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Moto & Scooter

Yamaha RD 350 LC, il mio nome è leggenda

Luca Bedin
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Yamaha RD 350 LC, il mio nome è leggenda
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La prima versione del 1973 era un modello turistico, ma quando arrivò da noi (contingentata) nel 1981 si era evoluta in una sportiva che sprizzava potenza da ogni cc ed era il sogno proibito di tanti diciottenni

Se negli anni ’80 eravate amanti delle emozioni forti, non potevate non esserne innamorati. Perché la Yamaha RD350LC era emzozione allo stato puro, con il suo bicilindrico due tempi raffreddato ad acqua da quasi 50 CV, un telaietto esile esile, due gommine che a vederle oggi mettono i brividi, niente cupolino, carenatura od orpelli da fighetti. Era la moto “da sparo” per eccellenza. Nuda e cruda. E basta. E pensare che in origine la Yamaha RD 350 era nata come un modello turistico, nonostante la sigla del nome RD che stava per Race Developed. La prima versione del 1973 aveva infatti un impostazione molto tranquilla, con sella lunga e piatta e manubrio alto. Il motore a due tempi bicilindrico frontemarcia di 347 cc (alesaggio 64 mm x corsa 54 mm), era alimentato da due carburatori da 28 mm e raffreddato ad aria, con avviamento a pedale e miscelatore separato, mentre l’impianto frenante era misto, con disco singolo all’anteriore e tamburo al posteriore e le sospensioni erano una semplice forcella teleidraulica con 117 mm d'escursione e una coppia di ammortizzatori con tre possibilità di regolazione. In Italia la moto era importata dalla Italjet, che fino al 1976 fu l’importatore ufficiale della casa di Iwata. Nel 1975, Italjet allestì una versione speciale e più sportiva della RD350 per ricordare la vittoria nel motomondiale di Johnny Cecotto, con un kit estetico che comprendeva sella con codino, serbatoio e parafango anteriore.

La prima versione della RD350, presentata nel 1973, aveva un impostazione molto tranquilla, con sella lunga e piatta e manubrio alto

Una curiosità riguarda il cambio nella versione importata in Italia. Per motivi di legge, all’epoca, la moto poteva avere solo cinque rapporti, mentre il modello originale era dotato di cambio a sei marce. L’importatore Italjet inserì nel cambio un nottolino che impediva l’inserimento della sesta marcia, ma che poteva essere tolto con un semplice intervento in officina, ripristinando così l’originario cambio a sei marce. In ogni caso, la moto veniva pubblicizzata ai tempi come la 350 più veloce sul mercato, grazie alla sua velocità massima dichiarata di 160 km/h. Dobbiamo ricordare al riguardo, che a quei tempi il codice della strada limitava l'uso delle moto di cilindrata superiore a 350 cm³ ai maggiori di 21 anni, per cui il mercato riservato agli under 21 era costituito prevalentemente da moto a quattro tempi come le Honda CB 350, CB 350 Four, le Moto Guzzi V35 e le Morini 350. Inoltre l’importazione di moto giapponesi di quella cilindrata era strettamente contingentata e gravata dall’IVA al 38% per motivi di protezione del mercato verso i marchi nazionali. Per questo motivo la Yamaha RD350 nel 1975 costava la bella cifra di 1.300.000 lire

La pubblicità dell'epoca giocava sul suo comportamento sportivo con il messaggio: "la Yamaha RD350LC è cresciuta in pista"

