Moto & Scooter
Cagiva Raptor 650 IE
Una brillante naked bicilindrica per divertirsi sulle strade di montagna e validissima anche nell’uso quotidiano. Il prezzo è piuttosto elevato: 7.618 euro c.i.m.
di Stefano Borzacchiello, foto Alex Photo
La recente acquisizione di una quota di maggioranza del Gruppo Mv Agusta da parte della malese Proton ha ridato linfa vitale all’azienda Varesina. Al salone di Milano abbiamo visto i primi effetti e la voglia di far tornare grande anche il marchio Cagiva; per ora non ci sono proposte inedite, a parte la versione speciale della Mito, la 525 (naturalmente la cilindrata resta 125, ma si tatta di una replica della 500 due tempi di John Kocinski).
La moto che per il momento rappresenta Cagiva è la Raptor, modello che al suo debutto fece molto parlare di sé per via della linea e di alcune soluzioni stilistiche abbastanza ardite, ma le sorti economiche della Casa di Schiranna condizionarono in parte il suo successo.
Inizialmente proposta nella cilindrata mille con motore Suzuki (il famoso bicilindrico TL a liquido e a iniezione), venne affiancata dalla versione 650 verso la metà del 2000. Oggi la nuda varesina, scaturita dalla matita di Miguel Galluzzi, già padre della Ducati Monster, ha ricevuto l’adozione dell’iniezione elettronica al fine di ridurre i consumi e di migliorare la risposta dell’erogazione del motore e un cupolino capace di migliorare la penetrazione aerodinamica e di conseguenza di far aumentare il comfort.
L'abbiamo provata su un percorso misto che mettesse in risalto le sue doti di agilità, e a parte qualche pecca riscontrata sulla risposta del sistema d'iniezione, non ancora perfettamente a punto, ci siamo resi conto di come sia efficace nella guida su strada e adatta anche a motociclsti alle prime esperienze.
La Raptor rappresenta per certi aspetti l’evoluzione del concetto di naked iniziato nel 1993 con la Monster, quando la Ducati era proprietà dei fratelli Castiglioni. Le soluzioni adottate sono, infatti, molto simili a quelle della naked bolognese: il telaio è realizzato in tubi a traliccio d’acciaio mentre il motore adotta lo schema bicilindrico a V di 90°. Per quanto riguarda la ciclistica la forcella upside down non regolabile adotta steli da 43 mm; a nostro avviso la taratura standard è adatta all’impiego stradale. Al posteriore troviamo un mono ammortizzatore regolabile nel precarico.
I freni anteriori sono due dischi da 298 mm su cui agiscono pinze a quattro pistoncini. La leva della frizione, che si aziona senza troppa fatica, non prevede nessuna regolazione. Il forcellone è realizzato in estruso d’acciaio dalla sezione semi-ovale e su di esso è montato un comodo registro a slitta per la regolazione della tensione della catena. I cerchi sono da 17'' e calzano pneumatici Pirelli Diablo.
La strumentazione con forma triangolare è molto compatta, e si compone di un contagiri analogico e di un piccolo (troppo, a nostro avviso) display a cristalli liquidi dove viene visualizzata la velocità e i chilometri totali e parziali.
La linea non ha ricevuto sostanziali interventi, ma ha visto l'aggiunta di un cupolino capace di deviare il flusso dell’aria dalla testa del pilota, almeno fino a quando la velocità rimane sotto i centoventi km/h. Gli specchi retrovisori, dal design romboidale offrono un immagine nitida e non vibrano con l’aumentare della velocità.
Il motore bicilindrico realizzato dalla Suzuki è molto compatto e per il 2005 ha ricevuto l'alimentazione a iniezione elettronica al fine di migliorare a risposta dell'erogazione. La Cagiva ha realizzato però l’impianto di scarico, adottando la soluzione del due in due. Il risultato è buono, anche dal punto di vista estetico: i due terminali che puntano verso l’alto sono molto azzeccati. Il serbatoio, con quasi 20 litri di capacità consente un autonomia nell’impiego extraurbano di circa quattrocento chilometri.
Le finiture generali della moto, cosi come la qualità degli accoppiamenti sono molto ben curate.
