Kawasaki Z H2: la naked con il "turbo"
Ambientazione esagerata per una moto esagerata... ma che non mette paura: ecco da Las Vegas le prime impressioni di guida (in pista e su strada) della nuova Kawasaki Z H2
Sugomi con moderazione
Siamo appena scesi dalla Z H2 che abbiamo per il momento guidato in due circuiti chiusi nei dintorni di Las Vegas, nella prima parte della presentazione, e l'impressione che emerge con più evidenza è proprio quella di una hypernaked "alla giapponese": più vicina alla Yamaha MT-10 per intenderci, quindi concepita più per l'uso stradale che per chi vuole anche concedersi qualche puntata in pista. Del resto la Z H2 già nell'aspetto mostra di voler puntare più sull'esclusività tecnologica che sul primato prestazionale, pur essendo la naked giapponese più potente mai prodotta. Dopo gli strappi iniziali, il Sugomi style sembra aver trovato la via di un maggiore equilibrio, e così per essere una moto da 200 CV la Z H2 è sorprendentemente sobria, nei colori tutti a base nera e nelle plastiche. Certo, la presenza del condotto aria sul lato sinistro genera forme asimmetriche, che sono però quasi nascoste rispetto a quanto ha fatto vedere negli anni scorsi BMW. Via le verniciature non convenzionali e le appendici aerodinamiche delle Ninja H2, ormai sdoganato lo smilzo telaio in tubi (esteso a buona parte della gamma di Akashi), la "stranezza" della Z H2 sta tutta nella mezza carena che le dona l’aspetto aggressivo di un giaguaro pronto al balzo. Non è una soluzione inedita (dalla Cagiva V-Raptor in qua) ma l’effetto scenico è degno di un’ammiraglia quale la Z H2 è destinata a diventare.Per essere una moto da 200 CV la Z H2 è sorprendentemente sobria, nei colori e nelle plastiche. Niente appendici aerodinamiche come sulle altre H2, e anche l'asimmetria dovuta alla presenza del condotto aria sul lato sinistro è quasi nascosta
Dal turbo al compressore
Eravamo ovviamente ansiosi di sapere cosa ci attendeva una volta girata la chiave della nuova verdona. Un’idea ce l’avevano del resto data le H2 precedenti: moto che ci hanno detto che l’era dei turbo è finita con gli anni 80, né poteva essere altrimenti. La sovralimentazione a compressore (in questo caso centrifugo) è un’altra storia in termini di erogazione, senza vuoti in basso e improvvisi calci nella schiena; ma è anche un’altra storia in termini di prestazioni, che sono comunque impressionanti. È proprio per questo che Kawasaki si affida al suo 4 cilindri sovralimentato per sfidare le strapotenti rivali del segmento hypernaked. Rispetto alle quali la Z H2 non è la più potente né la più sportiva, ma è tecnicamente la più esotica e soprattutto non teme confronti in fatto di spinta, visto che con l'anti-wheelie disattivato si impenna senza problemi in quarta e quinta marcia.Estrema, ma non troppo
Essendo sovralimentato, il suo motore funziona come se avesse una cubatura maggiore, in linea di massima tanto maggiore quanto più alta è la pressione di sovralimentazione. E ricordiamo che sulla Z H2 la potenza è volutamente limitata a 200 CV, ma questo motore ha mostrato sulla Ninja H2 R di poter tranquillamente superare i 300 CV. La conseguenza di una potenza più alta in una cilindrata più bassa è che un motore sovralimentato ha una alta densità di potenza, e deve quindi anche smaltire più calore. Per questo il tema del raffreddamento è stato particolarmente curato sul quattro in linea Kawasaki, che ha pistoni fusi anziché forgiati per sopportare meglio le alte temperature e pressioni, ma riesce ad essere privo di intercooler grazie a un attento studio dei flussi dell’olio, che contribuisce anche a raffreddare il motore e la catena che trascina il compressore. Il raffreddamento potrebbe quindi essere definito a tutti gli effetti come ad “acqua + olio”. Anche il disegno “leggero” del telaio a