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Yamaha R6 2008

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"Più cattiva di così si muore". E invece a Iwata sono riusciti a costruire una media dall'urlo lacerante e dalla guidabilità che sfiora la perfezione. Resta solo da definire il prezzo e decidere il concessionario da cui comprarla a fine novembre…

Yamaha R6 2008
Yamaha R6 2008
Sugo (GIA) - Un ritocco al vestitino ci voleva. Le carene, dalle forme tecniche e leziose allo stesso tempo, hanno visto la penna del designer apporre alcuni ritocchi nella zona dei fianchi dove sono state ridisegnate le prese d'aria. Il codino è ancora più appuntito ed è in due parti. Ma il "family look" è sempre lo stesso: aggressivo, dalle linee affilate come rasoi che danno anche da ferma l'idea della velocità.

La posizione in sella è ancora estrema, con il manubrio fortemente angolato e il piano di seduta avanzato, il tutto per caricare il più possibile l'avantreno.
La ciclistica riprende lo schema precedentemente utilizzato, ma ora il Deltabox è stato irrigidito nella zona dello sterzo e reso più flessibile sui fianchi. Ritocchi anche al forcellone anch'esso rivisto nella rigidità, soprattutto per migliorare il feeling in accelerazione. Grandi, invece, le novità sotto le sovrastrutture: il motore ha ricevuto in eredità dalla sorella R1 il sistema di aspirazione con cornetti a lunghezza variabile, denominato YCC-I.
Questo, assieme al sistema di controllo elettronico dell'apertura del gas YCC-T, consente al quattro cilindri quattro valvole di raggiungere regimi di rotazione - e quindi potenze - molto elevate senza sacrificare i bassi regimi, tallone d'Achille delle medie cilindrate e soprattutto della vecchia R6.
I tecnici Yamaha hanno badato alla sostanza piuttosto che a un più semplice “face-lifting”. E la pista giapponese di Sugo è l’ideale per mettere alla prova la nuova supersport, con i sui saliscendi e gli allunghi “strozza-motore”, un banco di prova severo per provare le nuove doti del propulsore e del telaio della R6. In configurazione standard la moto monta pneumatici Bridgestone BT016, un prodotto ancora nuovo che probabilmente sostituirà in un prossimo futuro le BT014.
La pista si sta asciugando dalla pioggia del mattino, ma la traccia della traiettoria è abbastanza asciutta da cominciare ad osare. Il grip molto buono, unito al profilo rotondo dei pneumatici, ci fanno apprezzare le reazioni meno nervose del nuovo modello.
La discesa in piega è svelta, forse non fulminea come quella della vecchia versione, ma la maggior precisione nell’inserire le ruote sulla linea prescelta spingono ad osare parecchio. Il bello è che l’avantreno risponde con solida precisione ai comandi del pilota e quando il ritmo si alza, emerge la superiore stabilità in ogni frangente.
Ma il bello deve ancora venire; ci attendono tre turni con le super “adesive” BT002 fornite e montate dai tecnici Bridgestone. Il grip è immensamente più alto e le gomme appena sfilate dalle termocoperte offrono da subito almeno il 90% del loro potenziale. Forziamo davvero e nelle staccate più impegnative come quella che segue il rettilineo e ci gustiamo la dolce potenza dei dischi anteriori che riescono a scaricare tutto il loro mordente senza ripercussioni sul posteriore, dove la ruota nemmeno si sogna di saltellare grazie all’ottimo intervento della frizione antisaltellamento. Solo quando si intende prolungare la staccata fin quasi alla corda della curva conviene aiutare l’azione della frizione con una pizzicata alla leva sinistra, ma è un accorgimento che vale più o meno sempre quando si cerca il limite.
Il motore sembra, e per molti versi lo è, derivato da un prototipo di F1, tanto è grande la sua propensione a prendere giri e tanto è gestibile la sua potenza. Rispetto a un’unità racing pura manca forse un po’ di spinta, nel senso di kgm direttamente avvertibili dal pilota ai medi regimi e - per chi volesse cercare il pelo nell’uovo – a quelli più bassi. Ma il suono che proviene dalla cassa di aspirazione quando le sezioni più lunghe dei cornetti si distaccano è un qualcosa che dà i brividi. A Sugo il tratto di rettilineo che raccorda due svolte a sinistra da seconda marcia, dà la possibilità di mantenere il propulsore nei pressi del limitatore, quando addirittura non si arrivi a “prenderlo”. In quel momento si ha la netta sensazione di cosa voglia dire guidare una moto da corsa vera.
Il massimo, il tempo sul giro, per questo è nata la R6. Una moto che esalta tra i cordoli ma si sente meno a suo agio sulle strade di tutti i giorni, proprio per le caratteristiche che le sono congenite.
Motore: 4 cilindri in linea trasversali a 4 tempi, raffreddamento a liquido; alesaggio per corsa 67,0x42,5 mm; cilindrata 599 cc; rapporto di compressione 13,1:1. Distribuzione bialbero a camme in testa con comando a catena e 4 valvole per cilindro. Alimentazione a iniezione elettronica con cornetti di aspirazione ad altezza variabile, diametro corpi farfallati nd. Capacità serbatoio carburante 17,3 litri (di cui 3,4 di riserva). Lubrificazione a carter umido.

Trasmissione: primaria ad ingranaggi, finale a catena (45/16). Frizione multidisco in bagno d’olio con dispositivo antisaltellamento e comando meccanico. Cambio a sei marce.

Ciclistica: telaio a doppio trave diagonale in alluminio; sospensione anteriore, forcella rovesciata da 41 mm completamente regolabile, escursione ruota 115 mm; sospensione posteriore, forcellone con monoammortizzatore completamente regolabile anche alle basse e alte velocità di scorrimento, escursione ruota 120 mm. Pneumatici: anteriore 120/70-ZR17, posteriore 180/55-ZR17. Freni: anteriore a doppio disco flottante in acciaio da 310 mm e pinze con attacco radiale a 4 pistoncini, posteriore a disco singolo in acciaio da 210 mm e pinza a singolo pistoncino.

Dimensioni (in mm) e peso: lunghezza 2.040, larghezza 705, altezza sella 850, interasse 1.380. Peso a secco 166 kg.

Prestazioni dichiarate: potenza 94,9 kW (129 CV) a 14.500 giri, coppia 65,8 Nm (6,7 kgm) a 11.000 giri.
Yamaha R6 2008
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