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Derbi GP1 250

Alfredo Verdicchio, foto di Marco Zamponi il 24/04/2007 in Moto & Scooter

Comfort zero, sportività nove. Il GP1 250 sfoggia look e soluzioni tecniche da supersportiva, tra le curve è un fulmine ed è stabile sul veloce. Però soffre le buche e la frenata non convince

Derbi GP1 250
Con il GP1 250 la Derbi ha sbaragliato la concorrenza facendola invecchiare tutta in un colpo solo, un po’ come fece con le piccole sportive della famiglia di moto GPR-Racing.
Nessuno si era spinto fino a tanto tra gli scooter di 250 cc a “ruote basse”: linee taglienti degne di una supersportiva, soluzioni tecniche di una moto, componentistica d’alto livello con il telaio “vero” in alluminio e il doppio freno a disco anteriore, con tanto di pinze ad attacco radiale.

Insomma, uno scooter estremo in tutti i suoi aspetti che non cerca compromessi improbabili con il comfort e la praticità.
Anche se, a differenza del fratellino GP1 50, la sella è in un unico pezzo, non significa che l’imbottitura offra un comodo appoggio e, sotto la sella, più di un casco integrale non ci sta. Pure i due piccoli vani ricavati nelle “ali” del retroscudo non offrono tanto spazio, giusto per il cellulare e il biglietto dell’autostrada (evitate la moneta difficile da ripescare dato che il pertugio è stretto e profondo), mentre il grosso telaio rende difficile appoggiare tra le gambe anche un semplice zaino. In soldoni, chi acquista un GP1 250 lo fa per il suo look deciso, il motore potente e affidabile ereditato dal Beverly (in versione a carburatore ed Euro 2) e le sensazioni di guida che promette per via della ciclistica raffinata. A proposito del motore, qui non è posizionato tra le travi del telaio come sul 50 cc, ma arretrato con funzione di forcellone come su un comume scooter.
Questo ha comportato per il GP1 250 la riprogettazione del telaio, sempre il alluminio e simile nell’aspetto a quello del GP1 50, ma più corto – per contenere l’interasse – e più rigido per meglio gestire il maggiore peso-potenza della nuova motorizzazione (22 CV). Inoltre, questo scooter è fisicamente più grande, offre una maggiore abitabilità adatta ad un pubblico più adulto e il serbatoio è ora di 11 litri per venire incontro a esigenze di maggiore autonomia per un uso extraurbano. Il GP1 250 non costa nemmeno tanto se si prende in considerazione la cilindrata: i 3.850 euro c.i.m. richiesti lo pongono tra i più papabili del segmento. Peccato solo che le finiture lascino qua e là un po’ a desiderare, soprattutto la qualità delle plastiche del retroscudo, come le coperture in gomma dei piccoli vani un po’ economica e poco stabile una volta adoperate.
Sportivo nelle linee, sportivo nella seduta, in sella al GP1 250 è come stare su di una racing vera. Il telaio passa alto tra le gambe, la sella non è bassa (sotto il metroesettanta si fatica a toccare per terra con entrambi i piedi) ed è inclinata e poco imbottita, mentre le pedane strette non lasciano libertà di movimento, anche per il retroscudo piuttosto ingombrante contro cui è facile toccare con le ginocchia. Insomma, sul GP1 250 il comfort non è certo di casa.
E non solo per la seduta rigida, ma anche per lo scudo poco protettivo e la ciclistica tarata sul duro. Il passeggero non se la passa meglio, per montare in sella ci vorrebbe una scala tanto si sta in alto, le pedane costringono le gambe a posizioni da contorsionista e la maniglia è tanto piccola da rendere la presa difficile e scomoda. A tanto “scomfort”, però, il Derbi mette sul piatto della bilancia una guida aggressiva e al contempo precisa e piuttosto stabile, tanto da non avere rivali in questo, troppo impegnati nella ricerca di quel compromesso storico comfort-sportività difficile da trovare.
