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MV: dentro il nuovo 1000 TSS

il 04/11/2003 in Moto & Scooter

Alla scoperta del nuovo motore MV: come è derivato e come è migliorato rispetto al 750. E un’analisi approfondita sul semplice e geniale sistema TSS montato sulla F4 Tamburini

MV: dentro il nuovo 1000 TSS
Agli alti regimi le trombette vengono sollevate

Alla scoperta del nuovo motore MV: come è derivato e come è migliorato rispetto al 750. E un’analisi approfondita sul semplice e geniale sistema TSS montato sulla F4 Tamburini

di Alberto Dell’Orto, foto M. Cavadini-Alex Photo



Dopo anni di incertezze, dovute anche dall’estenuante trattativa con la Piaggio (risolta, lo ricorderete, in un nulla di fatto) il gruppo MV sembra essere uscito dalle nebbie non solo economicamente, perché con il denaro arrivato dalle banche l’azienda varesina ha fatto subito partire la produzione (Brutale in primis), ed in più ha portato alla luce l’attesa versione 1000 del proprio quattro cilindri.

Questo motore  verrà montato solo sulla F4 (di un impiego sulla Brutale non se ne parla, per ora) e in particolare ha suscitato meraviglia al Salone di Milano di settembre la presentazione della F4 Tamburini, che secondo le dichiarazioni dovrebbe vedersela a livello di prestazioni con le migliori concorrenti giapponesi. E siccome la ciclistica sappiamo già che rappresenta la massima espressione dell’arte del Maestro, non possiamo che aspettarci un cocktail micidiale. Vedremo. Per ora ci siamo intrufolati nel reparto esperienze della MV durante un ciclo di prove al banco per definire gli ultimi dettagli del nuovo motore dotato di alimentazione TSS con trombette di aspirazione "staccabili", anch’esso esposto al Salone e oggetto di curiosità anche da parte degli esperti.


Nel nostro viaggio alla scoperta delle novità del rinnovato quattro cilindri ci ha accompagnato l’ingegner Andrea Goggi, a cui va il nostro ringraziamento per la disponibilità dimostrata.

Il nuovo 1000 presenta una sostanziale identità estetica con il 750 da cui deriva (che continua a rimanere in produzione e beneficerà di alcune delle modifiche sviluppate per il "fratellone"), ma in realtà le modifiche sono state "pesanti". La cilindrata di 998 cc è stata ottenuta aumentando un l’alesaggio (passato da 73,8 a 76 mm) ma soprattutto la corsa, passata da 43,8 a 55 mm. Il motivo è facilmente intuibile: aumentare l’alesaggio oltre un certo valore avrebbe significato ridisegnare completamente (e probabilmente allargare) il blocco cilindri, sempre che ciò fosse reso possibile dagli interassi dei cilindri stessi.

Aumentare la corsa era invece una strada meno impervia: le bielle mantengono la lunghezza di 107,3 mm di quelle del 750 (anche se sono più leggere e per questo verranno adottate su entrambe le cilindrate), e la differenza del raggio di manovella di 5,6 mm è stata recuperata riducendo l’altezza di compressione del pistone, cioè la distanza tra l’asse dello spinotto e il cielo. I pistoni, ottenuti per stampaggio) sono dunque stati ridisegnati, perchè aumentando il diametro variano anche i carichi e il comportamento a flessione, mentre l’accorciamento del mantello ha portato alla completa ridefinizione della segmentatura, con due anelli di compressione spessi solo 0,8 mm e un bellissimo raschiaolio in tre pezzi (due fasce e una molla espanditrice) alto appena 1,5 mm! La corsa all’alleggerimento ha riguardato tutto il motore: oltre alle bielle e ai pistoni, l’albero motore ha perso 1,2 kg nonostante l’aumento della corsa, e anche la trasmissione primaria e gli alberi a camme (comandati, lo ricordiamo, da una ormai inconsueta catena centrale) sono stati completamente riprogettati e "dimagriti".

