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Yamaha MT-09: generazione futuro

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La capostipite delle naked di Iwata si rinnova profondamente: linea, motore, telaio, elettronica e anche l’assetto ora meno motard e più naked. Migliora anche la guida, meno nervosa

Negli ultimi 30 anni, solo tre moto sono state capaci di trasformare, da sole, il mercato. All’inizio degli Anni 90, la Ducati Monster ha lanciato il filone delle naked minando per sempre il successo delle supersportive. Qualche anno più tardi, la BMW GS ha cambiato lo standard dinamico ed estetico delle maxienduro, avviando il declino delle tourer. E nel 2013, la Yamaha MT-09 ha trasformato il segmento delle naked in termini di prestazioni, fruibilità e – aspetto tutt’altro che secondario nel bel mezzo della crisi economica – prezzo. Dopo un moderato aggiornamento nel 2017 che ne ha rilanciato il successo, la MT-09 arriva alla terza generazione cercando di cambiare ancora una volta le carte in tavola. Di fatto è una moto tutta nuova: telaio più leggero, motore più potente e un mare di elettronica. Più nuova di quanto riveli l’aspetto, che azzarda ma senza abdicare alla sua identità come ha fatto la Ducati Monster.

100% nuova

Ci sono così tante novità nella MT-09 che non si sa da dove partire per descriverle. Diciamo che la filosofia resta quella che ha portato la gamma MT al successo (oltre 250.000 esemplari venduti dal lancio): esaltare gli aspetti emozionali mantenendo un prezzo estremamente aggressivo – esercizio che, come vedremo, anche questa volta sembra riuscito molto bene a Yamaha. Emozioni figlie della tecnica, quindi. A Iwata hanno lavorato per offrire una moto che pur nel rispetto dei vincoli Euro5 fosse più performante, sfruttabile e soprattutto più coinvolgente. Vediamo nel dettaglio cosa significa. Ai sacrifici in termini di emissioni inquinanti e sonore richiesti dalla Euro5, la MT-09 risponde con un nuovo propulsore CP3 che alza l’asticella dell’efficienza. Sì, ci sono 42 cc in più (da 847 a 889 cm3), ma soprattutto c’è una profonda revisione interna. Sono nuovi i pistoni forgiati e le bielle con accoppiamento per frattura, i cilindri con offset rispetto al manovellismo, l’albero motore con il 15% di inerzia rotazionale in più. È completamente nuova la linea di alimentazione, in cui gli iniettori prima posizionati addirittura all’interno della testata tornano esterni, e scompare il sistema di aria secondaria; ma soprattutto la gestione del gas diventa full ride-by-wire, ovvero al 100% elettronica senza il cavo meccanico che era stato conservato sulla precedente versione. La frizione anti-saltellamento assistita è stata aggiornata, e nel cambio sono stati rivisti i denti e gli innesti e allungate le prime due marce.

42 cc in più, ma soprattutto una radicale rivisitazione estesa a imbiellaggio, alimentazione e gestione elettronica: il motore CP3 è ora più potente e più leggero

Più performante

Il risultato è una curva di coppia superiore alla precedente su tutto l’arco di erogazione, con particolari benefici ai medi regimi e una potenza che cresce di 4 CV (ora 119 a 10.000 giri/min), ma non solo: il peso del motore è sceso di 1,5 kg e la sua efficienza è aumentata del 9%, il che significa una riduzione dei consumi dello stesso ordine di grandezza. Il nuovo CP3 è inserito in un telaio tipo Deltabox con pareti assottigliate fino a 1,7 mm, per un risparmio di 2,3 kg nonostante un incremento della rigidità laterale del 50%. Cambiano anche il telaietto e il forcellone che è più rigido, più leggero di 250 g e con articolazione interna al telaio anziché esterna. Arriva ovviamente un nuovo leveraggio per il mono KYB, regolabile in precarico ed estensione; KYB anche la forcella USD da 41 mm, a funzioni separate e completamente regolabile. Lato freni arriva una pompa radiale Nissin, abbinata alla pinza sempre radiale per una maggior linearità nell’applicazione della forza frenante. Impressionante l’alleggerimento dei cerchi, che perdono 0,7 kg per coppia grazie alla nuova tecnologia di forgiatura 'spin forging' che consente di ridurre lo spessore minimo a 2 mm (prima erano 3,5 mm).

