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ELETTRICO: Yamaha TY-E
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Abbiamo provato nella foresta belga di Comblain au Pont il prototipo della prima trial elettrica di Yamaha, una moto con cui ci si arrampica dappertutto con una facilità disarmante. E vedendola muoversi agile e svelta in silenzio nel bosco ci siamo convinti che una grossa fetta del mondo off-road sceglierà la via elettrica
Infili il braccialetto di sicurezza, sposti l’interruttore su ON e premi il pulsante. Fin qui la TY-E è esattamente identica a una Trial normale: solo che premendo il pulsante non accade nulla. Per fare la conoscenza del motore trifase e della batteria a ioni di litio bisogna ruotare l’acceleratore, al che il prototipo di Iwata svelato al Tokyo Motorcycle Show di marzo, si lancia in avanti con decisione, accompagnato dal fischio acuto della cascata di ingranaggi della trasmissione.
Eppure per Yamaha questo progetto ha perfettamente senso. Perché di concept elettriche ai Saloni ne aveva già presentate una mezza dozzina. E soprattutto perché stiamo parlando della Casa che 10 giorni dopo la sua fondazione, nel 1955, partecipò alla prima gara di velocità. Il Mondiale Trial-E è l’unica disciplina elettrica titolata, la sua tecnologia è relativamente semplice e Yamaha non ha mai smesso di frequentarla, sia pure allestendo solo poche moto per correre il campionato nazionale giapponese. Ma una Trial presenta, a volte anzi in modo estremo, le stesse difficoltà di tutte le altre elettriche: deve combinare leggerezza e manovrabilità, e l’erogazione del motore deve essere controllabile in modo millimetrico.
La prima moto elettrica Yamaha
Il Trial è un mondo a sé, con soluzioni costruttive e componentistica tutte sue. La ruota posteriore ha i tiranti in mezzo ai raggi e calza un pneumatico (s)gonfiato a 0,8 bar. Tra le gambe non c’è nulla, né serbatoio né sella – anche se la TY-E consente di accomodarsi su una palpebra in carbonio quando si è fermi. Entrare nel mondo dell’elettrico passando da un Trial significa, per un motociclista “normale”, fare un doppio salto mortale.Eppure per Yamaha questo progetto ha perfettamente senso. Perché di concept elettriche ai Saloni ne aveva già presentate una mezza dozzina. E soprattutto perché stiamo parlando della Casa che 10 giorni dopo la sua fondazione, nel 1955, partecipò alla prima gara di velocità. Il Mondiale Trial-E è l’unica disciplina elettrica titolata, la sua tecnologia è relativamente semplice e Yamaha non ha mai smesso di frequentarla, sia pure allestendo solo poche moto per correre il campionato nazionale giapponese. Ma una Trial presenta, a volte anzi in modo estremo, le stesse difficoltà di tutte le altre elettriche: deve combinare leggerezza e manovrabilità, e l’erogazione del motore deve essere controllabile in modo millimetrico.
