Moto & Scooter
MV Agusta: il bello comincia adesso
Nuovi motori, gamma ampliata anche verso il basso, mezzi elettrici per la micromobilità e la nuova (anzi le nuove) Elefant. Il direttore appena insediato del CRC di San Marino ci racconta la MV che sarà
Finiti gli anni delle mezze partnership e delle nozze con i fichi secchi, MV Agusta ha trovato un proprietario con il portafoglio pesante e la voglia di far volare in alto il più esclusivo dei marchi italiani. Dopo aver rinforzato tutti i reparti con una campagna acquisti in stile calcistico, Timur Sardarov ha ora avviato una importante trasformazione del CRC di San Marino, che tornerà a essere il centro propulsivo dell’azienda in fatto di innovazione tecnica e stilistica.
Da giugno scorso la direzione del Centro Stile è stata assunta da Giorgio Mazzotti, 56 anni di cui oltre la metà passati a disegnare moto e i modi gioviali che ti aspetti da un romagnolo. Abbiamo incontrato Giorgio dopo i suoi primi cento giorni in azienda, quella che gli americani chiamano la “luna di miele” e al termine della quale i nodi iniziano a venire al pettine.
Ciao Giorgio, allora: come stanno andando le cose?
“Bene, c’è tantissimo da fare! L’idea di Timur è di rilanciare l’importanza del CRC facendolo diventare un Centro Stile a tutti gli effetti. Cambieremo la struttura, costruita per Tamburini, che seguiva un’idea di trent’anni fa con la modelleria al piano terra e l’ufficio tecnico al primo piano. Faremo invece un open space dove avere tecnici e stilisti tutti insieme, come deve essere se si vuole integrare come si deve i due aspetti. Il progetto è già approvato e manca poco all’inizio dei lavori. Abbiamo già rimpolpato il team con nuove assunzioni: un giovane designer e una ragazza per Trim&Color, più altre figure che arriveranno dal lato ingegneria; a regime avremo una trentina di persone tra ufficio tecnico e modelleria, una squadra importante e adatta a fare moto… non solo di alta gamma”.
Vi estenderete verso il basso, quindi?
“Abbiamo già iniziato a farlo con la gamma ‘Rosso’, per prendere nuove fette di mercato. Ma la nostra tabella di marcia guarda ovunque e il mercato che si muove di più, in tutto il mondo, è quello delle 350-500. È una fascia che ci piacerebbe aggredire: è già un obiettivo ma per completare il ciclo di prodotti che abbiamo in mente ci vorranno almeno 5 anni”.
"Con la Superveloce 800 abbiamo già sperimentato un processo creativo al 100% virtuale, due anni prima del Covid. MV è già preparata ai nuovi scenari"
Lo farete col marchio Cagiva, come era stato annunciato?
“Col marchio Cagiva stiamo andando al rallentatore, c’è anche un discorso burocratico ancora non del tutto chiarito per sui diritti. Ma a prescindere dal marchio stiamo pensando a una gamma di veicoli elettrici per la mobilità: manterremo il posizionamento di alta gamma ma aprendo a nuove strade, magari in partnership con aziende cinesi. Stiamo lavorando soprattutto sul lato marketing, con l’arrivo di Filippo Bassoli (da Deus Ex Machina, ndr) abbiamo già aumentato la nostra ‘potenza di fuoco’ e saremo sempre più aggressivi”.
Avere la produzione in Cina è sempre delicato quando si fa un prodotto premium, anche se Apple ha dimostrato che è possibile.
“Sì, poi Triumph è in Tailandia da anni, BMW con Loncin fa motori e interi modelli in Cina e nessuno ha mai detto nulla… Poi appena un italiano mette piede in Asia piovono le critiche. Invece Benelli ha abbandonato la fascia premium e sta avendo grande successo con la sua gamma di veicoli economici ma validi. Per quella fascia di mercato la risposta giusta è produrre lì, ma noi italiani spesso siamo troppo conservatori per ammetterlo”.
Il problema è che se i cinesi diventano bravi come noi nello stile, diventa difficile fare la differenza.
“Infatti loro sono partiti molto prima sull’elettrico, in Cina ormai in intere aree la maggioranza dei veicoli è a batteria. E negli ultimi anni non fanno più solo ‘cinesate’ ma oggetti con un design globale per avere appeal in tutto il mondo. Hanno un progetto e una visione ben chiari: io con i cinesi ho lavorato e so che entro il 2025 vogliono diventare leader mondiali nel design: non so se ci riusciranno ma la sfida con loro non è mai facile. Noi possiamo giocare sul valore del marchio: fortunatamente il nostro è riconosciuto e ha una storia, tuttavia non è un processo automatico”.
Anche tra i giovani MV non è particolarmente popolare.
“No ma le ragioni sono chiare: oggi il nostro cliente ha una certa disponibilità economica e una certa età, e va evitato il rischio di avvitarci su questa fascia correndo il rischio che i giovani non ci riconoscano e non ci apprezzino. In Cina e Indonesia ad esempio vanno per la maggiore i marchi giapponesi, che fanno modelli specifici per quei mercati, mentre i ragazzi la MV non sanno nemmeno cosa sia. Ecco perché penso che un veicolo elettrico di alta gamma che rispecchi un po’ l’esclusività MV si possa e anzi si debba fare”.
