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Moto & Scooter
Dell'Orto: il futuro del carburatore
di Alberto Dell'Orto
il 16/10/2007 in Moto & Scooter
Un marchio famoso, tradizionalmente simbolo di prestazioni e tecnica raffinata, si confronta con l'evoluzione della tecnologia e dei mercati. La nuova, e forse ultima, versione di carburatore motociclistico e la prima versione di iniezione integrata
Per prima cosa sento il bisogno di fugare qualsiasi dubbio: l'omonimia tra me e la famiglia che da tre generazioni è uno dei simboli del motorismo lombardo e del made in Italy è solo una coincidenza di origini territoriali, in quella operosa Brianza che mio nonno idraulico lasciò con gli sconvolgimenti della guerra e che invece la genìa di industriali non ha mai abbandonato.
Per la verità un cambiamento, in qualche modo storico, è stato il recente trasferimento in quel di Cabiate di tutte le potenzialità produttive e del settore ricerca e sviluppo dalla storica sede di via San Rocco a Seregno.
Per la verità un cambiamento, in qualche modo storico, è stato il recente trasferimento in quel di Cabiate di tutte le potenzialità produttive e del settore ricerca e sviluppo dalla storica sede di via San Rocco a Seregno.
Lì, dove tutto è iniziato nel 1933, quella che per molti decenni si sarebbe fregiata del titolo un po' retorico di Industria Nazionale Carburatori nacque come costola di un'altra azienda di famiglia, produttrice di macchine utensili e, in tempi di grande sviluppo del motorismo nostrano, particolarmente sinergica alla produzione dei sistemi di miscelazione del carburante.
Da allora, ma soprattutto dal dopoguerra, la Dell'Orto ha rivestito nell'immaginario degli appassionati di motori un ruolo di grande prestigio: là dove si crea la potenza, quel marchio era sinonimo di prestazioni al top, confermate dalle realizzazioni per le titolatissime moto italiane da Gran Premio, fino ai kart, alle auto, e soprattutto alle elaborazioni. I mitici SSI da competizione, l' SHA 15/15 (il "15 pari"), il PHBG 19, il PHBE 32, il VHSB 39, il PHM 40 sono stati per molte generazioni, e in qualche modo ancora oggi, emblemi di velocità e potenza, il dettaglio che permetteva alla meccanica di serie di esprimere il massimo delle potenzialità, la raffinatezza da intenditori da sfoderare per zittire o ammaliare gli amici nelle dispute motoristiche.
Oggi il panorama è cambiato: le normative antinquinamento sempre più stringenti implicano una precisione di dosatura del carburante che nessun carburatore, per quanto raffinato nel progetto e curato nell'esecuzione, può garantire. La risposta della Dell'Orto è duplice: affinamento al limite dell'oggetto meccanico e sviluppo in parallelo di un sistema elettronico.
Da allora, ma soprattutto dal dopoguerra, la Dell'Orto ha rivestito nell'immaginario degli appassionati di motori un ruolo di grande prestigio: là dove si crea la potenza, quel marchio era sinonimo di prestazioni al top, confermate dalle realizzazioni per le titolatissime moto italiane da Gran Premio, fino ai kart, alle auto, e soprattutto alle elaborazioni. I mitici SSI da competizione, l' SHA 15/15 (il "15 pari"), il PHBG 19, il PHBE 32, il VHSB 39, il PHM 40 sono stati per molte generazioni, e in qualche modo ancora oggi, emblemi di velocità e potenza, il dettaglio che permetteva alla meccanica di serie di esprimere il massimo delle potenzialità, la raffinatezza da intenditori da sfoderare per zittire o ammaliare gli amici nelle dispute motoristiche.
Oggi il panorama è cambiato: le normative antinquinamento sempre più stringenti implicano una precisione di dosatura del carburante che nessun carburatore, per quanto raffinato nel progetto e curato nell'esecuzione, può garantire. La risposta della Dell'Orto è duplice: affinamento al limite dell'oggetto meccanico e sviluppo in parallelo di un sistema elettronico.
