Moto & Scooter
Yamaha FZ 750, passione Anni 80
A metà degli Anni 80 Yamaha lanciò una rivoluzione tecnica che sarebbe resistita fino al nuovo millennio: le cinque valvole per cilindro. Le portò al debutto nel 1985 questa sportiva che gareggiò anche nel mondiale SBK con Fabrizio Pirovano
1985, un’ottima annata
Quella del 1985 fu una stagione eccezionale, con tutti i presupposti perché fosse un anno Suzuki, che aveva presentato due modelli decisamente rivoluzionari: la RG500 Gamma, replica stradale della quattro cilindri a due tempi da GP, e la GSX-R 750, a sua volta ispirata alla moto vincitrice del campionato endurance. Kawasaki in quell'anno si era "inventata" la classe 600 con la GPz 600 R, mentre Honda era rimasta un po' spiazzata in questo settore e per vedere la nuova VFR 750 sarebbe stato necessario attendere ancora 12 mesi. L'imperativo era stupire, e Yamaha ci provava con la FZ 750, partendo da un concetto relativamente semplice: tutte le moto oggi hanno quattro valvole per cilindro? Bene, noi ne aggiungiamo una.Venti valvole, oltre 230 km/h!
La scelta aveva un importante impatto a livello di marketing, perché nessun costruttore aveva mai introdotto su un prodotto di serie una soluzione simile, ma rappresentava anche una pietra miliare in termini tecnici. Perché la disposizione radiale delle valvole (tre di ammissione da 21 mm e due di scarico da 23) consentiva tra l'altro di ottenere condotti di ammissione rettilinei, camere di combustione più efficaci e aumentare il rapporto di compressione.
L'obiettivo principale non era ancora nell'ottica dell'ecocompatibilità, ma era esclusivamente concentrato nella direzione delle massime prestazioni. E infatti i numeri erano di tutto rispetto: il quattro cilindri venti valvole erogava una potenza dichiarata di "oltre 100 CV" a 10.500 giri, per una velocità di oltre 230 km/h, che era in assoluto la più elevata per una settemmezzo di serie.
Una giapponese unica
Solo la Suzuki GSX-R 750, che costava circa 300.000 lire in più, riusciva ad avvicinarla, mentre tutte le altre rivali stavano a guardare, ad almeno 10 km/h di distanza. Tuttavia, nonostante le prestazioni non fossero in discussione e non ci fosse nessun brevetto a proteggere il progetto, le cinque valvole non presero il posto delle quattro a livello mondiale, al contrario la sola Aprilia scelse di sfruttare questa tecnologia per equipaggiare il motore monocilindrico della Pegaso 650, prodotto dalla Rotax.
Però la forza della FZ non era costruita esclusivamente sulla particolare distribuzione: questa moto era un vero e proprio concentrato di idee, alcune delle quali erano l'embrione di soluzioni ancora attuali. Non era leggerissima (209 kg dichiarati a secco) e nemmeno agilissima nello stretto, e questo dipendeva in parte dall'interasse, in parte dal fatto che all'epoca si era generata un po' di confusione nella scelta delle misure delle ruote, e Yamaha in particolare aveva scelto i 18" al posteriore e i 16 davanti.
In compenso si distingueva per il baricentro basso, risultato della scelta combinata di realizzare un motore più stretto rispetto alle moto concorrenti, inclinato in avanti e inserito all'interno di un telaio perimetrale. Nel dettaglio, l'alternatore non era più posto all'estremità dell'albero a gomiti, ma dietro ai quattro cilindri piegati in avanti di 45 gradi. Il telaio in tubi quadri di acciaio era apparentemente simile a quelli classici, in realtà anticipava l'impostazione che sarebbe stata realizzata qualche anno più tardi con i Deltabox in alluminio, lasciando ampio spazio all'inserimento di airbox di generose dimensioni.
La 750 di serie più veloce
All'epoca esistevano già le sportive che nell'aspetto ricordavano i modelli da competizione, ma Yamaha preferì puntare su un aspetto più tranquillo, con una semicarena che lasciava ben visibile il quattro cilindri a 20 valvole. Era il look da superbike, che in quegli anni aveva un significato diverso da quello attuale, che prendeva ispirazione dallo stile americano, dove gli yankee si divertivano a correre con modelli derivati dalla grande serie, soprattutto nell'aspetto. E visto che in Yamaha avevano già sotto contratto un americano del calibro di Eddie Lawson, nel 1986 ne approfittarono per schierarlo al via della regina delle gare superbike USA: la 200 Miglia di Daytona. Con un eclatante successo che contribuì a confermare la FZ come la 750 di serie più veloce e guidabile di quelle stagioni.Da noi, in Italia, iniziò a dominare le prove comparative sulle riviste specializzate e conobbe un momento mondano di popolarità quando divenne coprotagonista del film Troppo Forte, nel quale Carlo Verdone interpretava in sella alla FZ il colorito ruolo di Oscar Pettinari, che campa facendo la comparsa a Cinecittà.
La prova
Oggi che le 750 sportive sono ormai quasi estinte - si passa dalle 600 alle 1000 - avvicinarsi a una FZ, la prima della serie, quando ancora non si chiamava Genesis, può generare un po' di tenerezza. Non fosse altro per la dimensione delle ruote, con al posteriore una 130/80-HR18, che impressiona per snellezza e profilo se messa a fianco della 180/55 di un'odierna sportiva media.
Appena ci si mette in movimento, poi, si fa sentire il peso, ma poi si scopre tutto il temperamento offerto dalle 20 valvole. Tra il polso destro e i quattro carburatori rigorosamente "Euro0" c'è solo la treccia d'acciaio del cavo, non un minimo di elettronica e anche a 32 anni di distanza i cavalli si fanno sentire. C'è la coppia e c'è la progressione su una moto sportiva che non risulta mai troppo scomoda o troppo impegnativa. Quando però arriva il momento di frenare, nonostante i tre dischi, si capisce che le generazioni, almeno quattro, non sono trascorse invano.
Passione Anni 80
La FZ ha un suono inconfondibile, pieno, però all'improvviso in rettilineo si ammutolisce... Sarà colpa dell'età? Di un impianto elettrico datato o di qualche deposito nel serbatoio che blocca l'alimentazione? Niente di tutto questo, la moto è semplicemente entrata in riserva e per tornare a sentirla urlare è sufficiente premere l'interruttore posto alla base del cupolino, che attiva elettricamente la riserva. Oggi è un lontano ricordo, ma in quegli anni tutte le altre moto avevano i classici rubinetti della benzina che andavano ruotati a mano (e rapidamente!) per evitare di far spegnere il motore. La FZ sapeva stupire anche con quel pulsante che, in qualche modo, proiettava nel futuro.
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