Tecnologie riprese dalla divisione strumenti musicali per alleggerire il telaio, le ruote e migliorare il sound di scarico

Più sfruttabile

Parliamo inevitabilmente di elettronica. Anche qui il capitolo è ricchissimo, e si apre con l’arrivo di una piattaforma a 6 assi Bosch, che sbarca per la prima volta su una Yamaha diversa dalla R1. È lei a coordinare il nutrito pacchetto di sistemi di assistenza alla guida, che vanno dal Traction Control comprensivo di Slide Control all’ABS e all’anti-wheelie (che Yamaha chiama Lift Control). Il tutto ovviamente cornering e organizzato in due riding mode più uno personalizzabile e quattro mappe motore separate; tutti i controlli, con l’eccezione dell’ABS, sono poi disattivabili. La loro gestione è affidata a una pratica rotella sul bracciale destro e tre tasti rapidi sul bracciale sinistro; c’è anche un nuovo display TFT a colori, chiaro e compatto (3,5”), e non dimentichiamo il quickshifter bidirezionale previsto di serie.

il display da 3,5" è minimale, ma offre tutto quel che serve - proprio come fa il resto della moto, che punta ossessivamente all'efficacia e al divertimento su strada

Più coinvolgente

Da quello che abbiamo detto inizia a delinearsi la direzione scelta da Yamaha per questa terza generazione della MT-09; ma non finisce qui, anzi mancano gli aspetti più importanti, perché è proprio con questo modello che ha debuttato la linea “Dark Side of Japan” che, al di là del marketing, prevede una enfasi sugli aspetti emozionali che fino ad allora i brand giapponesi non avevano mai avuto. Prendiamo ad esempio l’attenzione al 'sound engineering', gli aspetti timbrici del motore che con la ulteriore stretta della Euro5 (-5 dB, un’enormità) rischiano di andare persi. Yamaha può beneficiare del travaso di competenze dalla sua divisione strumenti musicali, che ha collaborato nella revisione dell’ingranaggeria e della linea di aspirazione in funzione del loro contenuto sonoro. In particolare i condotti di aspirazione entrano nella cassa filtro con una soluzione 'a canne d’organo' (prima un tubo unico) che ha permesso di migliorare il sound di aspirazione. Soluzioni simili si erano già viste applicate ai cornetti di aspirazione (quindi appena a monte delle valvole a farfalla) per migliorare il riempimento, mentre questa scelta serve unicamente a migliorare la connessione 'uditiva' tra moto e pilota: la cassa filtro collocata sotto il serbatoio è il punto del motore più vicino alle sue orecchie.

Forcella più corta e riser più lunghi per mantenere l'assetto riducendo i trasferimenti di carico: la MT-09 2021 è un po' più naked e un po' meno motard

