Moto & Scooter
Yamaha XT 500, storia di una moto da enduro mitica
Arrivata sul nostro mercato nel ’76, ha rivoluzionato il mondo del fuoristrada non professionistico. Semplice, leggera, affidabile, si è affermata come fenomenale mezzo da diporto tra asfalto e sterrato ed è ancora oggi apprezzatissima
Era il 1975 quando si vide per la prima volta. Era il salone di Tokyo e la Yamaha XT 500 si apprestava a ridefinire le regole del segmento delle moto da enduro a quattro tempi. Il mondo del motociclismo era da poco orfano, o quasi, delle grosse monocilindriche inglesi e italiane che avevano imperversato negli anni ’60, sia nel campo del fuoristrada professionistico che in quello del diporto.
Triumph, BSA, Ducati, modelli mitici e a distanza di oltre mezzo secolo ancora bellissimi, ma ormai datati in quegli anni ’70 in cui la moda del due tempi aveva fatto invecchiare di colpo tutta la più complessa e pesante concorrenza a quattro. Il due tempi era in realtà la nuova soluzione nel mondo racing, motocross e regolarità, ma per le passeggiate risultava – e risulta tutt’oggi- nervoso e scomodo, con tutte quelle vibrazioni e gli alti consumi. Ecco che per il tempo libero serviva ancora un quattro tempi, sì, ma più moderno e leggero. La XT 500, appunto.
499 cc raffreddati ad aria, alesaggio di 87 mm e corsa di 84, distribuzione a due valvole (da 45 mm quella di aspirazione e da 39 quella di scarico) con singolo asse a camme in testa, carter secco con riserva di olio nel trave verticale del telaio, casse in magnesio, carburatore Mikuni da 34 mm, una trentina di cavalli o poco più e cambio a 5 marce. Telaio e forcellone in acciaio, forcella con perno in asse, doppi ammortizzatori posteriori, freni a tamburo e circa 140 kg di peso. Ruote da 21 e 18”. Semplice, un motore, un manubrio, due ruote.


L’origine della Yamaha XT 500 è da ricercarsi nel mercato statunitense, dove il fuoristrada era ed è ben sdoganato. Non solo motocross, ma anche tanto enduro a modo loro, americano, ovvero corse nel deserto su percorsi perlopiù lunghi e scorrevoli. Nacque per prima la TT 500, destinata proprio a questo tipo di gare e presentata nel 1974; solo una stagione dopo arrivò la XT, ingentilita per un impiego più blando e, soprattutto, misto tra sterrato e asfalto. X a indicare il motore a quattro tempi, T per trail, sentiero; fu la prima di sempre a recare la scritta Enduro (sulle tabelle laterali), termine derivante dall’inglese endurance che indica una prova lunga e faticosa.
Una moto tranquilla e longeva, caratterizzata nella sua primissima versione addirittura da uno scarico basso, sostituito da uno alto solo in seguito. Tranquilla, sì, ma anche la XT trovò il suo sbocco agonistico, e non roba da poco. La Yamaha XT 500, con ai comandi un certo Cyril Neveu, si affermò nelle prime due edizioni della Parigi-Dakar, 1979 e ’80. E non fu solo prima con Neveu, perché nell’80 le XT si piazzarono ai primi quattro posti; bastava un serbatoio maggiorato saldato in garage e si partiva per il continente nero (quella di Neveu era in realtà una moto ufficiale). Dimostrazione ulteriore di grande affidabilità e di semplicità costruttiva; laggiù nel deserto se qualcosa si rompe bisogna poterlo riparare o sostituire con poco sforzo, altrimenti è finita.
La Yamaha XT 500 è rimasta in produzione a lungo, sino addirittura al 1989 quando uscì di scena con la versione Anniversary. Nel primo lustro rimase sostanzialmente invariata, nel 1980 arrivarono il serbatoio in alluminio e la forcella a perno avanzato, nell’86 l’impianto elettrico a 12 Volt. Nel frattempo, nell’82, era già uscito il modello che avrebbe dovuto rimpiazzarla, la XT 550, più moderna con distribuzione a quattro valvole, contralbero, doppio carburatore, alzavalvole automatico e altro ancora, ma infinitamente meno fascinosa. Nell’84 arrivò la 600, in versione Ténéré con serbatoio da 23 litri e in versione base, con freno a disco anteriore, forcellone in alluminio, dall’86 avviamento elettrico e dall’87 disco anche dietro. Ma lei, la bella 500, restava in gamma.
Al di là della concorrenza interna in casa Yamaha, le aziende rivali non erano rimaste a guardare. Verificate la bontà della formula e la risposta del mercato, nel 1979 era arrivata Honda con la grande avversaria XL. Forse superiore tecnicamente ma meno affascinante. Provate voi, oggi, ad affiancare una XL di quel periodo e una XT, magari un model year ’81 con cerchi oro e serbatoio spazzolato con scritta rossa. Non c’è storia, e le quotazioni richieste dai collezionisti lo confermano.
Al cospetto dell’equivalente odierno, che possiamo identificare in una KTM 690 Enduro o similari, la XT 500 fa quasi tenerezza. Piccola, essenziale, bassa da terra. Eppure son pregi, proprio quelli che ti tolgono ogni pensiero e ti restituiscono l’essenza della guida della moto quando ci monti in sella. Tocchi bene con entrambi i piedi, tra le gambe è una bicicletta e non ci sono orpelli, display, pulsantiere con cui distrarsi.
L’avviamento non è banale, bisogna conoscere la tecnica, che poi è la stessa per tutti i grossi mono a quattro tempi di quello stampo. Un gioco di decompressore, si trova il punto morto superiore e poi la scalciata decisiva. Se si è fatto tutto per bene lei si sveglia dal suo sonno e inizia a borbottare. Il nostro Roberto Ungaro, fiero possessore di XT 500, afferma che la voce sia più da mezzo agricolo che da motocicletta, e non ha tutti i torti.
Metti la prima e inizi a godere. Al netto di qualche inevitabile “dettaglio”, tipo i freni, la marcia è quasi da moto, motoretta, moderna. Il monocilindrico è pastoso, bello pieno ai bassi e morbido, poi finisce subito e ti chiede una marcia in più. È maneggevole, una libellula, peso basso e bilanciamento invidiabile. Non correteci forte sullo sconnesso che le sospensioni sono quello che sono, ma per la passeggiata tra asfalto e strade bianche è unica. Bastano pochi metri per entrarci in sintonia e poi è una delizia infinita.