Moto & Scooter
BMW G650 XCountry: una moto troppo avanti
Nel 2006 la Casa bavarese lanciò una Scrambler in anticipo coi tempi e un po’troppo cara. Che anticipò una tendenza scoppiata qualche anno dopo
Ci troviamo nel “lontano” 2006, quando BMW Motorrad decide di dare nuovamente uno scopo all’esistenza del motore 652 cc Rotax, che la casa dell’elica aveva già utilizzato sulla F 650 del 1994. Questa volta a Monaco danno vita ad una serie di 3 moto basate su questo motore, vale a dire la G 650 XChallenge, XMoto e XCountry. Già da questo si intravede la lungimiranza di BMW, che, come poi Ducati ha fatto con la famiglia Scrambler ben più tardi (2015), ha declinato in versioni diverse, e talvolta opposte, la stessa moto. La Challenge è la versione più enduristica, mentre la XMoto è la versione più stradale/motard, con il peso più caricato in avanti e le gomme stradali. Entrambe sono “estreme” in una direzione o nell’altra, ed è qui che la XCountry acquista un senso.
La XCountry infatti prende le distanze da entrambe, e si trova sola nel mezzo. È la versione scrambler, emblema del divertimento e della guida spensierata, a suo agio in città, ma ancora di più su una strada bianca nel bel mezzo della campagna toscana. Ed è proprio di questa che parliamo oggi.
VISTA DA VICINO
Ad una vista laterale destra della moto si nota il serbatoio collocato dove di solito troverebbe spazio la scatola filtro. Questa originale soluzione, con il serbatoio che si sviluppa sotto la sella, benché forse renda più pesante e asimmetrico il design della moto, abbassa il baricentro e migliora sensibilmente la maneggevolezza, caratteristica regina della XCountry.
Per il resto, il design è classico, senza fronzoli, ma concreto, e la dotazione è di qualità. Sull’avantreno troviamo un faro tondo dal look moderno, un cruscotto essenziale ed il parafango basso, caratteristiche che ben si sposano con lo stile scrambler della moto. Il codone slanciato e aggressivo è dominato sul lato sinistro dalla presenza del massiccio scarico alto, in pieno stile enduristico. La sella, benché sia la più bassa e comoda della serie X, si trova comunque a 870 mm (riducibili a 840 mm) da terra, una misura non esattamente da fantino, ma occorre tener conto che una volta seduti, la moto si abbassa parecchio grazie alla compressione dell’ammortizzatore posteriore a gas.
MOTORE E CICLISTICA
Una volta a bordo si apprezza la seduta comoda e la postura dritta data dal manubrio a sezione variabile alto e largo, dalle gambe non troppo piegate che si avvolgono sul finto serbatoio (dove in realtà trova posto l’airbox) e dalla gomma che riveste le pedane, unica della serie X con questa caratteristica.
Il motore, come detto in precedenza, è il collaudato Rotax da 652 cc, perfezionato da BMW. Il monocilindrico raffreddato a liquido, bialbero con 4 valvole con alimentazione elettronica e distribuzione a catena è capace di 53 CV a 7.000 giri di potenza e di 60 Nm a 5.250 giri di coppia, ed è omologato Euro3. Questi valori non sono certo da capogiro, ma sono numeri intelligenti e più che giusti per lo scopo e per il pubblico a cui questa moto si rivolgeva. Sono valori che evocano fruibilità, elasticità di erogazione e divertimento, sfruttabili su una strada bianca come su un passo di montagna, anche perché la ciclistica risulta di ottima qualità.
È presente infatti un telaio composto da 4 unità che “abbraccia” su tutti i lati il motore. La componente principale consiste di un telaio doppio trave in acciaio perimetrale con piastre laterali in alluminio imperniate nel punto di fissaggio del forcellone, anch’esso in alluminio, ancorato sul motore che funge dunque da elemento stressato. A supporto del telaio principale ci sono il telaietto posteriore in alluminio, la piastra inferiore sotto il motore ed un telaio anteriore ausiliario, sempre in alluminio.
Il comparto sospensioni è composto all’avantreno da una forcella a steli rovesciati da 45 mm di diametro regolabile in compressione ed estensione, da 240 mm di escursione, ed al retrotreno da un monoammortizzatore a gas regolabile nel precarico ed in estensione, da 210 mm di escursione. Le ruote, a raggi con mozzi in alluminio cavi, hanno misure tipiche del segmento “Scrambler”, con 19’’ all’anteriore e 17’’ al posteriore.
L’ago della bilancia si ferma al valore di 148 Kg a secco, un peso contenuto, tenuto a bada da un impianto frenante dotato di un disco singolo da 300 mm morso da una pinza flottante Brembo a 2 pistoncini all’anteriore e da un disco da 240 mm al posteriore. Già all’epoca era corredata di ABS a due canali disinseribile.
IL PUBBLICO NON LA CAPI'
Ma la XCountry è molto più di quello che i numeri ci raccontano. È pur vero che non ha avuto il successo che probabilmente BMW si aspettava, ma credo che questo non sia dovuto ad un qualche tipo di ragione tecnica. BMW è stata in grado di capire che il segmento Scrambler, in voga negli anni ’50 e ’60, sarebbe potuto tornare di moda. E il bello è che lo ha capito molto prima di Ducati, Triumph e Fantic, solo per fare gli esempi. La “colpa” di BMW è forse più da ricercare nella promozione del suo prodotto, nel marketing.
Ducati, con la sua Scrambler, è riuscita a creare un brand nel brand. Facendo anche sicuramente leva sulla sua storia, ha creato una moto ricca di personalità, aspetto in cui forse, la XCountry è stata un po’ più carente. Ducati è riuscita a vendere non solo un prodotto, ma un’identità, un’idea, un senso di appartenenza. Un’esperienza. L’esperienza di sentirsi davvero liberi quando si leggono sul tappo del serbatoio le parole “BORN FREE”, o come quella di partecipare ai Days of Joy, dove si sperimenta in prima persona la cultura e la passione che c’è dietro questa tipologia di moto.
TROPPO IN ANTICIPO
BMW ha avuto anche la sfortuna di presentare la sua serie X all’alba di una crisi finanziaria mondiale, e il prezzo di 8.480 euro chiavi in mano, non poco per una monocilindrica non specialistica, non l’ha certo aiutata. Intendiamoci, le Scrambler Ducati costano come o più della XCountry, ma, come detto in precedenza, forse si è disposti a pagare di più per qualcosa che ci fa battere il cuore. Questo probabilmente lo ha capito anche la casa dell’elica, quando nel 2016 ha giocato a sua volta la carta del vintage, presentando la R NineT Scrambler. Ma quest’ultima, anche solo per il fatto che costa quasi il doppio della Serie X, non ha quell’aria sbarazzina, quella facilità di guida e soprattutto quella versatilità che rappresentavano il cavallo di battaglia della XCountry. Forse ci siamo accorti troppo tardi dei pregi di questa moto. D’altronde, ci accorgiamo di quanto ci manca qualcosa solo quando non ce l’abbiamo più. Ma per fortuna, oggi, sul mercato, le alternative non mancano di certo.
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