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In ricordo di Barry Sheene

il 10/03/2003 in Motogp

Era un campione, ma anche un personaggio indimenticabile. Il suo coraggio, il suo talento, la voglia di vivere lasciano un vuoto pauroso nel cuore di tutti gli appassionati

In ricordo di Barry Sheene
Con Saul alla Moto Legende di  Montlhéry nel 2001

A 52 anni e per un male incurabile, è morto in un ospedale australiano Barry Sheene.
Lascia la moglie Stephanie McLean, due figli, Sidonie, diciotto anni e Freddie di 14 e un vuoto pauroso nel cuore di tanti appassionati. Non è retorica: con Barry se ne va davvero un’epoca nella quale il motociclismo è diventato moderno, pur restando incredibilmente umano.

Non è un caso che a tanti anni dal suo ritiro, a metà degli anni ’80, fosse ancora così popolare in tutto il mondo. Perché era impossibile non voler bene ad una persona che, sempre con il sorriso sulle labbra, ha cambiato le regole.

Con Barry Sheene se n’è andato un grande del motociclismo. Abbiamo aperto un argomento sul FORUM dove puoi dire la tua o scrivere un saluto.


Nascere l’11 settembre del 1950 a Londra, con uno zio e un padre, - Frank, incredibile sosia di papa Woytila - appassionati di moto non vuol dire nulla. E nemmeno avere Phil Read nei panni dello scopritore aiuta a diventare dei miti. Ci vuole di più. E Sheene l’aveva. Aveva la faccia bella, i capelli lunghi come li portavano i ragazzi nel 1971 e una voglia di vivere e di far casino che oggi non vedi più in giro. E un’indefinibile classe, fatta di velocità, grinta e uno stile di vita che oggi farebbe inorridire i tanti bacchettoni oscillanti tra culto del corpo e tecnologia. Sheene comprava vecchie moto (Bultaco 125 e 250, Suzuki 125) con le quali emergere tra gare britanniche e uscite nel mondiale. Non era ancora un campione, ma era già un personaggio. Trasgressivo e geniale, uno zingaro di lusso.


La sua vita cambia nel 1974, quando entra nell’orbita della Suzuki che gli affida le quattro cilindri Gamma 500. La sua vita cambia perché inizia a diventare un pilota di vertice ma anche per la caduta di Daytona, quando si schianta a tutta velocità. Inizia il suo calvario lastricato di gambe plurifratturate, di placche, di viti. Una gran quantità di ferraglia, che faceva scattare i metal detector degli aeroporti di tutto il mondo. Lui non ci bada: sposa Stephanie, ex coniglietta di Playboy, gira il mondo con una Rolls-Royce targata BS7 (il suo numero fortunato), fuma, beve e va a letto tardi. E’ la sua vita, il suo modo di viverla. Però vince, eccome: due mondiali della 500 nel 1976 e ‘77 (sempre con la Suzuki), 23 vittorie nel GP, 19 nella 500,  10 secondi posti, 11 terzi. Nell’82 si schianta contro la 250 di Patrick Igoa. Delle sue gambe resta poco. Lui rischia grosso ma appena può si accende una sigaretta e risale in moto. Corre ancora fino alla stagione 1984, poi sparisce. Sceglie di vivere in Australia: “Si sta meglio e poi c’è poca umidità, una giornata inglese può farmi impazzire dal dolore”. Troppe fratture per il clima “british”, meglio la Costa d’Oro, agli antipodi. Del resto giocava sempre in casa: era pur sempre un “Membro dell’Impero Britannico”, decorato dalla Regina Elisabetta in persona. In Australia fa il commentatore TV, l’uomo d’affari e continua ad amare la vita, a fumare, a stare al mondo come un ragazzo che una volta aveva i capelli lunghi, come l’ultimo grande pilota inglese nei GP.


Di recente era tornato alle gare (d’epoca): andava forte come ai vecchi tempi, piegava come un matto, senza paura. Perché lui non aveva paura. Non della malattia che ha affrontato, ancora una volta, a modo suo: con una sorta di cura messa a punto da un medico austriaco, non invasiva (per intenderci, niente chemioterapia), solo dieta, vitamine e succhi di frutta. Non è servita a nulla e forse lo sapeva, ma ha affrontato il suo destino con coraggio.
Stava male alla fine e si vedeva. Girava con il figlio nella pit lane del GP d’Australia dello scorso anno e non era più il ragazzo con i capelli lunghi che sfidava il mondo con il sorriso sulle labbra. Ma di amici e di fan ne aveva ancora tantissimi e, cosa incredibile, ne aveva anche tra i piloti contro i quali aveva corso. Non c’è prova migliore di questo che fosse un grande… ma questo nessuno lo ha mai messo in dubbio!
Ciao Barry, se lassù c’è ancora quel bellissimo spirito anni ’70, le conigliette, la Rolls, quella bella musica, George Best che gioca a calcio, ti dico solo: divertiti. Come hai sempre fatto, facendo divertire tutti noi.

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