Moto & Scooter
Passione vintage: Kawasaki ZXR 400, nessuna come lei
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Piccola, cattiva e spinta da un quattro cilindri da godere tutto in zona rossa, visse in una sorta di monopolio (le colleghe di Honda, Suzuki e Yamaha non venivano infatti importate in Italia) e questo contribuì a renderla ancora più intrigante. Oggi è rimasta una piacevolissima sportiva che non richiede troppo impegno nella guida
Oggi le vogliamo facili, poco impegnative, divertenti ma senza eccessi, per portarci a scuola o al lavoro tutti i giorni. C'è stato un tempo, però, in cui le piccole cilindrate erano tali solo nei centimetri cubi dei propulsori: moto sportive vere, senza fronzoli, che fotocopiavano velleità e ambizioni delle "sorelle" di maggior cubatura. Negli Anni 90, soprattutto in Giappone, ma anche in alcuni Paesi europei, le 400 cc spopolavano, mentre in Italia la Kawasaki fu l'unica moto della categoria a mettere ufficialmente le ruote mente nel nostro Paese.
La Kawasaki ZXR 400 nasceva così, col suo quattro cilindri capace di frullare a rotazioni impensabili (la zona rossa del contagiri è posta oltre i 14.000 giri!), design e dotazione tecnica che non lasciavano spazio ad interpretazioni. Va da sé che la Kawasaki ZXR 400 per anni abbia giocato un ruolo "fuori dal coro", conquistando un discreto successo tra quanti puntavano alla sportività senza un'eccessiva esuberanza da domare col polso destro.
Debuttò sul mercato nel 1989 con la serie H, che nel 1991 lasciò il posto alla versione L; da allora e fi¬no al 1999, quando uscì di produzione, la moto rimase sostanzialmente invariata. L'esemplare che abbiamo provato è del 1994: a guardarla oggi è una splendida ventenne capace di far girare la testa a giovani e meno giovani, ispirando cose che mai oseremmo confessare. Alle Forze dell'Ordine, ovviamente. Una moto "avanti" per la quale il tempo si è fermato, tanto che anche oggi la quattro cilindri giapponese farebbe la sua bella figura nelle vetrine delle concessionarie accanto a moto ben più recenti. Pochi i dettagli fuori moda, dal telaietto a vista del cupolino ai due vistosi convogliatori che portavano aria fresca direttamente all'airbox. Ma guai a toccarli: erano uno dei suoi pezzi più caratteristici e le donavano un'inusitata cattiveria, insieme alle corrispondenti "bocche" sul frontale. Tecnicamente, poi, la Kawasaki ZXR 400 proponeva il massimo per l'epoca: compatto telaio a doppia trave, forcella a steli rovesciati e ammortizzatore entrambi regolabili nel precarico della molla e nell'idraulica in estensione.
Oggi che le pinze radiali sono di serie anche sulle 125, il sistema flottante a due pistoncini anteriore fa quasi sorridere, mentre all'epoca era un signor impianto frenante, mentre i pneumatici erano di generose dimensioni per quei tempi. Il quattro cilindri con distribuzione a 16 valvole viene celato completamente alla vista dalla carenatura: estremamente compatto nelle dimensioni e alimentato da una batteria di quattro carburatori da 32 mm, era accreditato nella versione "L" di 65 CV a 13.000 giri e 36,3 Nm di coppia a 12.000 giri, 3 CV in più rispetto alla precedente versione "H" (quest'ultima più pesante di 4 kg e leggermente meno compatta).
Debuttò sul mercato nel 1989 con la serie H, che nel 1991 lasciò il posto alla versione L; da allora e fi¬no al 1999, quando uscì di produzione, la moto rimase sostanzialmente invariata. L'esemplare che abbiamo provato è del 1994: a guardarla oggi è una splendida ventenne capace di far girare la testa a giovani e meno giovani, ispirando cose che mai oseremmo confessare. Alle Forze dell'Ordine, ovviamente. Una moto "avanti" per la quale il tempo si è fermato, tanto che anche oggi la quattro cilindri giapponese farebbe la sua bella figura nelle vetrine delle concessionarie accanto a moto ben più recenti. Pochi i dettagli fuori moda, dal telaietto a vista del cupolino ai due vistosi convogliatori che portavano aria fresca direttamente all'airbox. Ma guai a toccarli: erano uno dei suoi pezzi più caratteristici e le donavano un'inusitata cattiveria, insieme alle corrispondenti "bocche" sul frontale. Tecnicamente, poi, la Kawasaki ZXR 400 proponeva il massimo per l'epoca: compatto telaio a doppia trave, forcella a steli rovesciati e ammortizzatore entrambi regolabili nel precarico della molla e nell'idraulica in estensione.
Oggi che le pinze radiali sono di serie anche sulle 125, il sistema flottante a due pistoncini anteriore fa quasi sorridere, mentre all'epoca era un signor impianto frenante, mentre i pneumatici erano di generose dimensioni per quei tempi. Il quattro cilindri con distribuzione a 16 valvole viene celato completamente alla vista dalla carenatura: estremamente compatto nelle dimensioni e alimentato da una batteria di quattro carburatori da 32 mm, era accreditato nella versione "L" di 65 CV a 13.000 giri e 36,3 Nm di coppia a 12.000 giri, 3 CV in più rispetto alla precedente versione "H" (quest'ultima più pesante di 4 kg e leggermente meno compatta).