La seconda versione della RD350 (siglata  4L0) venne presentata al Salone di Parigi del 1979, abbandonando la precedente impostazione turistica per assumere un impostazione più sportiva, in pratica una replica di una moto da corsa. La pubblicità dell'epoca giocava sul suo comportamento sportivo con il messaggio: "la Yamaha RD350LC è cresciuta in pista". Il motore era completamente nuovo, dotato di raffreddamento a liquido, da cui la nuova sigla RD 350 LC (liquid cooled), due carburatori Mikuni da 26 mm e sulla ciclistica vengono introdotti la forcella da 32 mm e la sospensione posteriore Cantilever. L'importatore italiano, che nel frattempo era diventato la Belgarda, riuscì ad importare sul mercato italiano il nuovo modello solo nel 1981 e in soli 200 esemplari. Per questo motivo la moto divenne ricercatissima tra i giovanissimi, attratti dal look assolutamente più ricercato rispetto alle moto nazionali dei tempi e dalla notevole potenza del motore, dichiarata in 47 CV con una velocità massima di 190 km/h. e 13,8 secondi per percorrere da fermo i 400 metri, grazie al peso di 139 kg. La difficoltà nel reperire la moto fece nascere il fenomeno dell’importazione parallela da altri mercati europei (soprattutto Germania e Francia), e le poche moto che arrivavano in Italia venivano vendute a prezzi ben superiori a quelli del listino ufficiale. Le colorazioni disponibili erano bianco con fregi blu-azzurro o rosso-arancio e nero con fregi rosso-arancio, mentre nell’82 venne introdotta la versione blu con fregi bianco-grigio

La novità più importante della terza serie del 1983 è l’introduzione della valvola YPVS (Yamaha Power Valves System)

La terza serie della RD350LC arrivò nel 1983 (sigla 31K), dotata di un telaio completamente nuovo, sospensioni più rigide, serbatoio maggiorato a 20 litri e nuova carrozzeria con cupolino e puntale, mentre la versione F era dotata di carenatura integrale. Nel 1985 venne introdotta una versione N (naked) senza nessuna protezione aerodinamica. La novità più importante della terza serie è però l’introduzione della valvola YPVS (Yamaha Power Valves System), già introdotta nei modelli motocross, che parzializza lo scarico, incrementando la coppia ai bassi e medi regimi. Il motore ora eroga 59 CV a 9.000 giri e la coppia è di 4,8 kgm a 8.500 giri. Di conseguenza viene potenziato anche l'impianto frenate, che oltre al doppio disco all'avantreno, guadagna il disco anche al posteriore. La velocità dichiarata è di oltre 190 km/h.
La quarta serie fu introdotta nel 1986 (sigla 1WT), con modifiche a carena, sella e codino, serbatoio più piccolo da 17 litri, scarichi con terminali cromati e potenza massima di 60 CV a 9.000 giri, con coppia di 5 kgm sempre a 9.000 giri. La moto era proposta nelle versioni N ed F, nuda o carenata.
Dal 1988 cessa la produzione in Giappone e l’RD350 viene assemblata negli stabilimenti Yamaha di Manaus, in Brasile, con finiture decisamente inferiori rispetto al modello giapponese. Nel 1992 viene introdotta la RD 350R (sigla 4CE)  dotata di doppio faro rotondo invece del vecchio faro quadrato. Sarà l’ultimo modello della saga.

La special di Yamaha Motor France

Nel 1980, Jean-Claude Olivier chiese a Hubert Rigal di partecipare al Tour de France Moto con la nuovissima RD350LC. L'obiettivo era quello di lanciare la moto, particolarmente orientata alla competizione, nella leggendaria gara organizzata dalla Federazione Francese di Motociclismo. Hubert Rigal, che aveva già vinto questa competizione nel 1975 e 1976 e che era anche il direttore della comunicazione di Sonauto Yamaha, ha carta bianca per far preparare la 350 in modo che possa competere con le grosse 4T. Teste, cilindri, pistoni e carburatori vengono sostituiti da quelli di una TZ750 OW31 identica a quella di Patrick Pons, campione del mondo 750 nel 1979 nel team Sonauto. Gli scarichi sono realizzati nell'officina di Yves Kerlo. Il nuovo serbatoio del carburante, pur mantenendo la forma e le proporzioni di quello originale, offre una maggiore capacità. Anche il freno posteriore e le ruote Campagnolo vengono da una OW31, l'ammortizzatore è rivisto e le gomme sono Dunlop Racing. Questa RD375LC, che offre una potenza di circa 80 CV per 140 kg, si dimostra molto competitiva: Hubert Rigal vince la prima prova speciale di 20 km con 1 minuto di vantaggio sul secondo, Maurice Chomat su Honda 1000 e si ripete anche nelle due tappe successive, ma una caduta gli provoca la frattura della clavicola rotta e il ritiro dalla gara. L'anno seguente, fu il turno di Gilles Husson di partecipare al Tour de France Moto con la RD375LC, ma un problema elettrico vanificò gli sforzi.
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