Moto & Scooter
Britten V1000, un capolavoro senza tempo
Quella di John Britten e della sua futuristica bicilindrica è una delle storie più romantiche e allo stesso tempo iconiche del motociclismo moderno
John Britten è nato a Christchurch nel 1950 dove ha vissuto per quasi tutta la vita. Da piccolo, a scuola, aveva un problema, un disturbo dell'apprendimento che gli ha reso molto difficile la lettura. Ma questo non gli ha impedito di diventare uno dei designer più versatili e creativi della Nuova Zelanda, perché ha imparato facendo le cose. Già da adolescente si è interessato e applicato alla meccanica pratica, restaurando una moto Indian Scout del 1927 e un camion abbandonato, con i quali si è persino recato a scuola.
Dopo aver lasciato la scuola, ha studiato per diventare ingegnere attraverso i corsi serali al Politecnico di Christchurch, mentre di giorno lavorava nella costruzione di betoniere e forni per il vetro. Nel tempo libero, ha continuato a restaurare veicoli,facendosi notare per la sua ingegnosità nell'utilizzo dei materiali e per la sua meticolosa attenzione ai dettagli, pur riuscendo a realizzarli a costi minimi.
A dirla tutta, in quel periodo le moto non erano in cima ai suoi pensieri. Il suo sogno era infatti quello di volare come un uccello, realizzando un veicolo in grado di volare con l'azione delle ali di un uccello. Non ci arrivò mai, ma realizzò un aliante che poteva decollare praticamente con un soffio di vento, cosa che provò durante test, ma senza nessuno a bordo…
Il progetto era comunque tipico dell'approccio di John alla progettazione: studio, osservazione, sperimentazione e applicazione pratica in officina. Le sue capacità non si limitavano alla meccanica, era anche un artigiano del vetro e un creatore di mobili, che vendeva regolarmente. Ha trascorso dieci anni per trasformare alcune stalle abbandonate in una magnifica casa, utilizzando materiali da costruzione provenienti da cantieri di demolizione. Ha disegnato anche abiti e organizzato una sfilata di moda.
All’inizio degli anni ’80 cominciò a prendere forma la sua voglia di costruire la moto da corsa perfetta e l’officina del suo garage divenne il fulcro di una ricerca continua per creare una moto in grado di sbalordire il mondo.
Perché la cosa davvero impressionante è pensare che la stupefacente Britten V1000 sia stata progettata e costruita nel suo piccolo garage neozelandese. A parte alcune parti, acquistate da fornitori esterni, come freni, pistoni, trasmissione e frizione, il resto fu costruito da John nella sua officina, con un piccolo gruppo di amici artigiani.
Britten sconvolse letteralmente il panorama motociclistico dell’epoca concependo e realizzando cose che nessuno aveva mai osato fare prima. La Britten V 1000 era quanto di più radicale si fosse visto fino a quel momento: non aveva un telaio convenzionale, forcella a quadrilateri, forcellone, ruote e carrozzeria erano in fibra di carbonio, l'ammortizzatore posteriore si trovava davanti al motore, azionato da un'asta di spinta sotto il motore, il radiatore era sotto la sella, gli stampi e le fusioni del motore erano realizzati nel forno per ceramiche di sua moglie Kirsteen e poi raffreddati con un secchio d’acqua della piscina!
Le scelte tecniche per la realizzazione della Britten si sono basate sulla ricerca delle migliori soluzioni per la massima efficienza della moto. Prima di tutto c'era l'aerodinamica, per cui il motore bicilindrico a V di 60 gradi è stato scelto per la sua larghezza ridotta. Dopo un test su una strada diritta lunga oltre 30 km, Britten scoprì che la moto completamente carenata era più lenta della precedente versione semicarenata. La moto era infatti costruita come un “siluro sulla lama di un coltello”. Il siluro era la mezza carenatura anteriore, il corpo del pilota e il codino affusolato. Sotto c’era la lama, composta dalle ruote e dal motore stretto. Piccole carenature per gli stivali, fornivano la copertura per i piedi del pilota.
La moto, come detto, non aveva un telaio convenzionale, anzi non aveva proprio nessun telaio visto che il V-Twin di 60° svolgeva una funzione completamente portante, soluzione che venne poi adottata anni dopo da Ducati per la sua Desmosedici.
Il posizionamento del radiatore sotto la sella, contribuì a ridurre l'area frontale della moto. L'aria veniva convogliata da un paio di apertura nella carenatura anteriore fino al radiatore e quindi espulsa fuori nella zona di bassa pressione sulla scia della moto. Nonostante fosse abbastanza piccolo, il radiatore manteneva la temperatura del motore intorno ai 176 gradi.
Un'altra area su cui Britten lavorò intensamente furono le teste dei cilindri. Britten spostò le valvole di aspirazione verso centro del cilindro. Ciò portò quelle di scarico, e con esse la candela, più vicino alla parete anteriore. Fu scelto un alesaggio di 99 mm, per poter utilizzare un moderno pistone Omega a tre segmenti, progettato originariamente per il motore Judd V-10 di Formula Uno.
