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A volte ritornano: la seconda vita del turbo

di Christian Cavaciuti il 16/12/2013 in Moto & Scooter

A Tokyo Suzuki e Kawasaki hanno presentato due prototipi di motore sovralimentato. Ma a che punto stanno veramente le cose?

A volte ritornano: la seconda vita del turbo
Il motore della Kawasaki GPZ
Si ricordano sempre gli anni Ottanta come anni un po' ingenui. molto spensierati e di sicuro pieni di magia. In quanto pieni di magia, erano pieni anche di parole magiche, e la più magica di tutte è stata probabilmente "Turbo". Una parola così carica di emozioni, aspettative e mistero da uscire dallo stretto ambito della tecnologia motoristica per diventare di uso comune (e inevitabilmente improprio).
In realtà di magico il turbo non aveva molto. Ma l'origine della sua "magia" è probabilmente un'altra, e sta nel fatto che il turbo moltiplicava per dieci, più che la potenza, tutti gli ingredienti del fascino dei motori. Per far funzionare il compressore, i gas di scarico devono avere un'energia che viene raggiunta solo in certe condizioni: di conseguenza, il compressore veniva escluso ai bassi ed entrava bruscamente in azione a un certo punto. All'epoca c'erano i 2T e l'entrata in coppia era un fenomeno ben noto, ma l'effetto del turbo era quello di un calcio ancora più vigoroso, che regalava sulle auto tanta adrenalina e tanti problemi di controllo; sulle moto, tanta adrenalina e problemi di controllo quasi insormontabili.
I progressi della fluidodinamica e dell'elettronica hanno molto cambiato le cose, e oggi i turbo sono tornati. Li trovate su quasi tutte le auto di fascia medio-alta, dove il prezzo di listino permette di investire un po' di più in tecnologia e in efficienza. E a Tokyo Kawasaki e Suzuki hanno presentato le loro idee su come potrebbe essere fatto, oggi, un turbo da moto.
A volte ritornano: la seconda vita del turbo

Kawasaki ha presentato un 4 cilindri 1.400 dotato di un turbo costruito internamente, grazie alle competenze sviluppate negli anni dalla Casa. Si tratta soprattutto di una vetrina proprio delle abilità tecnologiche Kawasaki: la girante della turbina deve sopportare regimi di rotazione altissimi (dell'ordine dei 100.000 giri/min) e temperature che possono anche superare i 1.000 °C.

A dire il vero circolano disegni di un brevetto Kawasaki relativo a un motore con compressore volumetrico azionato per via meccanica, quindi senza le complicazioni relative alla costruzione della turbina e anche alla gestione del cosiddetto "turbo-lag", il ritardo nell'intervento del compressore di cui si parlava prima, legato all'insufficiente pressione dei gas di scarico ai bassi regimi. Sembra un motore pronto per entrare in produzione, e con una cilindrata già così elevata non può che essere concepito per erogare una coppia strepitosa su un range di regimi molto ampio, perfetta per il turismo veloce.

A volte ritornano: la seconda vita del turbo

Diversa la filosofia di Suzuki, che sulla sua concept Recursion ha presentato un vero sistema a turbocompressore con tanto di intercooler (che raffredda l'aria dopo che il compressore, comprimendola, la ha anche riscaldata) montato su un bicilindrico di 588 cm3. In questo caso il turbo arriva da un fornitore (probabilmente Mitsubishi) e si raggiungono una potenza simile a quella di un 600 quattro cilindri con la coppia di un 1000, per di più disponibile a regimi molto bassi.

Va anche detto che il turbo è sempre sensibile alle pulsazioni di pressione nei condotti di scarico, quindi le cose si complicano ulteriormente per frazionamenti al di sotto dei 3 o 4 cilindri; anche l'intercooler ruba spazio e emette calore (in pratica è un radiatore), e il collocamento sotto la sella della Recursion pare andar bene per una concept, ma meno per una moto di serie; sia come sia, anche il motore della Recursion pare pronto per andare in produzione.

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