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5 moto custom che hanno segnato gli anni ‘90

Carlo Pettinato il 09/08/2024 in Moto & Scooter
5 moto custom che hanno segnato gli anni ‘90
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Un periodo d’oro per il genere, durante il quale in tanti hanno provato, con risultati alterni, a proporre alternative alla leggenda Harley-Davidson. Italiane, tedesche e giapponesi, alcune vere imitazioni, altre decisamente più personali: ecco le nostre scelte

Anni di chiasso e colori fluo, gli anni ’90 sono anche stati la stagione d’oro delle moto custom, figlie in molti casi degli anni ’80, proposte in tutte le salse e tutte le cilindrate. Moltissime sono state le case che hanno provato a proporre alternative alle originali e, in verità, inimitabili Harley-Davidson

In alcuni casi sono nate moto davvero sovrapponibili ai modelli di Milwaukee, è il caso delle giapponesi; altre aziende se ne sono uscite con proposte più personali e coraggiose. Il successo non è stato suddiviso sempre equamente, ma a distanza di trent’anni è interessante ricordarle un po’ tutte.

Cilindrate delle più disparate, dicevamo, e in effetti si parte dal minimo del minimo, dai 50 cc a due tempi, formato quanto meno inusuale per una custom, sino ai bicilindrici a V d’ispirazione Harley-Davidson, all’inconfondibile V trasversale di Mandello e addirittura ad un motore boxer di cubatura importante.

Ecco, dunque, la nostra rassegna di modelli di moto custom degli anni ’90. Alcune davvero fortunate, altre un po’ meno, ma che in ogni caso ci aiutano a inquadrare un periodo storico anche da un punto di vista diverso da quello delle solite supersportive, naked e maxi enduro.

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<div class='descrGalleryTitle'>Aprilia Classic 50</div><div class='descrGalleryText'><p>Partiamo dal basso e con la più piccola tra le custom della nostra lista. L’Aprilia Classic, nata con l<b>’indimenticato nome Red Rose</b>, ha visto la luce a fine anni ’80 nelle cilindrate di 50 e 125 cc, entrambe motorizzate con monocilindrici Rotax raffreddati a liquido. Nel 1992, le versioni aggiornate delle Red Rose acquistarono appunto l’appellativo “Classic” e furono protagoniste di alcune modifiche: dai doppi ammortizzatori posteriori passarono ad un mono centrale e nascosto <b>tipo softail Harley</b>, la 50 venne motorizzata Minarelli a 3 o 5 marce in base alla versione. Se, vista da lontano, può effettivamente essere scambiata per una moto di Milwaukee, l’Aprilia Classic è stata di fatto il punto d’approdo per i <b>quattordicenni appassionati del genere</b>, con una formula che oggi non trova eguali, per lo meno non in questa cilindrata. Concorrente della Classic 50 era la Gilera Eaglet: chi se la ricorda?&nbsp;</p>
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Aprilia Classic 50

Partiamo dal basso e con la più piccola tra le custom della nostra lista. L’Aprilia Classic, nata con l’indimenticato nome Red Rose, ha visto la luce a fine anni ’80 nelle cilindrate di 50 e 125 cc, entrambe motorizzate con monocilindrici Rotax raffreddati a liquido. Nel 1992, le versioni aggiornate delle Red Rose acquistarono appunto l’appellativo “Classic” e furono protagoniste di alcune modifiche: dai doppi ammortizzatori posteriori passarono ad un mono centrale e nascosto tipo softail Harley, la 50 venne motorizzata Minarelli a 3 o 5 marce in base alla versione. Se, vista da lontano, può effettivamente essere scambiata per una moto di Milwaukee, l’Aprilia Classic è stata di fatto il punto d’approdo per i quattordicenni appassionati del genere, con una formula che oggi non trova eguali, per lo meno non in questa cilindrata. Concorrente della Classic 50 era la Gilera Eaglet: chi se la ricorda? 

