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Triumph Bonnevile T120 e Thruxton R: giovani dentro
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Con un nuovo motore e l'arrivo dell’elettronica, Triumph ha rinnovato le sue classiche. La Bonnevile T120 è un'evoluzione, la Thruxton R una sportiva sorpresa. Omologate Euro4, sono in vendita a partire da 12.100 euro chiavi in mano la T120, e a 13.100 euro, sempre chiavi in mano, la Thruxton, 2000 euro in più per la R
Difficile dover mettere mano a un progetto apprezzato e riuscito, il rischio di sbagliare è alto, ma Triumph ha avuto il coraggio di osare. Presentando la Bonneville T120 (erede della T100) e la Thruxton R, le nuove classiche che se nel look ricalcano linee già tracciate dalle antenate, sotto nascondono tecnologie nuove di zecca.
La nuova Triumph Bonneville T120 è la sorella maggiore della Street Twin da 900, rispetto alla quale presenta una linea ancora più vintage. Ci sono cerchi in acciaio a raggi con l’anteriore da 18" e tante cromature. E poi faro tondo, scarichi a collo di bottiglia e la sella piatta. Il look fa tanto cara vecchia Inghilterra, ma basta dare un’occhiata alla scheda tecnica per capire quanta tecnologia ci sia.
La nuova Triumph Bonneville T120 è la sorella maggiore della Street Twin da 900, rispetto alla quale presenta una linea ancora più vintage. Ci sono cerchi in acciaio a raggi con l’anteriore da 18" e tante cromature. E poi faro tondo, scarichi a collo di bottiglia e la sella piatta. Il look fa tanto cara vecchia Inghilterra, ma basta dare un’occhiata alla scheda tecnica per capire quanta tecnologia ci sia.
Il motore per primo: è un bicilindrico parallelo raffreddato a liquido da 1.200 cc con singolo albero a camme e doppio corpo farfallato. Deriva strettamente da quello che equipaggia la Street Twin (si volevano ingombri laterali praticamente identici) con fasatura a 270° ma è aumentato l’alesaggio fino a quota 97,6 mm. I risultati parlano chiaro: ci sono 80 CV disponibili a 6.550 giri ma soprattutto 105 Nm (il 54% in più del vecchio bicilindrico ad aria), motivo per il quale il motore ha preso il nomignolo di High-Torque.
Il cambio ora è a 6 rapporti ed è comandato da una frizione antisaltellamento. Il telaio non è da meno: è rimasto una culla in tubi di acciaio ma è stato completamente ridisegnato. Stesso discorso per le sospensioni che mantengono lo schema classico ma sono tutte nuove. Hanno la corsa allungata rispetto al passato per offrire più comfort. I dischi freno ora sono due e le gomme sono le Pirelli Phantom Sport con posteriore da 150. Altra novità importante è l’arrivo dell’elettronica, che prevede due Riding Mode (Rain e Road), ABS e Traction Control (on/off) che sfrutta l’acceleratore ride by wire.
Sempre di serie ci sono le manopole riscaldabili su due livelli, la presa USB sotto la sella, il cavalletto centrale e il maniglione dietro la sella. Optional il cruise control. Il conto finale parla di 224 chili a secco per un prezzo base di 12.100 euro chiavi in mano, disponibile in versione standard (molto cromata) o Black (molto dark). Se si scelgono colorazioni più audaci o ci si fa prendere la mano dall’ampio catalogo accessori, il conto sale.
La Triumph Thruxton è tutta un’altra storia. A differenza del progetto Bonnie, con lei si è voluto spingere più sul tasto sport. Per farlo i tecnici hanno preso la meccanica della T120 e l’hanno lavorata di cesello: il bicilindrico ha un albero motore più leggero, la testata ribassata per aumentare il rapporto di compressione, l’airbox maggiorato e gli scarichi più liberi. Con una bella “accordata” alla centralina, ora sprigiona 97 CV a 6.750 giri e 112 Nm (62% in più rispetto al passato). Anche il telaio ha ricevuto numerose cure: rimane lo stesso ma è ruotato verso l’avantreno per accorciare le quote. Tutto grazie alla forcella dalla corsa ridotta, l’offset delle piastre inferiore e i due ammortizzatori più lunghi che alzano il posteriore. Cambia anche il forcellone, pur sempre a due bracci ma in alluminio e più corto. Il risultato è l’interasse di 1.415 mm, 5 in più di una Street Triple. Anche le ruote cambiano: qui ci sono cerchi in alluminio da 17” davanti e dietro e la gomma posteriore è da 160.
