Roberto Ungaro ha provato l'ultima evoluzione (ma forse è meglio definirla "rivoluzione") della maxiadventure tedesca. Che rappresenta un autentico punto di svolta nella storia della GS
Ci sarà un prima e un dopo. Quel numero 3 nella sigla diventerà un simbolo temporale, pre e post-rivoluzione. Perché non è solo questione di centimetri cubi (+46 cc) e di CV (+9), ma di concetto. Che per fortuna è rimasto tale,come sensazione: questa nuova GS ricorda molto la vecchia quando metti due marce, si inclina da una parte e dall’altra con estrema facilità, ti trasmette tanta agilità (merito del boxer). Ma per tutto il resto è di un altro pianeta.
BMW R 1300 GS: il grande salto del Telelever
Primo fra tutto l’anteriore, ora fermo, preciso, solidale col retrotreno come prima non era (il Telelever è stato stravolto). Nella vecchia GS sembrava esserci un grosso uniball sotto di te, al centro della moto, con il davanti che faceva una cosa e il posteriore che tendeva a farne un'altra. Specie nella guida ignorante, o se davi delle grandi manate di gas, le due parti sembravano un po’ avvitarsi. Ecco, adesso sei come su una trave rigida, collegata tra davanti e dietro, è un tutt’uno il sistema, e la cosa ti permette di disegnare traiettorie perfette in grande scioltezza. Nel guidato veloce curvi disinvolto, con estrema precisione, mettendo la moto dove vuoi e sentendo una grande coerenza tra i due assi (bene i pneumatici Metzeler Tourance 2 Next).
Altro grande salto in avanti è stato apportato dal reparto delle sospensioni, elettroniche adattive, che lavorano molto bene (non dimentichiamoci che ci sono anche 12 kg in meno in generale…). L’effetto anti-affondamento dell’anteriore in frenata del Telelever c’è sempre, ma ora il lavoro di assorbimento generale è migliorato, la sospensione è più sensibile, senti meno le asperità e nel contempo l’assetto rimane più costante. Se immagini un asse longitudinale che va dallo sterzo alla seduta, passando per i fianchi, ti ritrovi ancorato a un corpo rigido, meno soggetto a cambi di carico (il tipico up and down), e senti proprio le ruote lavorare, andare su e giù continuamente mantenendo quell’asse ideale fermo, bilanciato, composto. È una sensazione che puoi vedere anche ad occhio nudo, se fai dei km in coda, e spesso quasi in fianco, a un’altra moto come succede frequentemente alle presentazioni (si va via tutti in gruppo).
Assetto variabile e "k molla" automatico
A un rendimento così efficace delle sospensioni concorre anche, sulla carta, il “k molla” variabile che possiede questa nuova 1.300. Un sistema intelligente che, unendo due circuiti collegati fra loro, permette di raggiungere in un istante lo stesso risultato che otterresti sostituendo la molla. C’è anche una opzione di altezza automatica delle sospensioni, che abbassa di 30 mm l’assetto quando la moto è ferma e la alza dopo i 50 km/h (ridiscende sotto ai 25 km/h).
Questo aspetto la rende super easy per chi è corto di gamba, pensiamo alle soste ai semafori, ma migliora anche la manovrabilità in souplesse, soprattutto in fuoristrada. Se aggiungiamo che la moto è comunque bassa, ha una coda sottile, rastremata e poco pronunciata verso l’alto, è doveroso rimarcare come a Monaco abbiano lavorato per portare una maxi come lei alla portata di tutti (spaventa veramente meno da ferma).
Motore: meno botta sotto, più corpo ai medi, più allungo
Parliamo del motore. Sound più ovattato, ma stessa timbrica. È più silenzioso in generale e vibra meno ai regimi alti, mentre è più marcata la sonorità della trasmissione. In primissima apertura c’è meno esplosione di coppia, c’è meno schiaffo, la risposta è più gentile, diluita, gestibile. Il passaggio del transitorio è meraviglioso, perché fluido, lineare, ma di sostanza. Già stando tra i 3 e i 4.000 giri si va via belli allegri (a 4.000 giri in sesta si viaggia a 120 km/h indicati), poi sopra arriva quello che il Boxer non ha mai avuto finora: forza, allungo, impeto. Adesso spinge davvero forte e, cosa ancor più apprezzabile, c’è meno reazione da parte della ciclistica. Il posteriore si accuccia meno, la moto rimane più ferma, pur se le velocità che si raggiungono sono imbarazzanti. Gran merito di questo è appalto della nuova trasmissione, con un cardano più lungo e orizzontale: il cambio è stato posizionato sotto al motore, quindi tutto il carter è notevolmente più compatto e l’albero può essere molto più lungo – e l’uscita dello stesso è molto più in basso. Cardano meno inclinato, uguale meno reazioni.