La Kawasaki ZXR 400 non è racing solo nel design: è piccola, sbilanciata sull'anteriore fino a far venire male ai polsi, una sportiva all'ennesima potenza, con solo le pedane insolitamente avanzate rispetto a quanto ci si aspetterebbe, cui ci si fa subito l'abitudine. Il quattro in linea gira rotondo e lineare fin dai regimi più bassi: non strabilia, la lancetta dei giri sale lentamente, ma la regolarità dell'erogazione consente di viaggiare senza strappi anche in sesta marcia a velocità urbane. È chiaro, comunque, che "il bello" è altrove, perché la spinta pure ai medi resta poco emozionante. Una lunga attesa che si protrae fin dopo i 10.000 giri, quando il roboante sottofondo dell'aspirazione accompagna una vertiginosa scalata del contagiri e la coppia acquisisce tutt'altro spessore.
Quando il motore sembra urlare a regimi impossibili, basta un'occhiata alla strumentazione per capire quanto sia lontano il limitatore, fissato ben oltre i 14.500 giri. Quello che a quei tempi era noto come "il calcio nel sedere" si arresta infatti solo a questo regime, chiamando il rapporto superiore per continuare a divorare strada con voracità. Per sfruttare a fondo il propulsore è comunque necessario utilizzare spesso il cambio, ma anche in questo caso ci si fa subito l'abitudine. Di sicuro la regolarità del motore è lontana anni luce dalla spigolosità tipica di un due tempi, ovvero di quelle bicilindriche 250 cc che all'epoca rappresentavano la migliore concorrenza per la media di Akashi.
Le sue dimensioni compatte trovano riscontro nella guida: intuitiva ed estremamente maneggevole, la ZXR 400 ancora oggi sorprende per l'esaltante rapidità di esecuzione dei comandi. Oltre al peso e alle dimensioni contenute, il merito di tanta agilità deriva dall'interasse di soli 1.385 mm e dal pneumatico anteriore, che nella misura 120/60 sfrutta la spalla bassa (oggi si usa il "/70") a tutto vantaggio dell'immediatezza nelle risposte.
Tra le mani di un pilota esperto la Kawasaki ZXR 400 può riservare grandi soddisfazioni: assimilato il carattere del propulsore e "fatto l'orecchio" all'urlo lancinante (e ingannevole, per chi al bar aspetta di veder sfrecciare un missile) del motore quando si spremono a fondo marce, la moto mostra il dente avvelenato tra i tornanti e nelle svolte più strette, dove aggredisce le curve con una disinvoltura imbarazzante, invogliando ad aprire il gas con sempre maggiore decisione.
Scopri tutti i dettagli della Kawasaki ZXR400, clicca qui!
Quando il motore sembra urlare a regimi impossibili, basta un'occhiata alla strumentazione per capire quanto sia lontano il limitatore, fissato ben oltre i 14.500 giri. Quello che a quei tempi era noto come "il calcio nel sedere" si arresta infatti solo a questo regime, chiamando il rapporto superiore per continuare a divorare strada con voracità. Per sfruttare a fondo il propulsore è comunque necessario utilizzare spesso il cambio, ma anche in questo caso ci si fa subito l'abitudine. Di sicuro la regolarità del motore è lontana anni luce dalla spigolosità tipica di un due tempi, ovvero di quelle bicilindriche 250 cc che all'epoca rappresentavano la migliore concorrenza per la media di Akashi.
Le sue dimensioni compatte trovano riscontro nella guida: intuitiva ed estremamente maneggevole, la ZXR 400 ancora oggi sorprende per l'esaltante rapidità di esecuzione dei comandi. Oltre al peso e alle dimensioni contenute, il merito di tanta agilità deriva dall'interasse di soli 1.385 mm e dal pneumatico anteriore, che nella misura 120/60 sfrutta la spalla bassa (oggi si usa il "/70") a tutto vantaggio dell'immediatezza nelle risposte.
Tra le mani di un pilota esperto la Kawasaki ZXR 400 può riservare grandi soddisfazioni: assimilato il carattere del propulsore e "fatto l'orecchio" all'urlo lancinante (e ingannevole, per chi al bar aspetta di veder sfrecciare un missile) del motore quando si spremono a fondo marce, la moto mostra il dente avvelenato tra i tornanti e nelle svolte più strette, dove aggredisce le curve con una disinvoltura imbarazzante, invogliando ad aprire il gas con sempre maggiore decisione.
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Le concorrenti della Kawasaki ZXR400
La Kawasaki ZXR 400 è stata l'unica sportiva quattro cilindri della sua categoria importata ufficialmente in Italia. In Giappone, così come in alcuni mercati europei (ad esempio Olanda e Inghilterrra), la quattro cilindri di Akashi si è dovuta invece scontrare contro concorrenti agguerrite, tra cui le altre tre "sorelle" giapponesi (Honda, Suzuki, Yamaha), presenti sul mercato ognuna con un prodotto altrettanto valido e intrigante.
Oltre che dalla ZXR 400, le vetrine delle concessionarie straniere erano popolate dalle Honda CBR400RR, Suzuki GSXR400R e Yamaha FZR 400R. Da noi, di queste bestiole tutto pepe ne sono arrivate pochissimi esemplari, che non a caso oggi rappresentano succulente prelibatezze per i collezionisti.
Oggi come allora, la Kawasaki è stata la prima a rilanciare sul mercato la sportiva di "mezzo" con la Ninja 250R nel 2008, poi sostituita dalla odierna Kawasaki Ninja 300.
Oltre che dalla ZXR 400, le vetrine delle concessionarie straniere erano popolate dalle Honda CBR400RR, Suzuki GSXR400R e Yamaha FZR 400R. Da noi, di queste bestiole tutto pepe ne sono arrivate pochissimi esemplari, che non a caso oggi rappresentano succulente prelibatezze per i collezionisti.
Oggi come allora, la Kawasaki è stata la prima a rilanciare sul mercato la sportiva di "mezzo" con la Ninja 250R nel 2008, poi sostituita dalla odierna Kawasaki Ninja 300.
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