Il motore aveva 170 CV a 9.500 giri al banco prova. I condotti di aspirazione erano indirizzati verso l'interno della V, così da essere facilmente dall'airbox e dai corpi farfallati che si trovavano lì. Gli scarichi erano rivolti in avanti sul cilindro anteriore e dietro su quello posteriore. Per costruire i complicatissimi tubi di scarico, rastremati e della stessa lunghezza, ci vollero ben 60 ore di lavoro.
Il motore poteva avere due varianti: 985 cc con alesaggio e corsa di 99 x 64 mm e 1.108 cc con dimensioni di 99 x 72 mm. Aveva doppie camme in testa azionate da cinghia, mentre il rapporto di compressione era di 11,3:1, le valvole erano in titanio, così come le bielle. L'alimantazione avveniva con una coppia di iniettori sequenziali per ogni cilindro
Un'altra particolarità della Britten era la sospensione anteriore. La moto infatti fu dotata di una forcella di tipo Hossack, utilizzata per la versatilità della sua geometria. In questo tipo di forcella due collegamenti sporgono dalla parte anteriore della moto, all'altezza della testa dello sterzo, ciascuno con un giunto sferico all'estremità anteriore del quale è imperniato un trave in carbonio, alla cui estremità è fissato l’asse tubolare in alluminio da 47 mm della ruota anteriore. Il controllo dello sterzo avviene tramite un collegamento dalla trave a una coppia di semimanubri imperniati nella posizione abituale.
Britten ha realizzato una geometria per la sua forcella che copiava in sostanza il funzionamento di una forcella telescopica. Solo negli ultimi 4 centimetri dei 120 mm. totali di escursione, il sistema si trasformava, con un comportamento in qualche modo anti-dive.
A solo otto settimane dal previsto esordio in gara a Daytona, in un test sul circuito di Ruapuna, la forcella in fibra di carbonio si ruppe, mandando a terra il collaudatore Chris Haldane con una clavicola rotta. Rirogettata in fretta, da quel momento la forcella non diede più alcun problema. Anche il forcellone posteriore era in fibra di carbonio, in netto anticipo sui tempi anche della MotoGP che iniziò ad adottarlo dieci anni dopo.
La carrozzeria in carbonio fu realizzata costruendo uno scheletro in alluminio, tenuto insieme con colla a caldo per creare la forma, ricoperto successivamente di schiuma per creare gli stampi. Lo stesso metodo fu utilizzato anche per la realizzazione delle ruote in fibra di carbonio.
La Britten ottenne grandi risultati nelle gare dell'epoca, ma se forse avrebbe potuto fare ancora di più, se la sua storia non si fosse tragicamente interrotta nel 1995. La prima gara a cui partecipò fu l’AMA SuperTwins, a Daytona nel 1992. Dopo che la squadra aveva lavorato tutta la notte per riparare un cilindro rotto, causato dalla perdita di refrigerante, il pilota neozelandese Andrew Strowd stava lottando per la vittoria con il canadese Pascal Picotte sulla Ducati ufficiale del Team Fast by Ferracci quando fu costretto al ritiro per un problema alla batteria. Da quel momento in poi, con continui sviluppi e miglioramenti, la moto ha iniziato a vincere molte nella Battle of the Twins, aggiudicandosi anche il primo e il secondo posto nel Campionato Nazionale Superbike in Nuova Zelanda.
La prima partecipazione della Britten all'Isle of Man TT è del 1993, con Shaun Harris nel Senior TT. Dopo problemi elettrici nelle qualifiche, Harris ha avuto un guasto al filtro dell'olio che ha posto fine alla sua gara, ma ha registrato la velocità di punta più alta della gara con 264 Kmh. L'anno successivo, Britten mise insieme una squadra competitiva, con Nick Jefferies e Mark Farmer sulla moto del Team clienti CR&S, guidato da Roberto Crepaldi. Ma l’esperienza si concluse in tragedia quando Farmer morì a causa di una caduta sul veloce tratto di Black Dub, tra Ballacraine e Glen Helen.
Dopo che Stroud vinse la Battle of the Twins a Daytona nel 1994, registrando anche la velocità massima mai raggiunta da una moto con oltre 304 kmh, nel '95, l'anno in cui John Britten morì di cancro, la moto ebbe probabilmente la sua stagione migliore. Dopo aver vinto la gara europea Pro Twins ad Assen, Stroud e il compagno di squadra Stephen Briggs dominarono il campionato mondiale BEARS, finendo primo e secondo nella serie e vincendo tutte le gare tranne una. La Britten si ripetè nella Battle of the Twins a Daytona di nuovo nel 1995, 1996 e 1997.
In totale, sono state costruite 10 Britten, sei prima della morte di John Britten, avvenuta nel 1995 e quattro postume, assemblando i ricambi e i pezzi già esistenti, in onore della promessa fatta da John, di costruire quel numero di moto come minimo.
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