Moto & Scooter
Yamaha e l'ossessione per le basse potenze
Guardando indietro all’ultimo mezzo secolo di storia Yamaha, appare evidente come quasi mai le moto dei tre diapason siano state le più potenti, pur diventando enormi successi commerciali e sportivi: Iwata ha scelto una ricetta coraggiosa, ma efficace
Mi sono appassionato alle moto a metà degli Anni 80, dominati dalle aziende giapponesi che all’epoca, anche se sembravano esserci state da sempre, erano praticamente appena nate. Yamaha, ad esempio, aveva già un secolo di vita come produttore di strumenti musicali ma era partita con le moto nel 1955, nemmeno trent’anni prima.
Trent’anni, però, sono abbondantemente sufficienti per capire il carattere, di una persona come di un’azienda; e anche se allora non era chiaro, se c’è una costante nella storia di Yamaha è quella di rifuggire dalle grandi potenze. Non parliamo delle corse, è chiaro (già in quel periodo Yamaha se la giocava con Honda e Suzuki nel Mondiale Velocità e nel Mondiale Motocross senza ovviamente lesinare sui cavalli) ma della produzione di serie, dove già allora Iwata aveva iniziato a seguire il mantra della guidabilità prima di tutto. Anche – se non soprattutto – prima della potenza.