Pure l’alternatore, montato sul dorso del basamento, è stato ridotto di dimensioni e di peso; in totale il motore ha perso complessivamente 3 kg, pari al 5% della massa complessiva. Il cambio è stato invece irrobustito con l’adozione di alberi di diametro maggiore: per mantenere invariate le lavorazioni del basamento, le sedi dei cuscinetti sono le stesse del 750, il che ha portato alla realizzazione di cuscinetti speciali, in grado di far fronte ai carichi e velocità superiori pur con dimensioni più compatte. Praticamente invariata, invece, la testata, che è di base la stessa del modello 750 SPS, cioè quella più prestazionale: oltre alla fusione esterna sono gli stessi i corpi farfallati, i condotti (lucidati sulla F4 Tamburini), le valvole (a disposizione leggermente radiale) e, per la versione S, anche i profili delle camme; unica differenza la forma delle camere di combustione, ricavate da lavorazione a controllo numerico per la massima precisione e uniformità di profili e volumi.


Sono invece stati cambiati gli iniettori, ora più compatti ed efficienti, mentre il rapporto di compressione vale oltre 13: per limitare il freno motore e il rischio di "saltellamenti" della ruota motrice in staccata, è stato studiato un sistema con un condotto di by-pass controllato da un’elettrovalvola, che permette al secondo cilindro di ricevere una piccola quantità di aria e benzina anche a  farfalle chiuse. Il sistema si auto-esclude a regimi prossimi al minimo e in folle o in marcia con frizione tirata.

E’ doverosa, per poter apprezzare al meglio la portata dell’innovazione, una premessa tecnica e concettuale. Il sistema di aspirazione dei motori superveloci (quello di scarico è meno critico) pone tecnici e progettisti davanti a un problema molto serio: è intuitivo che per fare molti giri (ed erogare dunque molta potenza, altrimenti non avrebbe senso) ci vogliono fasature delle camme "larghe" e condotti di aspirazione ampi, perché altrimenti, con i tempi ridottissimi a disposizione per far entrare aria e benzina nel cilindro ai regimi più elevati, il motore risulterebbe "strozzato". Meno intuitivo, ma di importanza primaria, è il ruolo delle onde di de/pressione che si creano nella colonna di aria nei condotti di aspirazione per effetto dell’apertura e della chiusura delle valvole. Il concetto sarebbe un poco più complesso, ma nel nostro ragionamento un piccola semplificazione è accettabile. Queste onde viaggiano avanti e indietro alla velocità del suono lungo l’aria presente nei condotti, riflesse dall’estremità chiusa (lato valvola) e, con segno invertito (da onda di pressione a onda di depressione e viceversa), dall’estremità aperta, cioè dalla presa d’aria del condotto, quella universalmente conformata a trombetta per una migliore efficienza. Senza entrare troppo nel dettaglio (ci vorrebbe un libro!) diciamo che la lunghezza dei condotti viene calcolata per "mettere in fase" le onde a un certo regime (quello di coppia massima), in modo che il pistone non debba mettere ogni volta in moto la colonna gassosa verso il cilindro con la sua azione di "pompaggio", ma che questa venga accelerata dalla combinazione delle onde e della depressione creata nella camera di combustione dalla fuoriuscita dei gas di scarico: l’apertura delle valvole di aspirazione avviene dunque in anticipo rispetto al punto morto superiore per sfruttare questi fenomeni e cominciare a far entrare miscela fresca nel cilindro prima che il pistone cominci la corsa discendente di aspirazione. Inoltre la colonna d’aria in ingresso ha una sua inerzia legata alla velocità a cui si muove, e ciò , unito all'effetto delle onde di pressione, permette di chiudere la valvola di aspirazione in ritardo, cioè quando il pistone ha già iniziato la fase di risalita, quella denominata "di compressione".


