Eicma 2013
Moto & Scooter
La moto che verrà
I costruttori chiedono sorveglianza del mercato, armonizzazione delle regole d'omologazione a livello planetario e rimozione delle barriere commerciali. Basterà per uscire dalla crisi europea del nostro settore?
La cosa che preoccupa di più le case è l'aumento dei costi. Soprattutto ora che i volumi di produzione sono calati. Un fatto che costringerà a spalmare su un numero inferiore di pezzi gli investimenti necessari per gli aggiornamenti tecnici.
Al di là di questo però, andando un po' fuori tema, nel corso del dibattito è emerso con chiarezza che l'Europa è destinata a diventare una colonia commerciale dell'Oriente.
Lo raccontano meglio di tante parole due frasi pronunciate dal segretario generale dell'Acem, Jacques Compagne. La prima è la chiusura del suo primo intervento, rivolto ai politici europei: "ci aspettiamo supporto per esportare al di fuori dell'Europa i nostri prodotti, e non per spostarvi le linee produttive". La seconda, a fine convegno: "l'Europa ormai è un mercato molto ristretto, ma ci sono enormi potenzialità al di fuori del nostro continente".
Basta fare 2+2 per capire che per le aziende motociclistiche, la fuga in altre parti del mondo è una conseguenza ineluttabile della situazione che si sta creando. Del resto, dei tre costruttori al tavolo, due (Piaggio e Brembo) già producono massicciamente in Cina. Mentre Ducati resiste attaccata al suo fascino di prodotto "made in Italy", che sconta però con costi superiori.
Durante il convegno intanto, fuori dai cancelli, gli operai dell'Aprilia di Scorzè, fermi fino a fine anno, facevano un volantinaggio per denunciare la loro situazione.
Le aziende reclamano un controllo del mercato, per impedire la concorrenza sleale di prodotti orientali costruiti al risparmio e non conformi alle norme di qualità e sicurezza.
Poi chiedono al mondo politico di intervenire per rimuovere le barriere commerciali; che siano visibili come i dazi, o invisibili, come certe norme nazionali che mettono fuori gioco il prodotto europeo. Un esempio per tutti: la Corea del Sud, dove è praticamente impossibile circolare con moto oltre i 250cc.
Un forte grido d'allarme lo ha lanciato Claudio Domenicali, della Ducati: serve una decisa armonizzazione delle norme d'omologazione. Un passaggio fondamentale per far scendere i costi di produzione delle moto. Perché a oggi, le case sono costrette a produrre moto differenti in funzione delle differenti prescrizioni.
Cosa che diventa tanto più un problema nel mondo globalizzato, dove la comunicazione è gratuita e velocissima: "quando lanciamo un nuovo prodotto dobbiamo essere pronti a commercializzarlo simultaneamente in tutto il mondo -ha detto Domenicali-".
Al momento sono in corso colloqui per arrivare a un protocollo che metta insieme le norme UE e quelle ONU. Ci vorrà tempo, ma l'obiettivo delle case è arrivare a produrre un'unica moto che possa essere venduta in tutto il mondo.
A parte questo, ha colpito capire quanto il protocollo Euro5 per le moto (dovrebbe entrare in vigore nel 2020) sia in forse. Nel 2015 si farà uno studio per capire i risvolti dell'entrata in vigore dell'Euro4 e la fattibilità dello step successivo. Ma sono molti i tecnici dei vari paesi a ritenere che i limiti imposti alle emissioni dal 5° capitolo sarebbero troppo severi.
Infine un paio di appunti
Leo Mercanti ha ribadito l'interesse della Piaggio per i veicoli elettrici, rimarcando che mancano le infrastrutture per sviluppare tale tipo di trazione. A Pontedera si sentono pionieri nell'elettrico. Insomma, ci credono.
La Ducati invece ha rivelato di essere al lavoro su un sistema integrato di doppio airbag, uno sulla moto e l'altro sul pilota. Ma manca una normativa specifica!
La Honda è sul mercato da anni con la Gold Wing equipaggiata con tale dotazione e non esiste una normativa d'omologazione specifica che dica ai costruttori come realizzarla. Sembra incredibile, vero?
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