L’equipaggiamento elettronico è simile: si aggiunge il Riding Mode Sport, l’ABS è disinseribile e non ci sono le manopole riscaldabili. E se ancora non basta c’è la versione R ad alzare l’asticella: la forcella è una Showa BPF rovesciata con steli da 50 mm e gli ammortizzatori Ohlins, tutto completamente regolabile.
C’è poi l’impianto frenante Brembo (con pinze monoblocco), le gomme Pirelli Rosso Corsa (al posto delle Angel GT) e dettagli dedicati come la cintura che tiene il serbatoio. Sono disponibili optional la sella singola o piatta, oltre a tanti kit di personalizzazione. In totale fanno 206 kg a secco, 3 in meno la R grazie ai materiali pregiati. Il conto però è piuttosto salato: ci vogliono 13.100 euro chiavi in mano per la Thruxton base, 2.000 euro in più per la R.
Il cambio ora è a 6 rapporti ed è comandato da una frizione antisaltellamento. Il telaio non è da meno: è rimasto una culla in tubi di acciaio ma è stato completamente ridisegnato. Stesso discorso per le sospensioni che mantengono lo schema classico ma sono tutte nuove. Hanno la corsa allungata rispetto al passato per offrire più comfort. I dischi freno ora sono due e le gomme sono le Pirelli Phantom Sport con posteriore da 150. Altra novità importante è l’arrivo dell’elettronica, che prevede due Riding Mode (Rain e Road), ABS e Traction Control (on/off) che sfrutta l’acceleratore ride by wire.
Sempre di serie ci sono le manopole riscaldabili su due livelli, la presa USB sotto la sella, il cavalletto centrale e il maniglione dietro la sella. Optional il cruise control. Il conto finale parla di 224 chili a secco per un prezzo base di 12.100 euro chiavi in mano, disponibile in versione standard (molto cromata) o Black (molto dark). Se si scelgono colorazioni più audaci o ci si fa prendere la mano dall’ampio catalogo accessori, il conto sale.
La Triumph Thruxton è tutta un’altra storia. A differenza del progetto Bonnie, con lei si è voluto spingere più sul tasto sport. Per farlo i tecnici hanno preso la meccanica della T120 e l’hanno lavorata di cesello: il bicilindrico ha un albero motore più leggero, la testata ribassata per aumentare il rapporto di compressione, l’airbox maggiorato e gli scarichi più liberi. Con una bella “accordata” alla centralina, ora sprigiona 97 CV a 6.750 giri e 112 Nm (62% in più rispetto al passato). Anche il telaio ha ricevuto numerose cure: rimane lo stesso ma è ruotato verso l’avantreno per accorciare le quote. Tutto grazie alla forcella dalla corsa ridotta, l’offset delle piastre inferiore e i due ammortizzatori più lunghi che alzano il posteriore. Cambia anche il forcellone, pur sempre a due bracci ma in alluminio e più corto. Il risultato è l’interasse di 1.415 mm, 5 in più di una Street Triple. Anche le ruote cambiano: qui ci sono cerchi in alluminio da 17” davanti e dietro e la gomma posteriore è da 160.
L’equipaggiamento elettronico è simile: si aggiunge il Riding Mode Sport, l’ABS è disinseribile e non ci sono le manopole riscaldabili. E se ancora non basta c’è la versione R ad alzare l’asticella: la forcella è una Showa BPF rovesciata con steli da 50 mm e gli ammortizzatori Ohlins, tutto completamente regolabile.
