Anteprime
Yamaha R7: la tessera mancante
Un nome mitico, un look da race replica e prestazioni alla portata di tutti, in pista e su strada. La nuova supersportiva Yamaha è pronta per fare breccia. Il prezzo? 8.999 euro f.c.
Yamaha R7
Mancava giusto l’ultima tessera del puzzle per completare il successo del motore bicilindrico da 689 centimetri cubici di casa Yamaha, il “Cross Plane” CP2 che ha debuttato sulla MT-07 nell’ormai lontano 2014 e che da allora è diventato l’ingrediente fondamentale di altri modelli di successo – e della loro piacevolezza di guida – spaziando da una enduro quasi specialistica (Ténéré 700) a una classica che strizza l’occhio alle special (XSR700) e a una crossover da viaggio (Tracer 7), ed è arrivata con una originale sportiva stradale che coniuga un aspetto da race replica, un’abbordabilità da moto moderna e un nome mitico: la R7.
Così uguale, così diversa
Siamo volati nella caldissima e soleggiata Andalusia, per vedere e toccare con mano la nuova sportiva della Casa dei tre diapason. Attesa lo era di certo e la nostra curiosità davvero alta perché, già delle prime informazioni della cartella stampa, c’erano tutti i presupposti per aspettarsi un’esaltante giornata di guida. Cosa cambia tecnicamente rispetto alla MT-07? Non molto ad onor del vero, estetica a parte naturalmente. Come già detto la R7 si muove grazie al bicilindrico CP2 con manovelle a 270° in grado di erogare poco più di 73 CV a 8.750 giri con una coppia di 67 Nm a 6.500 giri. La versione è naturalmente l’ultima con condotti di aspirazione, impianto di scarico e centralina rivisti per rientrare nella Euro5; arrivano però un diverso radiatore, una camma del comando gas più diretta e un rapporto finale allungato di un dente (42/16 da 43/16), oltre a una batteria più piccola e leggera (-1,1 kg). Soprattutto arrivano il quickshifter (opzionale) e la frizione antisaltellamento asservita in coppia (-33% di sforzo alla leva), entrambi al debutto sulla piattaforma CP2.
Più importanti le modifiche ciclistiche, con una forcella più in piedi (angolo cannotto 23,7° contro 24,5°) e di conseguenza un interasse più corto (da 1.400 a 1.395 mm) con un telaio ottimizzato nelle rigidezze e diverso nei sostegni al motore. Cambiano il telaietto reggisella e le piastre che sostengono i semimanubri, e sono state aggiornate le sospensioni KYB dove la forcella da 41 mm è ora rovesciata, completamente regolabile, con funzioni separate negli steli e ‘k’ molla identico alla R6, mentre il mono regolabile in precarico ed estensione è sempre montato senza leveraggi, ma ha l’attacco spostato per alzare il retrotreno. La triangolazione è ispirata a quella della R6, con semimanubri sotto la piastra superiore e pedane leggermente arretrate. Potenziati i freni con pinze radiali Advics (lo stesso fornitore della maggior parte delle pinze di Iwata) all’anteriore e pompe Brembo sui due assi, mentre gli pneumatici di primo equipaggiamento passano da Michelin Road 5 ai più sportivi Bridgestone Battlax Hypersport S22.
Basic la presenza dell’elettronica, tanto che sulla R7 troviamo solo il sistema ABS. Una moto completamente analogica, quindi, dove è il polso del pilota a fare la differenza. Benissimo, anche in virtù del contenimento dei costi; ma la presenza quantomeno del controllo di trazione, in funzione di una maggiore sicurezza nella guida su strada, ci sarebbe sembrata una scelta corretta. Il peso? La Yamaha R7 pesa in ordine di marcia 188 kg.