ottimo lavoro con lo standard ECU, che ha reso le moto più simili tra di loro. Non credo di aver nessun consiglio da dare al campionato!”.
Te lo hanno già chiesto in tanti, ma dove trovi la motivazione per correre?
“Io amo correre, amo l’adrenalina che mi dà il week end di gara e per me salire sulla mia Yamaha M1 è sempre stupendo. Una MotoGP è quanto di più veloce si possa guidare, un concentrato di tecnologia, elettronica, tecnica al massimo livello, che ti regala emozioni incredibili. E poi mi diverto! Se fai una vita sana e ti alleni, correre a 39 anni non è uno svantaggio. Continua a piacermi. Voglio fare questo sport finché sono abbastanza forte e capace di lottare per il podio e vincere. Perché no?”.
Un campione di umiltà
Pensi di avere ancora qualcosa da imparare?“Non si finisce mai di imparare. In questi anni ad esempio è cambiato tanto il modo di guidare le moto. L’elettronica ha fatto sì che lo stile di guidare cambiasse molto negli anni, e io che sono passato dalle 500 alle MotoGP avevo già cambiato più volte stile di guida. Per riuscirci devi studiare, capire come migliorare e metterti in discussione. Io l’ho sempre fatto, e continuo a farlo oggi”. E il giorno che deciderai di smettere?
“Quando smetterò in MotoGP non mi vedo a continuare a fare gare su una moto in un altro campionato in pista. Per me la MotoGP è la massima espressione del motociclismo su pista e voglio chiudere correndo ai massimi livelli. Invece penso che mi dedicherò alle quattro ruote. Ho una grande passione per le corse di automobili, e dopo la MotoGP voglio fare un altro anno con le quattro ruote. Nel motociclismo penso sia importante gareggiare in MotoGP, perché è il top; ma credo di poter correre qualche anno con le auto: magari non allo stesso livello delle moto, ma è comunque qualcosa che voglio provare”. Tutti sanno della tua passione (e bravura) per i Rally. Forse la massima espressione in questo campo è il Dakar Rally: lì ti ci vedi?
“Ci sono tante gare affascinanti che mi piacerebbe fare ma valuterò quando deciderò di finire la mia carriera in MotoGP. Alla Dakar ci penso ma di certo in macchina, non in moto!”.
Il futuro di Valentino Rossi
E le moto le lascerai?“No, abbiamo già tanti progetti qui in MotoGP e cerchiamo di non fermarci mai. Lavoriamo con i giovani piloti nella VR46 Academy e ci divertiamo molto. Con la mia organizzazione continuiamo ad aiutare i giovani piloti delle piccole categorie. Abbiamo anche il team, con SKY, in Moto3 e Moto2 e anche quella è una bella avventura. Ci piacerebbe avere un team in MotoGP, ma è molto difficile perché nella MotoGP tutto diventa più grande e servono più persone, più soldi e più impegno. Magari ci proveremo in futuro”. Tu sei una persona positiva e guardi sempre avanti. Ma quali sono i tuoi rimpianti?
“Ho vissuto momenti indimenticabili con tante vittorie, ma ho rimpianti per i campionati del 2006 e del 2015, perché sono arrivato all’ultima gara in cima alla classifica, per poi perdere il titolo. Se ne avessi la possibilità, cambierei queste cose”.
E tra i nove titoli che hai vinto qual è il più significativo?
“Ne ho tre. Quello 2004, la mia prima vittoria con Yamaha. Quello 2008 con le Bridgestone, quando ho vinto di nuovo dopo due anni. E quello 2001, perché è stato l’ultimo anno della 500 ed è stato speciale per me. È stata un’ultima occasione. Se dovessi sceglierne solo uno, allora direi il 2004 perché nessuno si aspettava che vincessi con la Yamaha”.
Quindi il ricordo più bello in assoluto è quello?
“Welcome 2004. Assolutamente. Quando sono passato da Honda a Yamaha. La Yamaha veniva da un momento difficile, da tanto tempo non aveva vinto nemmeno una gara mentre la Honda aveva dominato per anni. Vincere il mondiale al primo anno di Yamaha è stato incredibile: io stesso pensavo che ce l’avrei fatta, ma non al primo anno. Che ci volesse almeno un anno di esperienza. Conservo tanti bei ricordi di quell’anno e di quella vittoria”.
Questo ci porta al tema della pressione, e della responsabilità. Hai scelto di rimanere nel luogo delle tue origini, cosa che pochi grandi sportivi hanno fatto. È davvero questo il segreto della tua serenità?
“Credo di sì. Per quanto riguarda i fan, ovviamente sono sempre contento quando ci sono persone che mi tifano; ma a casa ho trovato un equilibrio, ho i miei luoghi dove andare per stare tranquillo. Sono sereno. Ma il team è altrettanto importante: con tutte le persone che lavorano per me c’è un ottimo rapporto e si lavora bene insieme, cosi come in Yamaha. Siamo una squadra e si vince e si perde insieme”.
Ma come ti rilassi? Sei un tipo da meditazione?
“No no, l’energia arriva stando con gli amici”.
Cos’è che ti piace della moto? Hai mai pensato di fare altro?
“Se non facessi il pilota di moto sicuramente vorrei essere uno sportivo, ma io sono sempre andato in moto e non saprei immaginare di fare altro. Mi sono avvicinato alle moto appena nato: mio padre faceva il pilota e io andavo sempre con lui quando si allenava o alle gare. Mi piaceva tanto stare in mezzo ai motori e per questo mio padre mi ha messo prestissimo su una moto, su un kart. Io volevo correre sempre. Da quel momento non ho mai smesso!”.
La vita di Valentino Rossi fuori dal paddock
Ma sei anche un motociclista fuori dai circuiti, vai in moto?“Non ho mai fatto viaggi in moto, non sono un amante dei lunghi viaggi in moto. Però a casa ho una moto che uso spesso per andare in giro vicino a casa mia. Spesso la uso per andare in spiaggia, al mare. Uso sempre il mio TMAX che è molto comodo per spostarsi dalle mie parti". Com’è la tua giornata tipo?
“Beh credo si sappia che non amo svegliarmi presto al mattino… solo in gara lo faccio. Quando sono a casa mi prendo i miei tempi, organizzo la mia giornata per allenarmi e andare nella sede di VR46 per le riunioni. Vado ogni giorno in palestra con i ragazzi dell’Academy e spesso ci alleniamo in moto, al ranch il sabato, ma anche in pista con il kart, con le minimoto. Le mie giornate sono sempre molto piene”.
E in vacanza cosa fai?
“Spesso rimango a casa, abito vicino al mare e sto molto bene. Oppure mi piace andare a Ibiza. Ho tanti amici che vanno in vacanza lì, e mi piace molto”.
Come ti senti ad essere considerato un’icona?
“È sempre una bella sensazione e un’emozione forte. A volte sono sorpreso perché tante persone di tutto il mondo mi conoscono e ho visto tante persone emozionate nel vedermi. È qualcosa di speciale perché vuol dire che nella mia carriera ho fatto un buon lavoro”.
Questo dovrebbe gratificarti anche quando smetterai, no?
“Sì… ma ho paura di avere troppo tempo libero quando mi fermerò! Da quando avevo sedici anni la mia vita è stata sempre la stessa: gareggi, torni a casa a rilassarti per due/tre giorni e inizi a prepararti per la gara successiva. Ho sempre fatto così e non saprei fare diversamente!”.
Qual è la tua idea di felicità?
“Direi essere in vacanza con gli amici!”.
Gallery