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Comparativa naked

il 12/10/2004 in Moto & Scooter

Quattro nude orientali, due bicilindriche e due quattro cilindri. Le abbiamo portate al trotto e al galoppo. Prima di giudicare, però, abbiamo calzato a tutte le stesse scarpe: le eccellenti Metzeler M-1 Sportec

Comparativa naked
La Suzuki SV650. Sullo sfondo la Hyosung Comet GT



Nude di media cilindrata: un segmento popolatissimo nel quale ogni marchio cerca di dire la sua, più o meno autorevolmente. Un regno con una regina che ha un nome e un cognome famosi: Honda Hornet 600. Noi non ci siamo occupati della regina, bensì di alcune inseguitrici che mirano ad usurparle il trono. Le moto sono quattro, tutte orientali.

Le due quattro cilindri sono sul mercato da meno di un anno, ma sono già delle assolute best-seller: Yamaha FZ6, alla quale spetta senza dubbio lo scettro della raffinatezza e della qualità costruttiva, e Kawasaki Z750, velocissima, equilibrata e avvantaggiata da un listino amico.


Le due bicilindriche sono un po’ meno trendy: una, la Suzuki SV, è forse penalizzata da un’estetica un po’ anonima (e l’impatto visivo in questa fascia di mercato conta eccome!), ma è molto concreta e appagante nella guida, mentre la Hyosung Comet (coreana) paga un marchio ancora poco conosciuto, nonostante si presenti sul mercato con dotazioni di serie notevoli e con un prezzo più che invitante.



Chi scrive si è alternato alla guida delle quattro moto con altri tre piloti di diversa estrazione, per cercare di capirci qualcosa di più. Tutte le moto sono state gommate con le ottime coperture Metzeler M-1 Sportec, peraltro adattissime anche a moto sportive.
La nostra non è una comparativa in senso stretto, perché tra una moto e l’altra “ballano” troppi cavalli e in alcuni casi troppi euro: dunque da queste pagine usciranno considerazioni, di certo attente e mirate, ma non giudizi definitivi e scale di valori. Ora passiamo all’esame “moto per moto”.


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Il test in anteprima della FZ6 a Barcellona




È davvero bella, la nuda di Iwata. Difficile, impossibile dire il contrario. Che le somiglianze con la MV Brutale siano da intendere come un plagio o un semplice spunto, in questa sede importa poco. Conta invece che in questo segmento, dove per contenere i prezzi le Case risparmiano molto sui materiali, e riescono a fare opere di riciclaggio non sempre opportune tenendo come base i modelli supersportivi, la FZ6 è una moto “tutta originale”. Rifinita con gusto e zelo, ha una bella sella, verniciature ok, un telaio in alluminio a vista, uno splendido proiettore anteriore e due intriganti scarichi sotto la sella. Il motore ha un carattere tutto suo: tutt’altro che tipico, per essere una naked. Il quattro cilindri giapponese, imparentato strettamente con quello della supersportiva R6, è molto mansueto, addirittura un po’ addormentato fino ai 5-6.000 giri.

Poi si sveglia gradualmente, fino a far esplodere i suoi quasi cento cavalli a regimi altissimi (circa 13.000 giri di strumento). Il telaio è molto rigido e rassicurante, meno convincente è il comportamento delle sospensioni: ondeggiamenti e affondamenti eccessivi convincono chi guida a non esagerare col gas, nonostante l’impianto frenante sia di qualità elevata.
Rispetto alle Dunlop di serie (una versione economica delle Sportmax), che assicurano una buona tenuta solo in condizioni di temperatura e d’asfalto favorevoli e costanti, le Metzeler M-1 Sportec sono certamente una spanna sopra. Anche sull’asfalto umido o sporco, la sensazione di poter contare su un buon grip non viene mai meno.

La prova di Alan Cathcart


Vai al primo test della Comet!





La Comet GT650 è una moto che incuriosisce forse più l’appassionato o il giornalista specializzato che l’utente medio. Questo perché, guardandola, somiglia “poco più, poco meno” alla Suzuki SV650 vecchia versione (secondo molti, più bella dell’attuale). In pochi sanno qualcosa del marchio sudcoreano, e si è diffusa la voce –infondata- che in pratica la Comet non sarebbe altro che un rifacimento povero dell’SV, con motore e parte della ciclistica presa a prestito proprio dalla naked media di Hamamatsu.

Invece no: il marchio orientale è fiero dell’originalità del suo prodotto, e propone ad un prezzo davvero basso (5.961 euro, e non è difficile ipotizzare sconti di una certa entità) una motocicletta che –almeno sulla carta- è una delle migliori scelte possibili in fatto di nude di media cilindrata.
Già, perché ha un bel telaio a traliccio, una forcella a steli rovesci tra l’altro completamente regolabile, dichiara una potenza vicina agli 80 cavalli e calza –di serie- gomme Pirelli Diablo.
Quando però si sale in sella si capisce quanta strada un marchio giovane (almeno in questo particolare settore) debba fare per avvicinarsi agli standard qualitativi dei “grandi”.
In sella, la Comet delude un po’. L’ottantina di cavalli sembra un’utopia, malgrado il tachimetro, decisamente ottimista, cerchi di mentire spudoratamente sulla velocità.

