Anteprime
La prova del Fantic Motor Caballero 700. Grossa, potente, matura
La nuova scrambler della casa veneta è mossa dal motore bicilindrico CP2 Yamaha, che ne amplia il raggio d’azione lasciandone intoccati facilità d’uso e fascino anni ‘70
C’è quella che rimane fedele a sé stessa, c’è quella che di originale mantiene solo il nome e c’è anche quella che dal listino del nuovo scompare e resta viva sul mercato dell’usato. Fantic Motor Caballero non è nessuna di queste. Lei nasce sul finire degli anni ’60; tra ’70 e primi ’80 vive la sua primavera, poi scompare, torna, scompare di nuovo. E torna di nuovo.
Poi si sdoppia e, dopo l’apprezzata versione monocilindrica 500, ecco la bicilindrica Fantic Motor Caballero 700. Il Caballero di oggi in comune con l’originale ha non solo il nome, anche l’aspetto, con quel fanale tondo, il serbatoio a goccia con la targhetta nero argento e la sella lunga. Non la destinazione d’uso, perché da enduro racing che era, regolarità pardon, è diventato una scrambler da diporto.
Dopo qualche mese di attesa, finalmente abbiamo potuto metterci le sgrinfie sopra a questa nuova 700, e l’occasione non può che essere il lancio stampa ufficiale. Fantic ha deciso di valorizzare il territorio e, invece che inventarsi chissà quale presentazione in luoghi esotici, ecco che ha mosso solo pochi passi e ha mostrato orgogliosamente al mondo il proprio feudo, quello della provincia di Treviso e le celebri colline del prosecco. Scelta coraggiosa e patriottica, castigata ingiustamente da un meteo inclemente che ha portato pioggia torrenziale per giorni. Ma, come si suol dire, quando il lavoro chiama bisogna rispondere. Siamo quindi saltati in sella tutti imbacuccati con gli antipioggia per scoprire com’è fatta e come va la nuova Caballero 700.
LE CARATTERISTICHE TECNICHE
Trattandosi di una scrambler, la scheda tecnica è relativamente semplice. Non ci sono dispositivi aerospaziali né complicazioni inutili: un motore, due ruote e un manubrio. Tutto quello che serve. Il cuore ben lo conosciamo, il bicilindrico parallelo Yamaha CP2 da 689 cc e 74 CV, lo stesso della Ténéré per intenderci. Fantic non si è però limitata a sbatterlo dentro al proprio telaio, un’unità in acciaio con struttura a diamante, ha invece svolto un attento processo di calibrazione e ha sviluppato internamente l’airbox e tutto il sistema di scarico. È intervenuta poi pesantemente sull’elettronica, riuscendo a dare alla moto il controllo di trazione, disattivabile, pur mantenendo il gas a filo. Il lavoro è stato quindi fatto sull’accensione e non sulla gestione dell’alimentazione. Oltre al TC, arrivano anche una piattaforma inerziale con ABS cornering e due riding mode più uno personalizzabile. Non essendoci altre variabili, le modalità di guida vanno a combinare in modo dedicato appunto il controllo di trazione e l’ABS. Pochi fronzoli per ciclistica e tutti i componenti. Ruote a raggi da 19 e 17", forcella rovesciata Marzocchi da 45, impianto frenante anteriore con disco singolo da 330 mm e pinza radiale Brembo. Peso di 175 kg senza benzina e il serbatoio tiene 14 litri.CABALLERO 700: COM’È FATTA E COME VA
Il primo impatto è quello estetico. Bello il fanale tondo a led, bellissimo il serbatoio, fedele all’originale forse ancor di più che sul 500. Per chi è cresciuto con il mito del Caballero, quella targhetta è un colpo al cuore. E non solo chi oggi abbia i capelli grigi; discorso valido anche per chi sia cresciuto col papà regolarista. Scommetto che qualche altro trentenne, oltre al sottoscritto, c’è. Il primo obiettivo è quindi centrato, non quello della nostalgia ma quello della presenza scenica. Donarle le stesse proporzioni della 500, con un motore grosso il doppio, non era facile, ma i designer Fantic sono riusciti a darle la necessaria grazia. E poi è curata, ogni dettaglio è al suo posto, come il logo ricamato sulla sella, il fanalino posteriore e il bellissimo doppio terminale di scarico. Sali a bordo e trovi una seduta consistente ma comoda, il manubrio è largo e ben distanziato, forse un filo basso. Le pedane invece sono un po’ ravvicinate alla sella, la posizione di guida è raccolta e favorisce chi non è di gamba lunga. La seduta è a 830 mm e ragionevolmente stretta, quindi si tocca a terra agevolmente con entrambi i piedi. Comandi morbidi e al proprio posto. Gestire la strumentazione è semplice, pochi tasti e intuitivi. Molto bello e insolito il display TFT, rotondo e chiaro.