C’è poi l’impianto frenante Brembo (con pinze monoblocco), le gomme Pirelli Rosso Corsa (al posto delle Angel GT) e dettagli dedicati come la cintura che tiene il serbatoio. Sono disponibili optional la sella singola o piatta, oltre a tanti kit di personalizzazione. In totale fanno 206 kg a secco, 3 in meno la R grazie ai materiali pregiati. Il conto però è piuttosto salato: ci vogliono 13.100 euro chiavi in mano per la Thruxton base, 2.000 euro in più per la R.
Nella stessa giornata le proviamo entrambe, iniziamo con la T120. Anche cercandole non ci sono mancanze nelle sue curatissime finiture, semmai studiandola si scoprono tanti furbi accorgimenti per nascondere la moderna tecnologia. Come il radiatore, che c’è ma non si vede, o la strumentazione, rimasta in gran parte analogica, o ancora gli scarichi che sembrano dritti ma in realtà nascondo il catalizzatore necessario per l’Euro4.
Anche l’ergonomia richiama il passato, con il busto eretto e le braccia basse e orizzontali (poco più alte che con la T100), con le terga che poggiano su una sella comoda come un sofà. Il passeggero è ben accetto e chi guida non avrà difficoltà perché i piedi poggiano bene a terra.
C’è molto metallo a ornare la meccanica e il metallo ha un peso specifico elevato. Il risultato è che, nei primi metri, vanno prese le misure con la sua massa, posizionata in basso ma comunque importante. In aiuto vengono il girovita da modella e la lunga leva offerta dal manubrio. Superato il breve periodo di apprendistato, però, tutto diventa piacevole. Specialmente andare al trotto, con lei, è uno spettacolo.
Il motore è capace di grandi cose: può stabilizzarsi sotto i 2.000 giri senza sussultare e riprendere senza strappi, oppure fare la voce grossa e mostrare il suo caratterino fino ai 6.000 circa. Non prende i giri con particolare foga perché le inerzie ci sono, ma spinge con decisione anche nella seconda metà del contagiri. Solo al minimo accusa un leggero effetto on-off, ma è poca cosa.
La ciclistica asseconda le velleità di chi guida. La vecchia T100 sobbalzava su buche e asperità, tendendo a essere sempre un po’ troppo rigidina. Tutto dimenticato: la nuova supera gli avvallamenti mantenendo un assetto sempre stabile. Rimane un po’ fisica da inserire in curva, il pesante cerchio in acciaio non aiuta, ma una volta impostata la curva rimane precisa. Il segreto è guidarla fluidi, con calma. E se lo fate, ripaga come un buon bicchiere di vino. Serve di più?
...Magari sì. E allora c’è la Thruxton R, la nostra moto del pomeriggio. Qui il dettaglio diventa gioiello. Come il tappo benzina, soprannominato “Monza cup”, le piastre scolpite a mano (o almeno sembrano esserlo), le infinite cover in alluminio spazzolato e via così. Servirebbe un articolo solo per descriverli tutti. In sella ci sente subito un pilota d’altri tempi. Le pedane sono alte e un po’ arretrate, i polsi caricati ma nulla di esasperato.
Il motore ha un'altra voce qui. Già solo sgasare da fermi fa capire cosa significhi “albero motore più leggero”. E il primo rettilineo libero spazza via tutte le buone maniere della Bonnie. Che grinta! Ai bassi regimi è tranquillo, ma al bicilindrico basta superare la soglia dei 2.500 giri per vedere rosso e spingere come un torello fino al limitatore. Poi arrivano le curve, e con la R viene voglia di giocare: è velocissima a buttarsi in curva ma competente nel tenere la linea, anche se si è entrati troppo forte.