Ma questo è un problema relativo. Preoccupa di più la frenata, davvero non all’altezza, e la forcella che (così com’è, nella configurazione standard) affonda davvero troppo. Meglio glissare su alcuni particolari e assemblaggi (delle parti plastiche soprattutto), che sembrano –questi sì- mutuati dalle moto giapponesi degli anni ottanta.
Smontiamo le Diablo sapendo di privarci di una delle poche certezze che la Comet garantisce. Le Metzeler M-1 Sportec però si non fanno rimpiangere le Pirelli: sono ugualmente “tonde” e omogenee nel consentire la discesa in piega, e, una volta inclinati, rassicurano con un grip degno di lode.

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La prova completa della Suzuki SV650




Una moto concreta, di quelle “che non si rinuncia a niente”. L’SV andava bene prima e va ancora meglio e più forte adesso, il telaio a traliccio in alluminio resta efficace, ha un prezzo abbordabile (7.000 euro che aspettano solo di essere scontati dal concessionario) ed è davvero difficile scenderne scontenti.
Una leggera pressione del pulsante d’avviamento, ed il bicilindrico di Hamamatsu prende vita all’istante. Vivace e reattivo al comando del gas, fin dai primi metri si mostra disponibile a salire rapidamente di giri, grazie ad una rapportatura appropriata alla tipologia del mezzo, che preferisce una ripresa brillante rispetto ad una velocità di punta elevata, difficile da sostenere vista la totale mancanza di protezione aerodinamica.

In sella c’è sufficiente spazio per tutti, certo i più alti potrebbero soffrire un pochetto rispetto a piloti di statura media, ma la situazione non è mai tragica. Tutto questo, assieme ad un corretto posizionamento di tutti i comandi ed al peso non eccessivo, permette di “vivere” al meglio la SV650.
In marcia la moto si apprezza per la facilità con cui si può affrontare qualsiasi situazione: in città è leggera ed agile e grazie alle quote ciclistiche contenute si può svicolare nel traffico con naturalezza. La frizione non è leggera come ci si aspetterebbe da una moto “di burro” come l’SV, mentre il cambio, come da tradizione Suzuki, è preciso, facile e dagli intervalli ben spaziati.



Le sospensioni, soprattutto la forcella, si mostrano più valide della SV “prima maniera”. E’ così possibile affrontare frenate anche decise con più sicurezza e tranquillità e, ferma restando la bontà del propulsore, si può finalmente azzardare anche una guida più impegnata senza incorrere in fastidiosissimi affondamenti e saltellamenti.
Rispetto alle coperture di serie, le Metzeler M-1 Sportec danno una confidenza, quando si forza sul gas, di gran lunga superiore. La SV è una moto che nasce facile, ma con un paio di gomme capaci di alte prestazioni, la naked di Hamamatsu mette le ali ai piedi e fa venir voglia di cimentarsi tra i cordoli di un circuito, magari molto tortuoso.

Il nostro test


Vai alla prova completa della Kawasaki Z750




Il ruolo di “sorellina” della fortunata Z1000 le sta veramente stretto. Più semplice nella componentistica rispetto alla sorella da un litro di cilindrata, la Z750 si riconosce principalmente per lo scarico 4 in 1 e per la forcella a steli tradizionali. Il motore è comunque assai più che soddisfacente, mentre la buona qualità e l’azzeccata taratura della forcella non fa rimpiangere la più raffinata “upside down” della 1000. Al minimo il propulsore fa sentire la classica voce del 4 cilindri, con un regime che si mantiene regolare poco sopra i mille giri e che sale graduale ma pieno all’apertura del gas.



La marcia in città è fluida e piacevole a dispetto delle potenzialità bellicose di questa moto. Anche le sospensioni, tra i tombini e il pavè, non danno problemi né sul versante del comfort né su quello della resa dinamica e le geometrie del telaio offrono un bel mix tra stabilità ed agilità.
In questo quadretto di civili ed “urbane” attitudini basta, però, una partenza da fermo per tirar fuori il “lato oscuro” della Z750: non appena la luce del semaforo diviene verde, infatti, la tentazione di far urlare il 4 cilindri è forte e d’altronde la sua natura è tale che ci si sente fin quasi incolpevoli nelle partenze più brucianti.



Sulle strade più aperte, poi, il motore chiede solo di raggiungere gli 8000 giri per scatenare i 110 cavalli dichiarati dl costruttore. Guidata “allegra” ed a regimi più sostenuti, la Z750 si rivela un’ottima naked d’attacco, che unisce doti motoristiche molto valide alle qualità della ciclistica certamente ai massimi per una giapponese di questa categoria.
Di serie, la Z750 monta coperture già discrete, ma che non sono paragonabili alle Metzeler M-1 Sportec che ci hanno accompagnato in questa comparativa. Anche sulla nuda di Akashi le gomme tedesche hanno fatto un’ottima impressione, assecondandoci, in una guida tonda, anche quando abbiamo cercato inclinazioni importanti.

Comparativa naked
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