<div class='descrGalleryTitle'>Honda VT 600 Shadow</div><div class='descrGalleryText'><p>Di presenza più importante, per ovvi motivi, è la mitica Shadow 600. Fu in produzione dal 1988 al 2000 motorizzata con un bicilindrico a V raffreddato a liquido ma con<b> pareti esterne alettate</b> che ricordano i motori americani ad aria a marchio Harley-Davidson. La Shadow 600 voleva fare proprio questo: porsi come alternativa economica ai modelli d’accesso alla gamma Harley. In effetti, <b>costava sensibilmente meno della Sportster </b>e l’impatto estetico era tutto sommato assimilabile. La cilindrata effettiva era di 583 cc, come la Transalp 600, i cavalli erano 41 e l’alimentazione a carburatore; le ruote erano da 19 e 15”, con freno a disco singolo anteriore e tamburo posteriore; sospensioni con forcella tradizionale e monoammortizzatore accuratamente nascosto tra le sovrastrutture. Il tutto, per un peso a secco di circa 200 kg. La Shadow 600 fu sostituita dalla <b>più costosa 750 Black Widow</b>, in vendita sul nostro mercato sino al 2005.</p>
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Honda VT 600 Shadow

Di presenza più importante, per ovvi motivi, è la mitica Shadow 600. Fu in produzione dal 1988 al 2000 motorizzata con un bicilindrico a V raffreddato a liquido ma con pareti esterne alettate che ricordano i motori americani ad aria a marchio Harley-Davidson. La Shadow 600 voleva fare proprio questo: porsi come alternativa economica ai modelli d’accesso alla gamma Harley. In effetti, costava sensibilmente meno della Sportster e l’impatto estetico era tutto sommato assimilabile. La cilindrata effettiva era di 583 cc, come la Transalp 600, i cavalli erano 41 e l’alimentazione a carburatore; le ruote erano da 19 e 15”, con freno a disco singolo anteriore e tamburo posteriore; sospensioni con forcella tradizionale e monoammortizzatore accuratamente nascosto tra le sovrastrutture. Il tutto, per un peso a secco di circa 200 kg. La Shadow 600 fu sostituita dalla più costosa 750 Black Widow, in vendita sul nostro mercato sino al 2005.

<div class='descrGalleryTitle'>Moto Guzzi California 1100</div><div class='descrGalleryText'><p>È vissuta per cinquant’anni a partire dal ’71, e quindi anche gli anni ’90 sono stati periodo di conquista della leggendaria Guzzi California. Nata come V7 da 750 e poi cresciuta sino a 850 cc, <b>nel 1994 arrivò la California 1100</b>, dopo la parentesi da 950 degli anni ’80, equipaggiata con il motore nato in origine per la 1100 Sport. La California 1100 era per l’esattezza un 1.064 cc disponibile sia a carburatore che ad iniezione, ma sempre con l’inconfondibile architettura a V trasversale. Rispetto alla versione precedente, la 1100, pur mantenendo un’estetica fedele, era stata profondamente r<b>innovata e perfezionata</b> con interventi sparsi su un po’ tutta la componentistica. In quanto a prestazioni, si parlava di 75 cavalli e 91 Nm, per un peso a secco attorno ai 250 kg. La California in versione 1100 <b>è stata particolarmente longeva</b>, sostituita dalla 1400 solo nel 2012.</p>
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Moto Guzzi California 1100

È vissuta per cinquant’anni a partire dal ’71, e quindi anche gli anni ’90 sono stati periodo di conquista della leggendaria Guzzi California. Nata come V7 da 750 e poi cresciuta sino a 850 cc, nel 1994 arrivò la California 1100, dopo la parentesi da 950 degli anni ’80, equipaggiata con il motore nato in origine per la 1100 Sport. La California 1100 era per l’esattezza un 1.064 cc disponibile sia a carburatore che ad iniezione, ma sempre con l’inconfondibile architettura a V trasversale. Rispetto alla versione precedente, la 1100, pur mantenendo un’estetica fedele, era stata profondamente rinnovata e perfezionata con interventi sparsi su un po’ tutta la componentistica. In quanto a prestazioni, si parlava di 75 cavalli e 91 Nm, per un peso a secco attorno ai 250 kg. La California in versione 1100 è stata particolarmente longeva, sostituita dalla 1400 solo nel 2012.