"La F4 è un ‘animale’ un po’ a sé: porta subito alla SBK, che non è necessariamente il nostro obiettivo. Di idee ne abbiamo avute tante negli anni, arrivando fino a definire il layout, ma la moto non arriverà subito"
Pensate anche a una moto ad alte prestazioni in stile Energica o Harley Livewire?
“Al momento siamo più per i veicoli ‘fun’ e da ultimo miglio. Per quanto riguarda la moto elettrica, a parte l’investimento per ora sproporzionato alle nostre forze che richiederebbe, siamo in generale ben lontani dall’avere un ‘ecosistema’ adatto. Ci vorrebbe una batteria universale e stazioni per fare il cambio batteria in stile Gogoro, ma arrivare a uno standard per le batterie sembra oggi impossibile. Forse partirei dall’ibrido, magari da un 3 ruote dove è più facile distribuire i pesi… ma non è il nostro caso”.
Avete invece già annunciato la nuova Elefant. Come farete se ci sono problemi col marchio Cagiva?
“Faremo come Piaggio con Vespa e Ducati con Scrambler: renderemo Elefant un brand autonomo, sempre di alta gamma ma che potrà vivere a sé stante”.
"La Elefant sarà una nuova famiglia di moto di alta gamma. Monterà il nuovo tre cilindri maggiorato, e sono fiducioso che sarà la più bella delle tante 'eredi' dell'originale"
Oltre che di Cagiva, la Elefant era anche un po’ figlia di Ducati, e a quanto pare ci troveremo con due madri e due figlie…
“Direi di sì. Conosco bene il designer Ducati che ha firmato il prototipo di Eicma, era un po’ sconfortato per aver lavorato due anni sulla Scrambler 1100 e solo due settimane sulla concept per poi vedere tutti i riflettori puntati sulla seconda… Del resto la Elefant è una icona pazzesca, la moto che ha vinto la Dakar contro i giapponesi allora imbattibili”.
E poi, visto che in quegli anni sul lago di Varese viveva anche Husqvarna, non ci siamo fatti mancare una ‘scappatella’ con la Norden 900…
“Già. Mi è piaciuta molto anche lei, dà l’idea di una moto semplice e versatile, più della cugina arancione. Ma sono fiducioso che la nostra sarà ancora più bella e più innovativa. Se rispetta le linee che abbiamo tracciato lo sarà di sicuro. Magari arriverà per ultima, ecco; ma stiamo ragionando sull’eventualità di mostrare a breve almeno il concept”.
"Il nuovo tre cilindri finirà sulla gamma Turismo Veloce, Brutale 800 e Dragster. Stiamo decidendo se limitarci a un restyling o rifare da capo i modelli"
Avete già definito il motore?
“Sì, sarà una evoluzione del nostro tre cilindri. Sarà completamente nuovo, crescerà di cilindrata e finirà anche su altri modelli: nel 2022 sul restyling della Turismo Veloce che ne ha bisogno per confrontarsi con le avversarie; poi su tutta la gamma di Brutale e Dragster. Anzi, stiamo decidendo proprio in queste settimane se limitarci a un restyling o rifare tutto, visto che cambiando il motore c’è l’occasione”.
Intanto avete rinnovato il quattro in linea. Finirà su una nuova F4?
“La F4 è un ‘animale’ un po’ a sé: appena ne parli si pensa alla SBK, che non è necessariamente il nostro obiettivo. Di idee ne abbiamo avute tante negli anni, arrivando fino a definire il layout; ma l’impegno per sostenere un modello del genere è grande e servono spalle larghe, quindi non arriverà subito ma a suo tempo. È una ammiraglia, sappiamo che ne venderemo poche ma serve averla in gamma. E sappiamo che vuoi o non vuoi finiremo per scontrarci con la prima, che è iconica. Sinceramente ho un po’ paura a metterci le mani: puoi anche farla più bella, ma poi nel confronto con Tamburini ci pioveranno addosso le critiche. Ma la voglia c’è”.
Torniamo all’oggi: il Covid ha cambiato il vostro modo di lavorare?
“Sì, e molto; ma avendo MV a Varese e CRC a San Marino, un po’ eravamo già abituati. La Superveloce, ad esempio, era quasi una scommessa del centro stile: riusciamo a fare una bella moto vintage con il telaio e addirittura il serbatoio della F3? Per cui abbiamo saltato del tutto il clay per risparmiare tempi e costi, lo abbiamo mostrato al management con gli occhiali 3D, ed era la fine del 2017, due anni prima del Covid. Certo il Covid ci ha costretti a fare molte più cose a distanza, ma stiamo cercando di sfruttare l’occasione per lavorare in modo diverso anche con i nostri fornitori”.
E dire che lo stile era considerato il lavoro di team per eccellenza...
“Ovviamente il contatto umano contiamo di mantenerlo. Anche perché pur essendo considerati fra i depositari dello ‘stile italiano’, non siamo tutti italiani e vogliamo essere un’azienda internazionale. Ma lo stile italiano ti viene quando vivi in Italia, ne assimili il modo di vivere, il paesaggio, la gente. Lo stile attiva tutti i sensi, secondo me anche l’olfatto… non voglio dire che una moto sia profumata, ma che la moto è un oggetto capace di attivare tutti i sensi: quando una cosa ti piace senti questo trasporto totale, questo desiderio che ti coinvolge per intero. Ecco, per questo il rapporto umano è insostituibile: perché il valore di quello che hai disegnato o modellato lo misuri dalla reazione emotiva del tuo interlocutore. E perché non puoi disegnare una MV se non sei immerso nel mondo MV”.
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