La prima sensazione in sella alla Raptor è quella di trovarsi con il busto moderatamente inclinato in avanti verso il manubrio, e con le gambe leggermente piegate che appoggiano sulle pedane arretrate. Rispetto alla concorrenza attuale la posizione di guida appare un po’ datata, ma ancora molto efficace.
Lo spazio per i movimenti in sella è solo discreto; ciononostante la conformazione del serbatoio scavato sui lati permette di stringerlo bene con le gambe per migliorare il controllo della moto.
I comandi al manubrio hanno un design non recentissimo, ma si rivelano intuitivi e facili da azionare.
Sui percorsi extra urbani su cui abbiamo testato la Cagiva la sue doti di maneggevolezza sono emerse subito; in particolare sui tornanti ci siamo divertiti molto, merito della ciclistica svelta ma anche del lavoro dei pneumatici Pirelli Diablo che comunicano molto bene le sensazioni della strada consentendo uno stile di guida sportivo. La moto si è rivelata molto stabile, merito di un avantreno solido e ben piantato che comunica bene le variazioni dell’asfalto.
La forcella a steli rovesciati, pur non essendo regolabile ci è piaciuta, per via della sua risposta in frenata che limita i trasferimenti di carico contribuendo a mantenere la moto piatta.
Il mono posteriore montato sul forcellone con leveraggi progressivi si è dimostrato molto sensibile alle ondulazioni dell’asfalto; ricordiamo che è possibile agire sulla regolazione del precarico per variare sensibilmente la sua risposta.
Il bicilindrico Suzuki 650 con i suoi settanta cavalli non mette mai in difficoltà il pilota, ma quando richiesto tira fuori una discreta verve e molta coppia ai bassi e medi regimi. L’unica difetto l’abbiamo riscontrato nella risposta ancora imprecisa del sistema d’iniezione, ancora non perfettamente a punto: in sostanza negli apri e chiudi bisogna stare attenti a non essere troppo decisi, altrimenti si generano degli strappi con conseguenti trasferimenti di carico.
La leva del freno anteriore regolabile nella distanza su quattro posizioni, comanda le pinze marchiate Brembo che mordono i due dischi anteriori che garantiscono una risposta pronta, ma mai tale da mettere in difficoltà il pilota, stesso discorso per il freno posteriore.
La protezione aerodinamica essendo una naked è scarsa, ma con il nuovo cupolino è sensibilmente migliorata.
Lo spazio per sistemare una borsa da serbatoio non manca, l’unica cosa è che essendo il serbatoio realizzato in nylon è necessario un kit per il fissaggio.
Per quanto riguarda la sistemazione delle valige laterali gli scarichi alti non consentono di montarne di grandi dimensioni.
Il passeggero ha a disposizione una parte della sella, risagaomata rispetto alla versione precedente, e un maniglione per appigliarsi, ma la posizione elevata delle pedane non consente un comfort molto elevato.
Motore: a 4 tempi, bicilindrico a V di 90°, raffreddamento a liquido, alesaggio e corsa 81 x 62,6 mm, cilindrata 645 cc, rapporto di compressione 11,5:1; distribuzione bialbero a 4 valvole per cilindro, comando a catena; lubrificazione a carter umido. Alimentazione: a iniezione elettronica; capacita' serbatoio 19,3 litri.
Trasmissione: primaria a ingranaggi; frizione multidisco in bagno d'olio, comando idraulico; cambio in cascata a sei marce; finale a catena
Ciclistica: telaio a traliccio in tubi d'acciaio, inclinazione perno di sterzo 25°, avancorsa 109 mm. Sospensione anteriore: forcella upside-down, steli da 43 mm, escursione 120 mm; sospensione posteriore: forcellone in acciaio con monoammortizzatore regolabile, escursione 130 mm. Ruote: anteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 120/70-17", posteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 160/60-17". Freni: anteriore a doppio disco flottante di Ø 298 mm, pinze a 4 pistoncini contrapposti; posteriore a disco fisso di Ø 220 mm, pinza a 2 pistoncini contrapposti.
Dimensioni (in mm) e peso: interasse 1440 mm, lunghezza 2140 mm, larghezza 780 mm, altezza sella 780 mm. Peso a secco 180 kg.
Prestazioni dichiarate: potenza 70 CV (51,5 kW) a 9000 giri, coppia 6,5 kgm (63,5 Nm) a 7400 giri.
Omologazione Euro-2: si'
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