Il GP1 250 è corto, maneggevole, svelto e veloce nei cambi di direzione come solo il vecchio Gilera Runner VXR 180 è stato. In questo i due scooter si assomigliano tanto, anche nel modo di impostare le curve: fulmineo nel primo tratto di discesa, tanto da richiedere sulle prime un pizzico di assuefazione a tanta rapidità; da forzare invece quando bisogna piegare di più e chiudere la curva. Il tutto, però, senza rinunciare ad una buona stabilità di marcia sul veloce che il Runner non ha mai conosciuto. Il duemezzo spagnolo, nonostante un interasse degno di una Buell, nei curvoni corre via veloce come su dei binari, almeno fino a quando l’asfalto è in buone condizioni.
Davanti a buche e pavé, infatti, le sospensioni mettono in mostra i loro limiti, soprattutto di idraulica, poco frenata sia in compressione sia in estensione per entrambe. La forcella oltre ad avere una risposta secca sulle buche, fatica a filtrare i colpi più duri, trasmettendoli in toto sul manubrio, ma senza per questo intaccare troppo la buona precisione di guida, se non con delle scossette facili da gestire. Il monoammortizzatore, anch’esso troppo duro di molla e con la tendenza ad estendersi fin troppo velocemente per il poco freno idraulico, patisce anche sui piccoli avvallamenti con continui ondeggiamenti. In più, sulle buche più profonde tende con una certa facilità anche al fondocorsa: pur giocando con il precarico della molla, la solfa non cambia, con conseguenti legnate sulla colonna vertebrale del pilota, senza contare quelle riservate al passeggero.
A deludere un po’ è l’impianto frenante, a cui diamo un voto poco più che sufficiente. Se il disco posteriore, bello per modulabilità e prontezza ai comandi, pecca solo per una certa facilità nel bloccare, la coppia all’anteriore delude per un mordente al di sotto delle aspettative.
Le pinze radiali fanno una gran scena e d’istinto ci si aspetta una frenata di riferimento per forza e modulabilità. E invece, tranne nella morsa iniziale, la frenata manca di mordente, rimane sempre un po’ spugnosa e poco comunicativa. Una scelta comprensibile, questa della Derbi, fatta per andare incontro anche ad un pubblico poco esperto, ma che non convince del tutto perché rimane poco proporzionata alle prestazioni più che buone di cui è capace il motore Piaggio.
Motore: monocilindrico orizzontale a 4 tempi, raffreddamento a liquido; alesaggio per corsa 72x60 mm; cilindrata 244 cc; rapporto di compressione 10,5:1. Distribuzione monoalbero a camme in testa con comando a catena e 4 valvole per cilindro. Alimentazione a carburatore. Capacità serbatoio carburante 14 litri (riserva 2,7 lt ). Capacità serbatoio olio 1,5 lt. Lubrificazione a carter umido.
Trasmissione: primaria CVT, finale a ingranaggi. Frizione automatica centrifuga. Cambio con variatore automatico centrifugo.

Ciclistica: telaio a doppio trave diagonale in alluminio; sospensione anteriore, forcella a steli rovesciati da 40 mm, escursione ruota 100 mm; sospensione posteriore gruppo motore oscillante e monoammortizzatore regolabile nel precarico della molla, escursione ruota nd. Pneumatici: anteriore 120/70-14, posteriore 140/60-14. Freni: anteriore doppio disco in acciaio da 245 mm con pinze ad attacco radiale a due pistoncini, posteriore a disco singolo in acciaio da 240 mm e pinza a singolo pistoncino.

Dimensioni (mm) e peso: lunghezza 1.930, larghezza 705, altezza sella 835, interasse 1.375. Peso a secco 144 kg.

Prestazioni dichiarate: potenza 16,18 kW (22 CV) a 6.500 giri
Derbi GP1 250
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