<div class='descrGalleryTitle'>Yamaha XV 750 Virago</div><div class='descrGalleryText'><p>Nella sua storia d’innovazione, Yamaha può vantare un ulteriore primato. È stata la prima casa giapponese a proporre una <b>reale alternativa a Harley-Davidson</b> in quanto a moto custom, lanciando la famiglia Virago già a inizio anni ’80. La XV 750 Virago arrivò sul mercato nel 1981 e delle Harley riprendeva in toto l’aspetto estetico e caratteristiche tecniche essenziali come il motore <b>raffreddato ad aria con architettura a V</b>. La versione 750 della Virago, disponibile negli anni anche come 535, 700 (solo in USA), 900 e 1000, erogava 56 cavalli e pesava circa 220 kg a secco; aveva doppi ammortizzatori posteriori, un doppio freno a disco anteriore e <b>trasmissione finale a cardano</b>, questo un elemento di differenziazione rispetto alle cinghie tipiche Harley-Davidson. La XV 750 è stata un modello di media longevità: è uscita di produzione nel 1998; della serie XV le è sopravvissuta la 250, disponibile fino al 2007.</p>
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Yamaha XV 750 Virago

Nella sua storia d’innovazione, Yamaha può vantare un ulteriore primato. È stata la prima casa giapponese a proporre una reale alternativa a Harley-Davidson in quanto a moto custom, lanciando la famiglia Virago già a inizio anni ’80. La XV 750 Virago arrivò sul mercato nel 1981 e delle Harley riprendeva in toto l’aspetto estetico e caratteristiche tecniche essenziali come il motore raffreddato ad aria con architettura a V. La versione 750 della Virago, disponibile negli anni anche come 535, 700 (solo in USA), 900 e 1000, erogava 56 cavalli e pesava circa 220 kg a secco; aveva doppi ammortizzatori posteriori, un doppio freno a disco anteriore e trasmissione finale a cardano, questo un elemento di differenziazione rispetto alle cinghie tipiche Harley-Davidson. La XV 750 è stata un modello di media longevità: è uscita di produzione nel 1998; della serie XV le è sopravvissuta la 250, disponibile fino al 2007.

<div class='descrGalleryTitle'>BMW R 1200 C</div><div class='descrGalleryText'><p>Tra le alternative ad Harley-Davidson giapponesi e italiane, s’inserisce una tedesca, inevitabilmente BMW. La R 1200 C è sì una cruiser, ma <b>non è una “copia” </b>delle proposte americane, cosa che invece sono state le Honda e Yamaha appena trattate, perché presenta soluzioni tecniche e uno stile tutto proprio. Il <b>motore è boxer</b>, la sospensione anteriore è un telelever e al posteriore si trova un monobraccio con trasmissione a cardano. Insomma, la R 1200 C mescola elementi fortemente distintivi della tradizione BMW ad una destinazione d’uso, questa sì, sovrapponibile alle concorrenti. Il motore è da 1.170 cc raffreddato ad aria e olio, alimentato a iniezione e capace di erogare 61 cavalli, ma soprattutto <b>98 Nm a soli 3.000 giri</b>; le ruote erano da 16 e 15” e il peso a secco si attestava attorno ai 260 kg. La R 1200 C è stata disponibile in diversi allestimenti, ciascuno recante una propria personalità: Classic, Avantgarde, Independent e Montauk.</p>
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BMW R 1200 C

Tra le alternative ad Harley-Davidson giapponesi e italiane, s’inserisce una tedesca, inevitabilmente BMW. La R 1200 C è sì una cruiser, ma non è una “copia” delle proposte americane, cosa che invece sono state le Honda e Yamaha appena trattate, perché presenta soluzioni tecniche e uno stile tutto proprio. Il motore è boxer, la sospensione anteriore è un telelever e al posteriore si trova un monobraccio con trasmissione a cardano. Insomma, la R 1200 C mescola elementi fortemente distintivi della tradizione BMW ad una destinazione d’uso, questa sì, sovrapponibile alle concorrenti. Il motore è da 1.170 cc raffreddato ad aria e olio, alimentato a iniezione e capace di erogare 61 cavalli, ma soprattutto 98 Nm a soli 3.000 giri; le ruote erano da 16 e 15” e il peso a secco si attestava attorno ai 260 kg. La R 1200 C è stata disponibile in diversi allestimenti, ciascuno recante una propria personalità: Classic, Avantgarde, Independent e Montauk.

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