Parti e percepisci subito il lavoro di affinamento fatto sul motore da parte dei tecnici Fantic. Non è il solito CP2, si sente che c’è qualcosa di diverso. La potenza è più spalmata su tutto l’arco di giri, ti aspetti la botta ai bassi della Ténéré ma non arriva. La spinta non manca, intendiamoci, ma è meno pronto sotto e guadagna invece ai medi e in alto, dove continua con un discreto brio fino in zona limitatore. Meno fuoristradistico, più stradale, com’è giusto che sia per una moto di questo tipo. Nuovo carattere, egualmente piacevole.
Quello che un po’ di piacevolezza tenta di togliertela è il comando del gas, che sulla moto in prova è risultato piuttosto duro da azionare. Dopo qualche chilometro ci si abitua, ma in ottica omogeneità complessiva del mezzo questo aspetto è migliorabile. Limitati il freno motore e l’effetto on-off, quest’ultimo sulle Yamaha è più presente.
Il controllo di trazione è abbastanza permissivo, ma più che altro per un piccolo ritardo nell’intervento. Lavorando solo sull’accensione più di così sarebbe stato difficile fare, ma il risultato è comunque nel complesso adeguato. Quando il TC s’inserisce ecco che arriva il taglio della potenza, ma non è brusco e fa ciò che deve.
Perfetto il cambio, manca il quick shifter ma su un mezzo da diporto così, che non mira alla performance, francamente non se ne sente nemmeno il bisogno. Il comando è burroso e preciso, si aziona facilmente senza frizione sia in salita che in discesa. Anzi, il colpetto di gas per agevolare la scalata è una vera goduria. Ok la rapportatura, bella distesa per viaggiare anche su strada dritta a regimi rilassati.
Ciò che è davvero made in Fantic è la ciclistica, sana e forte di un ottimo bilanciamento. Le strade bagnate non ci hanno aiutato nella ricerca del limite, ma a ben vedere per godere di una moto così è più realistico un passeggio allegro, più che una scannata con coltello tra i denti. La discesa in piega è rotonda ed equilibrata, parte bene ed è molto lineare. Si apprezza il lavoro coordinato dal leggendario collaudatore Caio Pellizzon, papà di tante e rinomate ciclistiche Aprilia, per dare al Caballero 700 un baricentro il più basso possibile.
Ok l’assetto, le sospensioni trovano il giusto compromesso tra fermezza e comfort. La forcella ha un minimo di affondamento in frenata ma, di nuovo, non è una moto da staccate assassine e quindi è un problema relativo. A dirla tutta, la taratura è studiata per accettare anche percorrenze in fuoristrada leggero, e lo testimoniano le Pirelli Scoprion Rally di primo equipaggiamento; estetica sì ma non solo.
Ci sono 150 mm di escursione su entrambe le ruote e la luce a terra è di 200 mm, quindi il margine per spingersi sulla strada bianca e un po’ oltre c’è. In effetti, la nostra prova prevedeva in origine un’escursione su sterrato, cancellata visto il meteo inclemente. Nell’ottica della guida in piedi, però, la triangolazione potrebbe non essere ottimale per i piloti oltre il metro e ottanta di statura, con pedane alte e manubrio basso.
Buoni i freni Brembo, l’anteriore è ben modulabile e non aggressivo al primo tocco, anche il posteriore ben gestibile. Perfetti su fondi a scarsa aderenza. Valida anche la taratura dell’ABS, invasivo il giusto quando necessario.