La frenata è paragonabile a quella di una sportiva moderna e schiaccia la forcella con veemenza. Verrebbe voglia di mettere mano ai registri dell’idraulica, ma oggi non c’è tempo. È una guida concitata, che mai ti aspetteresti guardandola parcheggiata al bar. O provando a ricordare chi l’ha preceduta. Una volta era l’alternativa cafe racer della Bonneville, oggi è una moto prestante sotto mentite spoglie che con la Bonnie condivide forse qualche dado. Lascia attoniti quello che è capace di fare. Ora però nasce il problema: se prima bastava averne una delle due, ora sono talmente lontane che bisognerebbe avere un garage doppio per assecondare i vari istinti. Scopri tutti i dettagli delle Triumph Bonnevile T120 e Thruxton nella gallery, clicca qui!
Anche l’ergonomia richiama il passato, con il busto eretto e le braccia basse e orizzontali (poco più alte che con la T100), con le terga che poggiano su una sella comoda come un sofà. Il passeggero è ben accetto e chi guida non avrà difficoltà perché i piedi poggiano bene a terra.
C’è molto metallo a ornare la meccanica e il metallo ha un peso specifico elevato. Il risultato è che, nei primi metri, vanno prese le misure con la sua massa, posizionata in basso ma comunque importante. In aiuto vengono il girovita da modella e la lunga leva offerta dal manubrio. Superato il breve periodo di apprendistato, però, tutto diventa piacevole. Specialmente andare al trotto, con lei, è uno spettacolo.
Il motore è capace di grandi cose: può stabilizzarsi sotto i 2.000 giri senza sussultare e riprendere senza strappi, oppure fare la voce grossa e mostrare il suo caratterino fino ai 6.000 circa. Non prende i giri con particolare foga perché le inerzie ci sono, ma spinge con decisione anche nella seconda metà del contagiri. Solo al minimo accusa un leggero effetto on-off, ma è poca cosa.
La ciclistica asseconda le velleità di chi guida. La vecchia T100 sobbalzava su buche e asperità, tendendo a essere sempre un po’ troppo rigidina. Tutto dimenticato: la nuova supera gli avvallamenti mantenendo un assetto sempre stabile. Rimane un po’ fisica da inserire in curva, il pesante cerchio in acciaio non aiuta, ma una volta impostata la curva rimane precisa. Il segreto è guidarla fluidi, con calma. E se lo fate, ripaga come un buon bicchiere di vino. Serve di più?
...Magari sì. E allora c’è la Thruxton R, la nostra moto del pomeriggio. Qui il dettaglio diventa gioiello. Come il tappo benzina, soprannominato “Monza cup”, le piastre scolpite a mano (o almeno sembrano esserlo), le infinite cover in alluminio spazzolato e via così. Servirebbe un articolo solo per descriverli tutti. In sella ci sente subito un pilota d’altri tempi. Le pedane sono alte e un po’ arretrate, i polsi caricati ma nulla di esasperato.
Il motore ha un'altra voce qui. Già solo sgasare da fermi fa capire cosa significhi “albero motore più leggero”. E il primo rettilineo libero spazza via tutte le buone maniere della Bonnie. Che grinta! Ai bassi regimi è tranquillo, ma al bicilindrico basta superare la soglia dei 2.500 giri per vedere rosso e spingere come un torello fino al limitatore. Poi arrivano le curve, e con la R viene voglia di giocare: è velocissima a buttarsi in curva ma competente nel tenere la linea, anche se si è entrati troppo forte.
La frenata è paragonabile a quella di una sportiva moderna e schiaccia la forcella con veemenza. Verrebbe voglia di mettere mano ai registri dell’idraulica, ma oggi non c’è tempo. È una guida concitata, che mai ti aspetteresti guardandola parcheggiata al bar. O provando a ricordare chi l’ha preceduta. Una volta era l’alternativa cafe racer della Bonneville, oggi è una moto prestante sotto mentite spoglie che con la Bonnie condivide forse qualche dado. Lascia attoniti quello che è capace di fare. Ora però nasce il problema: se prima bastava averne una delle due, ora sono talmente lontane che bisognerebbe avere un garage doppio per assecondare i vari istinti. Scopri tutti i dettagli delle Triumph Bonnevile T120 e Thruxton nella gallery, clicca qui!
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