traliccio è più efficace per smaltire il calore rispetto a un classico doppio trave in stile Ninja 1000 o Z1000. Si tratta in realtà di una struttura mista, con due piastre inferiori in alluminio che sorreggono il forcellone e il link e fungono da elemento traverso per aumentare la rigidezza torsionale. Lo schema del “traliccio aperto” è aggiornato rispetto alle H2 precedenti, ma la Z H2 resta una moto compatta con i suoi 1.455 mm di interasse. La ciclistica conta poi su sospensioni Showa, con forcella a funzioni separate e idraulica maggiorata (SFF BPF) e freni Brembo con pinze radiali M4.32 e doppio disco anteriore da 290 mm.Telaio a traliccio "aperto" e motore portante come sulle altre H2 ma con geometrie riviste, sospensioni Showa non elettroniche, forcellone a capriata superiore: la Z H2 è una hyper-naked concepita per piacere prima di tutto nell'uso su strada
Elettronica conservativa
Il fatto che prestazioni del genere vadano necessariamente imbrigliate è un po' nell'indole giapponese, e per questo Kawasaki ha puntato su un'elettronica piuttosto conservativa. Non che sia inadeguata, anzi è decisamente evoluta: Kawasaki è stata la prima Casa giapponese a spingere sui controlli elettronici, e lo dimostra la presenza del Kawasaki Cornering Management Function, un software proprietario che grazie a un modello della dinamica in tempo reale, ottimizza non solo la frenata e la accelerazione, ma anche la transizione tra le due fasi. In questa versione integra le informazioni provenienti dalla piattaforma inerziale Bosch a 6 assi, le stesse che consentono funzionalità cornering al traction control KRTC (regolabile su 3 livelli) e all’ABS che a sua volta considera anche informazioni provenienti dalla centralina motore (sistema KIBS). La gestione ride by wire consente di avere più livelli di potenza (50%, 75% e 100%), ma anche il launch control e l’anti-wheelie. Il tutto è organizzato in riding mode (tre più uno personalizzabile). Per quanto riguarda le funzioni “di piacere”, abbiamo il cruise control e la connettività Bluetooth attraverso l’app Kawasaki Rideology del display, di tipo TFT e controllato da comandi al manubrio. C’è altro? Sì, la frizione anti-saltellamento assistita e un nuovo scarico privo di precamera, con collettori allungati e terminale compatto.il pezzo forte della Z H2 è il motore: non ha la rabbia di certi V2 o V4 di altre hypernaked, ma la forza che esprime oltre gli 8.000 giri toglie veramente il respiro
200 CV senza paura
Ma torniamo alla nostra prova. Come ci si poteva aspettare, il pezzo forte della Z H2 è il motore: la forza che esprime oltre gli 8.000 giri toglie veramente il respiro. A sensazione non ha i medi di un grosso V2 come può essere il motore della 1290 Super Duke R o la rabbia di una Tuono V4: ma sono appunto sensazioni, perché l'erogazione della Kawasaki è comunque talmente fluida da nascondere un po' le sue prestazioni. Infatti, pur se ci manca ancora la parte su strade aperte del test organizzato da Kawasaki per il lancio di questa moto, è già evidente come la Z H2 resti comunque “giapponese”, quindi sempre educata e mai veramente sopra le righe. Esprime le sue prestazioni mozzafiato in modo diverso rispetto ad esempio alla KTM 1290 Super Duke R che abbiamo provato pochi giorni fa: quella scatta rabbiosa appena si prende in mano il gas, questa è più fluida. I 200 CV ci sono tutti, ma la Z H2 riesce ad addomesticarli e nel piccolo miracolo di essere, nel ristretto club delle moto da 300 all'ora col manubrio alto, forse l'unica che non mette in soggezione.La Kawasaki non teme la velocità: sui curvoni parabolici a 270 km/h è sempre rigorosa. Le sue geometrie e la sua elettronica sembrano però pensate più per imbrigliare la mostruosa spinta del motore - e quindi in funzione della sicurezza - che per andare forte in pista