Meno reattiva

Yamaha non teme rivali quando si parla di telai, ma se c’era una critica rivolta alla MT-09 – in particolare la prima serie – era quella di essere fin troppo reattiva. A Iwata hanno quindi lavorato per smussare gli angoli del suo carattere grazie al nuovo layout, che porta con sé una maggior centralizzazione delle masse e anche un nuovo assetto. Gli steli forcella sono infatti stati accorciati di 39 mm a parità di escursione (130 mm), in modo da abbassare di 30 mm anche il cannotto di sterzo; il motore è stato poi ruotato indietro di 5° per riportarlo nella posizione originale. In pratica l’assetto in sella in stile motard non è cambiato, ma 'sotto' la MT-09 è un po’ più naked: più bassa e più puntata davanti. Questo riduce i trasferimenti di carico che hanno un po’ disorientato i suoi tanti possessori privi di background fuoristradistico. Sempre in questa direzione va letta la posizione di guida, un po’ più 'dentro' e meno 'sopra' la moto; c’è poi la possibilità di personalizzare l’ergonomia agendo su pedane e manubrio. A favore di una dinamica di guida ancora più naturale ed efficace gioca il lavoro fatto per ridurre peso e inerzie. Nonostante la Euro5 e i contenuti in più, il peso complessivo della MT-09 è sceso di 4 kg, con un carico come detto più spostato sull’avantreno per migliorare il feeling con la ruota davanti. Ancora più evidente la riduzione delle inerzie attorno all’asse verticale (-14%) e di quella rotatoria delle ruote (-11%), sensibilmente alleggerite come abbiamo visto.

Freni più potenti, ruote più leggere, inerzie ridotte: non c'è aspetto della MT-09 che non sia passato al setaccio degli ingegneri Yamaha

Prova di maturità

Non abbiamo parlato del look, che è naturalmente la novità più evidente della moto e rischia di far passare in secondo piano tutto il bendidio tecnologico che è arrivato sulla MT-09. Come sulla MT-07, il nuovo sguardo da ciclope è fuori dal coro e molto divisivo: o lo si ama o lo si odia. Se comunque si guarda il resto della moto, non si può non apprezzare il lavoro fatto per ridurre plastiche e coperchi e valorizzare la meccanica, o ancora per affusolare la sagoma del serbatoio che con i convogliatori dà vita a una silhouette sensuale nella vista anteriore e muscolosa in quella di tre quarti. La personalità dunque non manca di certo, in ognuna delle tre varianti grafiche previste per il 2021. Insomma tantissimi contenuti – e la possibilità di arricchirli con gli oltre 30 accessori previsti – offerti a 9.759 euro chiavi in mano: uno sforzo notevole, che colloca la MT-09 sempre ben al di sotto della concorrenza a parità di equipaggiamento.

Tre colori, 30 accessori, 3 pacchetti e la versione SP per gli incontentabili della dinamica di guida. Con la MT'09 c'è sempre di che sbizzarrirsi

The Dark Side of the Etna

Yamaha ci ha portato sulle pendici dell’Etna, che ha accolto la MT-09 mostrando a sua volta il proprio lato oscuro con una pioggia di cenere nera che ci ha costretti a modificare l’itinerario. La SS 185 di Sella Mandrazzi ha però costituito un’alternativa assolutamente gustosa, con i suoi mille tornanti su un asfalto piuttosto compatto. Qui abbiamo cercato di valutare le tantissime novità, che in fondo però si riassumono in una sola domanda: quanto è cresciuta nel complesso la MT-09? Ci accomodiamo in sella ben accolti: il telaio è stretto fra le gambe anche se poi la zona dei carter è larga, specie quello frizione a destra che è anche più arretrato. Bella la sella molto stretta nella zona del serbatoio e strano il manubrio, con riser chilometrici legati alla scelta di abbassare l’avantreno mantenendo rialzata la posizione guida. Ottima la foggia del manubrio, per il quale la larghezza di serbatoio e convogliatori limita però il raggio di sterzo.

La posizione in sella è la stessa, eppure il feeling è un po' diverso per la diversa geometria dell'avantreno. Bisogna farci l'abitudine