Il cambio rapido funziona bene ed è preciso, pur se gli innesti sono comunque un filo contrastati. Sente tanto il carico gas che c’è in atto. Cioè, se si è a regime costante, e non elevato, è stupefacente per resa (non ti accorgi della cambiata, se sei in piega continui imperterrito nella tua svolta, senza una sbavatura o uno scuotimento), se invece si è in apertura decisa aumenta l’effetto del taglio, con conseguente picco di coppia successivo. Frenata consistente, con il già citato vantaggio del Telelever, che ti permette di violentare il comando anteriore perché non c’è affondamento.
Progressi anche in fuoristrada
Abbiamo provato anche la Trophy in fuoristrada, gommata Metzeler Karoo 4, e devo dire che a livello di sospensioni c’è stato un bel salto in avanti. L’anteriore picchia meno di prima sull’ostacolo marcato, oppone meno resistenza e incassa meglio, al pari del posteriore che rimane più attaccato a terra. Non è ancora paragonabile a una forcella tradizionale sulla terra, ma la resa globale è migliorata. A livello di motore trovo che, se si è esperti, manca quella botta di coppia in prima apertura che ti consente di giocare, di curvare di gas, di danzare sugli ostacoli usando la coppia come forza amica. Ce l’aveva la vecchia 1250, col motore a corsa lunga, che però allungava meno. Per contro, la 1300 rende la vita più semplice ai neofiti, perché è più gestibile, imbarazza meno, consente di dosare il mezzo CV con più serenità, e dove l’aderenza è precaria, questo è oro. In soldoni, se c’è da raggiungere una spiaggia isolata, ora è più facile.
A livello di ergonomia, il manubrio sembra un filo più basso rispetto a prima, ed è sempre abbastanza ruotato verso il pilota (troppo per i miei gusti). Così come troppo inclinate in avanti sono le leve, ma anche questo è un fatto soggettivo. Molto buono il riparo aerodinamico: il plexi è esteso il giusto e la regolazione elettrica consente di posizionarlo al millimetro. Impressionano i fianchi a livello di caviglie, perché la moto ora è veramente stretta. Poi, a livello di ginocchia, specie se si avanza, torna una larghezza da maxi (e questo lo avverti soprattutto in fuoristrada).
Prima ti disorienta, poi ti conquista
Colpisce comunque come le forme e i volumi ora si sviluppino verso il basso, mentre prima erano verso l’alto: vista da davanti, la moto è impressionante sotto questo punto di vista. A livello estetico la GS 1300 rende molto più dal vivo che in foto, e comunque ha svoltato. Chapeau al loro coraggio, adesso sono c… per tutti gli altri. Bisogna abituarsi al blocco fianchetti/serbatoio perché è inedito, forma un volume unico e sviluppato in orizzontale. In certe angolazioni mi rimanda al mondo nautico, a forme che ritrovi nel mondo marino, nello specifico in quello di certi scooter d’acqua o skyjet. Per i fedelissimi del mondo GS il display e il controller saranno due punti di ancoraggio al loro passato, perché rimangono identici. C’è da dire che le possibilità elettroniche sono cresciute, e non di poco, ma per fortuna ci sono due nuovi tasti fisici con funzione di scorciatoia (apprezzatissimi) che rendono la vita più facile.
Così come facile è sceglierla, perché ci sono 4 versioni disponibili, ben distinte tra loro. Si parte dalla Pure che viene 20.850 euro chiavi in mano. Non sarà facile, invece, scegliere le possibilità tra gli optional, perché sono infinite. Davvero da perderci la testa, anche se questo è positivo per il semplice fatto che ti cuci addosso la moto come un vestito di Caraceni. C’è una sola cosa facile-facile e che può mettere d’accordo tutti. Se la provi, metti in vendita la vecchia. Appassionato avvisato, mezzo salvato.
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