La prima proposta è il carburatore a controllo elettronico, in cui il sistema di gestione “esterna” agisce sul circuito del massimo o, per i 50 cc, quello del minimo. Durante il funzionamento del motore, grazie a un gioco di depressioni generate dal movimento del pistone, la benzina raccolta nella vaschetta a livello costante viene aspirata all’interno della cosiddetta camera di miscelazione, che è in sostanza il condotto del carburatore che collega la presa d’aria con il collettore di aspirazione. Prima di giungervi, però, la benzina viene premiscelata con l’aria prelevata da apposite canalizzazioni in comunicazione con la presa d’aria principale. In questo modo, quando giunge nel condotto principale la benzina è già una sorta di schiuma, e ciò consente una ulteriore e più efficace atomizzazione della benzina, con la creazione di un vero e proprio spray di goccioline microscopiche che è indispensabile per una combustione (= ossidazione) quanto più rapida e completa.
Questa premiscelazione è il punto in cui i tecnici della Dell’Orto, con a capo l’ingener Paolo Colombo e il vicepresidente Andrea Dell’Orto, hanno “piazzato” l’elemento a controllo elettronico: si tratta di una elettrovavola on-off che, a seconda del ciclo di apertura-chiusura fornito dalla centralina, parzializza più o meno il volume di aria che prende parte alla premiscelazione. Ne consegue che, fatta salva la guidabilità - che passa per una certa ricchezza di carburazione in accelerazione -, a velocità costante o quasi si può smagrire convenientemente il rapporto aria/carburante. La centralina ECS di controllo integra le funzioni di monitoraggio del motore (giri, temperatura, apertura gas) e di gestione dell’accensione con una mappa 3D.
Questa tecnologia, che in azienda riconoscono essere di transizione in quanto non ha la flessibilità né la precisione di un sistema di iniezione vero e proprio, ha permesso comunque ad alcuni grossi monocilindrici di rientrare fin d’ora nella normativa Euro3 (che scatta con il 2008) senza dover approntare complesse modifiche per installare un sistema di iniezione con catalizzatore trivalente, che ha bisogno di sensori per motore, aria e gas di scarico, un impianto carburante ad alta pressione e un alternatore in grado di fornire tutta la corrente necessaria.
Questa premiscelazione è il punto in cui i tecnici della Dell’Orto, con a capo l’ingener Paolo Colombo e il vicepresidente Andrea Dell’Orto, hanno “piazzato” l’elemento a controllo elettronico: si tratta di una elettrovavola on-off che, a seconda del ciclo di apertura-chiusura fornito dalla centralina, parzializza più o meno il volume di aria che prende parte alla premiscelazione. Ne consegue che, fatta salva la guidabilità - che passa per una certa ricchezza di carburazione in accelerazione -, a velocità costante o quasi si può smagrire convenientemente il rapporto aria/carburante. La centralina ECS di controllo integra le funzioni di monitoraggio del motore (giri, temperatura, apertura gas) e di gestione dell’accensione con una mappa 3D.
Questa tecnologia, che in azienda riconoscono essere di transizione in quanto non ha la flessibilità né la precisione di un sistema di iniezione vero e proprio, ha permesso comunque ad alcuni grossi monocilindrici di rientrare fin d’ora nella normativa Euro3 (che scatta con il 2008) senza dover approntare complesse modifiche per installare un sistema di iniezione con catalizzatore trivalente, che ha bisogno di sensori per motore, aria e gas di scarico, un impianto carburante ad alta pressione e un alternatore in grado di fornire tutta la corrente necessaria.
Ma l’aspetto forse più interessante per gli appassionati di tecnica è che questo sistema, in grado di controllare con precisione anche la pompa elettrica per la lubrificazione separata e la valvola per l’ammissione di aria nello scarico (indispensabile per la post-combustione degli indrocarburi), si è rivelato in grado di rivitalizzare il settore dei due tempi, che con questo dispositivo riescono a rientrare nei parametri Euro3 con l’aggiunta di un semplice catalizzatore ossidante. La Husqvarna WR 125, infatti, è il primo due tempi Euro3, e questo con il suo bel VHST a valvola piatta, ovviamente in esecuzione con elettrovalvola.