L’evoluzione del progetto TY-E
Yamaha ne ha approfittato per allestire un progetto di ricerca in piena regola, sviluppando in proprio il motore, la batteria (a partire da celle coreane, ma con BMS realizzato internamente) e, visto che c’era, un originale telaio monoscocca in fibra di carbonio e un rivestimento nanoceramico chiamato SIxONy applicato a parafanghi e cover dei carter, responsabile dell’affascinante tonalità azzurro cangiante della TY-E. Buona parte della componentistica meccanica viene dall’Europa (link e forcellone francesi Sherco, forcella italiana Tech Suspension mono austriaco Reiger) mentre la frizione deriva da quella di una YZ da Cross, ma è dotata di azionamento idraulico. Quello che veramente conta sulla TY-E, comunque, è ovviamente la parte elettrica. Della batteria non vengono dichiarati dati a parte la tensione (116 V), ma possiamo ipotizzare un peso di una decina scarsa di kg e 1 kWh scarso; la ricarica avviene in 1-2 ore, e la durata è di una mezzoretta a seconda del tipo di percorso che si affronta; in gara è possibile cambiarla una o due volte nelle sezioni più lunghe, oltre che nella pausa tra sessione mattutina e pomeridiana. In totale, con 3-5 batterie si completa una gara di circa 5 ore. Con questo pacchetto, sviluppato a quanto pare a partire dallo stimolo di un gruppo di giovani ingegneri, Yamaha ha affrontato il Mondiale FIM Trial-E, giunto quest’anno alla seconda edizione. Il pilota ufficiale è l’esperto Kenichi Kuroyama, che dopo aver vinto la prima prova ad Auron, in Francia, ha chiuso al secondo posto la seconda qui a Comblain au Pont, perdendo per un soffio (più precisamente per una penalità di 5 punti assegnatagli per essere arretrato di 10 cm durante una salita) gara e titolo. Queste sono le corse, e ancor più il Trial.La prova della prima moto elettrica Yamaha
Rieccoci allora al giorno dopo la gara, di nuovo nella foresta belga di Comblain au Pont, non ad assistere alle evoluzioni dei Pro ma a nostra volta in sella (si fa per dire) alla TY-E di Kuroyama in una sezione modificata per essere alla portata di trialisti non esperti (anzi debuttanti, nel nostro caso). Dopo una minima presa di contatto, iniziamo a capire cosa significhi guidare una moto da Trial. Se ci si fida di lei, la TY-E fa veramente tutto da sola: basta caricare le pedane, tirare il manubrio e dare gas. In questo caso il motore può scendere di regime a piacimento, quindi si possono affrontare le salite a qualunque velocità. Scopriamo anche che questo motore dolcissimo se si dà un filo di gas è fin troppo irruento appena apri, e che anche il freno motore è accentuatissimo, e in discesa è meglio tirare la frizione per lasciar scorrere la moto. Ma queste sono le preferenze di Kenichi, e un modello di serie sarebbe di sicuro personalizzabile in un attimo (magari tramite l’App Yamaha Power Tuner). Il bilanciamento è simile a quello di una Trial 2T, e anche il peso; la snellezza tra le gambe non è la stessa, ma se non si punta a gareggiare non fa differenza. Le due sessioni da 10 minuti sono ovviamente poche per prendere confidenza con tutte le peculiarità della TY-E, ma è certo che mette a suo agio anche il non esperto ed è un’ottima introduzione all’off-road. Le difficoltà del fuoristrada per il debuttante sono due: la guida in piedi e l’uso della frizione. La TY-E consente di dimenticarsi della seconda, a meno di volersi cimentare in ostacoli. Una volta assimilata la necessità di guidare in piedi, lei si arrampica dappertutto con una facilità disarmante; la frizione è comunque utile per regolare la spinta in salita e il freno motore in discesa, ma non è indispensabile.Il futuro della moto è elettrico?
La TY-E certifica insomma l’interesse e l’impegno ufficiale di un’azienda giapponese per l’elettrico. Tardivo? Crediamo di no. Le aziende giapponesi ragionano su grandi numeri e tempi lunghi, e il mercato dell’elettrico è ancora di là da venire. Inoltre, sarà un mercato che affiancherà quello dei motori endotermici senza sostituirlo, per un lunghissimo periodo. Il futuro non vedrà una strada sola, come è sempre stato: turbo e aspirato, benzina e diesel sono coesistiti per decenni. Il mondo è grande e le esigenze diversissime. Ma è chiaro, vedendo la TY-E saltellare nel bosco senza strepiti, che una grossa fetta del mondo off-road sceglierà la via elettrica. Forse partendo proprio dal Trial, che tecnologicamente è di fatto fermo al 2T (solo Honda-Montesa corre con un 4T) con una evidente differenza in termini di impatto complessivo. Anche perché corrono voci che si stia cercando di portare le Trial-E alle Olimipiadi, in forma dimostrativa. Romperebbe il tabù degli sport a motore, e del resto quando hai le e-bikes che fanno quasi le stesse cose, dove sta il confine?Gallery