Prova di maturità

Le prime impressioni sono di generale morbidezza. La prontezza quasi eccessiva della prima serie, già mitigata nella seconda, è ora del tutto scomparsa: evidentemente la gestione ‘full RBW’ ha dato i suoi frutti. Non c’è più alcuna tendenza a strappare in prima apertura del gas (la vecchia mappa ‘B’ era proverbiale), e oggi la naked di Iwata spinge sempre forte ma con progressione, sempre al limite dell’allungare le braccia con una spinta importante ma mai furibonda. Il triple giapponese sa scendere fino a 40 km/h in sesta, poco più di 1.500 giri, per riprendere con grande regolarità e poche vibrazioni. Bello anche il cambio, corto negli innesti e ottimamente assistito, soprattutto in salita, dal quickshifter che entra in azione sopra i 2.200 giri. La MT-09 è nettamente più larga di spalle rispetto alla MT-07 e ad altre concorrenti, e questo fa sì che nonostante l’assenza di appendici la protezione dall’aria sia buona fino ad almeno 110 km/h. Note positive anche da sospensioni e freni. Le prime mostrano una bella scorrevolezza, e pur garantendo tanto sostegno nella guida stradale anche aggressiva sanno regalare un buon comfort sulle sconnessioni, anche ripetute: rispetto alle unità della MT-07 siamo su un altro pianeta. Potenti ma anche molto modulabili i freni: ci è piaciuta in particolare la linearità di risposta della nuova pompa radiale anteriore.

Quote sane, sospensioni perfettamente a punto e un motore meraviglioso: alla MT-09 non mancano certo gli argomenti quando si parla di divertimento di guida

Si sale in quota

Quando la strada punta verso i monti Nebrodi e inizia a farsi tortuosa, la MT-09 si mantiene neutra e agile, anche se  nei canon è pazzescamente sveltambi di direzione, dove va un po’ tirata. In compenso il motore è stupendo a ogni regime, ti porta fuori dai tornanti anche in quarta e spesso ti dimentichi letteralmente in che marcia sei. I triple di Triumph e MV Agusta hanno un timbro più roco e una personalità più accentuata, ma lui è sempre impeccabile: spinge sempre tanto e puoi mitragliare col quickshifter senza salire di giri: se lo si fa, l’impegno di guida naturalmente cresce visto che ci sono 120 CV, che su strada sono tutt’altro che pochi. Per fortuna assistono in modo efficace riding mode e mappe motore, facili da gestire e ben differenziate: la 1 è pronta ma, come detto, non più brusca; la 2 perfetta per la strada, la 3 un po’ più dolce e la 4 a potenza limitata è anche molto lenta a prendere giri, molto castrata: buona per chi vuole la massima prudenza sul bagnato. Motore ed elettronica sono comunque promossi a pieni voti.

Il pregio più grande? Il motore infinito. Il difetto maggiore? Il feeling dell'avantreno che la rende meno intuitiva di quanto potrebbe essere

Quel feeling atipico

Quello che stenta un po’ ad arrivare è il feeling con l’avantreno, forse a causa della scelta di mantenere lo stesso assetto in sella anche dopo l’abbassamento del cannotto. Non è un fatto di geometrie, che sono a posto come dimostra il fatto che, nonostante l’assenza dell’ammortizzatore di sterzo, la MT-09 non si alleggerisce in accelerazione e non sbacchetta sulle sconnessioni. Sembra più una questione legata all’interfaccia tra moto e pilota, che rende la hypernaked di Iwata meno intuitiva di quanto potrebbe essere con un motore e un’elettronica così a punto. È proprio il fatto che motore ed elettronica siano così ‘trasparenti’, così a posto da lasciarti concentrare solo sulla guida a farti notare che la confidenza agli alti angoli di piega non è al top: specie nel toboga della SS 185, in cui si sta raramente a moto dritta. Ma a parte questo, la MT-09 ha fatto solo passi avanti. Moto da sempre efficace ma impegnativa, diventa ora decisamente più malleabile di motore e di sospensioni, oltre che assistita da un’elettronica assai a punto. Ha avuto il coraggio di osare ancora una volta linee anticonvenzionali, ma resta in assoluto uno dei pochi punti fermi nel vasto settore delle naked, specie se guardiamo all’aumento delle dotazioni a un prezzo che rimane a dir poco allettante.
Yamaha MT-09: generazione futuro
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