In questo settore, in qualche modo, il carburatore si prende la rivincita sull’iniezione: nel due tempi tradizionale, infatti, la grande incognita è l’estrema variabilità, nella successione dei cicli di funzionamento, del rendimento di lavaggio e di intrappolamento. In soldoni, è di fatto impossibile predeterminare con precisione la quantità di aria (dunque di ossigeno) presente nel cilindro una volta che il pistone ha richiuso la luce di scarico e si dirige verso il punto morto superiore per la successiva combustione. A meno di utilizzare sistemi di iniezione diretta a carica stratificata, comunque piuttosto critici da mettere a punto e decisamente costosi, questo è lo “scoglio” che ha reso molto difficile finora, e probabilmente anche in futuro, l’impiego di sistemi di iniezione a bassa pressione semplici ed economicamente compatibili con le piccole cilindrate: con tutta la loro precisione, le iniezioni sono comunque sistemi intrinsecamente rigidi, che possono solo eseguire le istruzioni impartite dalla memoria e dal software. Se non è possibile calcolare la quantità d’aria rimasta nel cilindro, quanta benzina si dovrà iniettare in camera di combustione? Se invece la benzina è già miscelata all’aria aspirata, come avviene con i sistemi a carburatore, questo problema non si pone: all’interno del cilindro l’aria rimasta sarà comunque carburata in modo accettabile. Ciò non fa improvvisamente del due tempi un motore “pulito”; quel che è certo è che, in questa fase, il carburatore elettronico appare forse come l’unica ancora di sopravvivenza, perché certo un’iniezione indiretta, con corpo farfallato e iniettore al posto del carburatore, sarebbe ancora più efficace, ma i costi salirebbero molto e ciò sarebbe (o almeno lo è allo stato attuale) insostenibile in segmenti in cui oggi si impiega ancora il due tempi, che sono sostanzialmente le cilindrate fino a 125 cc.
Interessante anche la possibilità di gestire via software un limitatore di velocità, problema molto sentito nella progettazione dei 50cc a sei rapporti, dove questo sistema permette di fornire buone prestazioni e rapporti distesi nelle marce basse, per poi “tagliare” la velocità in quelle alte.
Ieri, oggi, domani – a colloquio con Andrea Dell’Orto
Fornitore di corpi farfallati sia per l’industria automobilitica (BMW, Ferrari, Maserati, Fiat, Renault,…) sia per il settore moto (Aprilia, BMW, Benelli, Rotax – Bombardier), la Dell’Orto SpA è una realtà in fase di espansione. Attualmente occupa 400 dipendenti per un fatturato di circa 50 milioni di euro (dati 2006) diviso a metà tra moto e auto. Il settore moto, che è quello che ci interessa di più, ancora oggi vede metà del suo mercato nei carburatori (ormai spariti nel settore auto). Ma il futuro sarà diverso.
“Abbiamo fatto un sforzo notevole per tagliare il cordone ombelicale dalla sede storica – dice Andrea, vicepresidente e figlio di Giuseppe Dell’Orto -. Questo ci ha però permesso di investire in ricerca e sviluppo somme importanti. Oggi la nostra struttura R&D può offrire al cliente dalla taratura personalizzata del carburatore fino all’omologazione del veicolo o la certificazione TUV (l’ente privato tedesco di controllo della qualità dei prodotti –ndA), con un vantaggio logistico importante, che per il cliente si traduce in tempi e costi più ridotti e sicuri.”
Ma la strada tracciata porta inevitabilmente all’iniezione, almeno in Europa: “C’è ancora incertezza per i 50cc, ma la nostra legislazione imporrà nel breve periodo di passare all’iniezione, non ci sono alternative praticabili. Per questo stiamo sviluppando, con un partner motociclistico di qualità come Aprilia, il nostro sistema di iniezione ECS, che unirà prestazioni, flessibilità, compattezza ed efficienza energetica. Finora siamo stati un po’ alla finestra, ma adesso siamo in grado di trasferire tutte le nostre esperienze: dalle corse, dal settore auto e anche dal drive-by-wire. Nei mercati emergenti come quello indiano la situazione è diversa: il carburatore elettronico rappresenta insieme una necessità tecnica e il massimo costo sostenibile per le piccole cilindrate. Tra l’altro possiamo perfino pensare a un post-montaggio, per questo la Dell’Orto India di Nuova Dehli, cui partecipiamo al 74%, conta di arrivare a produrre complessivamente due milioni di pezzi nel 2009, e come gruppo prevediamo di incrementare il fatturato del 60% entro il 2011.”
Obbiettivi troppo ambiziosi? “Per niente. Nel 2008 festeggeremo i primi 75 anni di attività, lo consideriamo un ottimo auspicio e una solida base di partenza.”