Questi effetti dinamici permettono di far girare anche molto "in alto" i motori, mentre un ipotetico (e irreale) sistema "statico" avrebbe rendimenti decenti solo a regimi bassissimi. Quindi le variabili numeriche in gioco sono tre: fasatura delle camme, diametro del condotto, lunghezza risonante dello stesso; tutte queste vanno calcolate (e provate…) in modo che lavorino "in sintonia" e non "in contrasto": in soldoni, per avere i massimi rendimenti l’onda di pressione deve arrivare sulla valvola allorché questa apre e l’inerzia delle colonna gassosa deve esaurirsi proprio mentre la valvola chiude. La cosa è meno semplice di quanto si potrebbe pensare a causa soprattutto di un numero di variabili secondarie (forma del condotto, volume e flussi nell’air-box, eccetera), e soprattutto vale esclusivamente per una gamma di regimi piuttosto piccola, che si restringe percentualmente all’aumentare del regime: il rischio è di avere un motore potente ma "impiccato".

Siccome le onde hanno una velocità di "percorrenza" del condotto che è sostanzialmente fissa, per ampliare la curva di "accordatura" del sistema le strade sono tre: fasatura variabile degli alberi a camme, lunghezza variabile dei condotti di aspirazione, diametro variabile dei condotti stessi. In realtà molti motori, e tra questi il nuovo 1000 della MV, adottano condotti di lunghezza diversa nello stesso motore per ampliare la curva di coppia, ma il sistema non ha effetti macroscopici. A Varese l’approccio è stato molto pragmatico, e per certi aspetti anche decisamente anticonvenzionale: esclusa in partenza la possibilità di utilizzare variatori di fase della distribuzione per la difficoltà di smussare l’effetto "interruttore" che può infastidire nella guida, l’attenzione si è posata sugli altri aspetti della questione. In MV c’è un tecnico che ha avuto un’intuizione geniale: Roberto Tamiazzo ha inventato il sistema TSS (Torque Shift System, che si può tradurre con "Sistema a traslazione per il miglioramento della curva di coppia"), per ora montato esclusivamente sulla Tamburini.


Si tratta di un sistema di sollevamento delle trombette che permette di ottenere non solo una lunghezza risonante variabile (cosa non nuova in assoluto, anche se decisamente pregevole), ma anche una variazione del diametro del condotto (cosa difficilissima da ottenere senza complicazioni costruttive e pesanti compromessi tecnici): questo consente di modificare la velocità del flusso e, in ultima analisi, l’inerzia della colonna d’aria. Il sistema, il primo ad unire queste due caratteristiche e ad essere industrializzabile (cioè producibile con costi sensati), in sé è semplice: quattro trombette, di uguale diametro ma lunghezze diverse, sono collocate sulle prese d’aria dei corpi farfallati: il loro diametro è sensibilmente inferiore a quello delle farfalle e questo permette, ai bassi regimi, di accelerare l’aria che raggiunge i cilindri e dunque di evitare che venga “risputata” indietro a fine fase di aspirazione; intanto la lunghezza totale del condotto è studiata per offrire alle onde una distanza di riflessione adeguata ai bassi regimi. Inoltre le trombette di lunghezze diverse aumentano i benefici sulla guidabilità ampliando il campo di "accordatura" del motore, e dunque di utilizzo.


Ai regimi più alti il gruppo delle trombette viene sollevato per mezzo di un sistema pneumatico (utilizza la depressione del sistema di aspirazione e un’elettrovalvola comandata da una centralina) e si stacca fisicamente dai corpi farfallati: non solo cambia la lunghezza risonante dei condotti (ora più corta e dunque più adatta ai giri elevati), ma anche la sezione di passaggio, che aumenta grazie all’eliminazione dell’influenza delle trombette, che altrimenti in queste condizioni si comporterebbero come una strozzatura. Il tutto, assicurano alla MV, senza che il passaggio da una condizione di funzionamento all'altra sia avvertibile: il pilota sente semplicemente un motore più pieno e corposo, con ben 12 CV in più a 9000 giri. Infine, il sistema TSS completo di air-box sarà disponibile anche in kit per il post-montaggio, data la semplicità di installazione. Ci troviamo dunque davanti al proverbiale (ma quantomai raro) "uovo di Colombo"? Parrebbe di sì. Per una verifica finale, però, ci vorrebbe una bella prova su strada... Noi ci prenotiamo!

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