In questo settore, in qualche modo, il carburatore si prende la rivincita sull’iniezione: nel due tempi tradizionale, infatti, la grande incognita è l’estrema variabilità, nella successione dei cicli di funzionamento, del rendimento di lavaggio e di intrappolamento. In soldoni, è di fatto impossibile predeterminare con precisione la quantità di aria (dunque di ossigeno) presente nel cilindro una volta che il pistone ha richiuso la luce di scarico e si dirige verso il punto morto superiore per la successiva combustione. A meno di utilizzare sistemi di iniezione diretta a carica stratificata, comunque piuttosto critici da mettere a punto e decisamente costosi, questo è lo “scoglio” che ha reso molto difficile finora, e probabilmente anche in futuro, l’impiego di sistemi di iniezione a bassa pressione semplici ed economicamente compatibili con le piccole cilindrate: con tutta la loro precisione, le iniezioni sono comunque sistemi intrinsecamente rigidi, che possono solo eseguire le istruzioni impartite dalla memoria e dal software. Se non è possibile calcolare la quantità d’aria rimasta nel cilindro, quanta benzina si dovrà iniettare in camera di combustione? Se invece la benzina è già miscelata all’aria aspirata, come avviene con i sistemi a carburatore, questo problema non si pone: all’interno del cilindro l’aria rimasta sarà comunque carburata in modo accettabile. Ciò non fa improvvisamente del due tempi un motore “pulito”; quel che è certo è che, in questa fase, il carburatore elettronico appare forse come l’unica ancora di sopravvivenza, perché certo un’iniezione indiretta, con corpo farfallato e iniettore al posto del carburatore, sarebbe ancora più efficace, ma i costi salirebbero molto e ciò sarebbe (o almeno lo è allo stato attuale) insostenibile in segmenti in cui oggi si impiega ancora il due tempi, che sono sostanzialmente le cilindrate fino a 125 cc.
Interessante anche la possibilità di gestire via software un limitatore di velocità, problema molto sentito nella progettazione dei 50cc a sei rapporti, dove questo sistema permette di fornire buone prestazioni e rapporti distesi nelle marce basse, per poi “tagliare” la velocità in quelle alte.
Ieri, oggi, domani – a colloquio con Andrea Dell’Orto
Fornitore di corpi farfallati sia per l’industria automobilitica (BMW, Ferrari, Maserati, Fiat, Renault,…) sia per il settore moto (Aprilia, BMW, Benelli, Rotax – Bombardier), la Dell’Orto SpA è una realtà in fase di espansione. Attualmente occupa 400 dipendenti per un fatturato di circa 50 milioni di euro (dati 2006) diviso a metà tra moto e auto. Il settore moto, che è quello che ci interessa di più, ancora oggi vede metà del suo mercato nei carburatori (ormai spariti nel settore auto). Ma il futuro sarà diverso.
“Abbiamo fatto un sforzo notevole per tagliare il cordone ombelicale dalla sede storica – dice Andrea, vicepresidente e figlio di Giuseppe Dell’Orto -. Questo ci ha però permesso di investire in ricerca e sviluppo somme importanti. Oggi la nostra struttura R&D può offrire al cliente dalla taratura personalizzata del carburatore fino all’omologazione del veicolo o la certificazione TUV (l’ente privato tedesco di controllo della qualità dei prodotti –ndA), con un vantaggio logistico importante, che per il cliente si traduce in tempi e costi più ridotti e sicuri.”
Ma la strada tracciata porta inevitabilmente all’iniezione, almeno in Europa: “C’è ancora incertezza per i 50cc, ma la nostra legislazione imporrà nel breve periodo di passare all’iniezione, non ci sono alternative praticabili. Per questo stiamo sviluppando, con un partner motociclistico di qualità come Aprilia, il nostro sistema di iniezione ECS, che unirà prestazioni, flessibilità, compattezza ed efficienza energetica. Finora siamo stati un po’ alla finestra, ma adesso siamo in grado di trasferire tutte le nostre esperienze: dalle corse, dal settore auto e anche dal drive-by-wire. Nei mercati emergenti come quello indiano la situazione è diversa: il carburatore elettronico rappresenta insieme una necessità tecnica e il massimo costo sostenibile per le piccole cilindrate. Tra l’altro possiamo perfino pensare a un post-montaggio, per questo la Dell’Orto India di Nuova Dehli, cui partecipiamo al 74%, conta di arrivare a produrre complessivamente due milioni di pezzi nel 2009, e come gruppo prevediamo di incrementare il fatturato del 60% entro il 2011.”
Obbiettivi troppo ambiziosi? “Per niente. Nel 2008 festeggeremo i primi 75 anni di attività, lo consideriamo un ottimo auspicio e una solida base di partenza.”
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