Moto & Scooter
Prova esclusiva: KTM LC8
Alan Cathcart ha provato per Motonline il prototipo della bicilindrica con cui Meoni ha vinto la Parigi-Dakar. Una grande anticipazione per una moto che fra poco sarà prodotta in serie anche in versione stradale
di Alan Cathcart, foto Herwig Peuker & Michael Alschner
Chiedere a uno come me, che con la sabbia al massimo ha costruito castelli sulla spiaggia, di provare la moto ufficiale con cui Meoni ha vinto la Parigi-Dakar 2002 è come incitare chi non ha mai guidato in pista con le gomme slick a battersi contro Valentino Rossi.
Nonostante questo, dopo una vita di prove dedicate alle moto stradali più sportive e a moto da corsa, ho accolto l'insistente offerta della KTM di provare il prototipo della loro bicilindrica LC8 in configurazione desertica, come anticipazione delle future bicilindriche stradali che la Casa austriaca sta sviluppando a ritmo serrato.
Il test si è svolto a Douz, nel sud della Tunisia, dove inizia la pista che attraversa il deserto del Sahara; la moto messami a disposizione era reduce dalla vittoria nel Rally di Tunisia, disputatosi una settimana prima, ad opera dello spagnolo Nani Roma, al debutto sulla bicilindrica, una vittoria ottenuta con la stessa schiacciante superiorità dimostrata nella Dakar.
Giovani Sala, un altro campione in sella alla LC8, ha avuto pietà di me ed ha insistito perché salissi con lui in moto per una preventiva lezione di dieci minuti su come si affrontano le dune; devo dire che è stata l'esperienza più spaventosa che abbia affrontato su una moto, dopo aver fatto da passeggero al campione mondiale Alain Michel sul suo sidecar GP. La lezione comunque mi è servita, visto che, nella mia seconda uscita pomeridiana in sella alla bicilindrica, sono riuscito a non cadere neanche una volta!
Prima di raccontarvi le incredibili sensazioni provate nella guida di questo prototipo, su un terreno a me così poco congeniale, vale però la pena, visto che si tratta di un motore e di una moto completamente nuovi, di capire come e perché la KTM abbia deciso di lanciarsi in questa avventura, e di descrivere nei dettagli la LC8, che presto non sarà più un prototipo, ma sarà prodotta in serie e non solo per correre nel deserto...
Per quasi dieci anni la KTM ha pensato a come ampliare la sua gamma di modelli, basata su un monocilindrico di chiara impostazione fuoristradistica. Finalmente il grande passo, meditato così a lungo, è stato fatto e dal prossimo settembre la KTM metterà in vendita la replica del prototipo bicilindrico ufficiale con cui Meoni ha vinto la Dakar 2002.
Tutto è iniziato nel 1992, quando Stefan Pierer e i suoi collaboratori rilevarono l'azienda, in stato fallimentare, dando inizio ad un recupero quasi incredibile, che ha portato la KTM dalla bancarotta all'odierno boom economico e industriale.
Quell'anno la KTM espose nel suo stand al Salone di Colonia una special costruita da due studenti di ingegneria unendo due cilindri della LC4 su un carter appositamente realizzato. Successivamente la KTM commissionò allo studio Kraft Technik di Stoccarda il progetto di una enduro bicilindrica che potesse utilizzare il motore Rotax RSV 900 a V di 60° sviluppato per l'Aprilia. La Casa italiana però non fu disposta a condividere il motore, anzi modificò il progetto portandolo alla cilindrata di 1000 cc.
Un'altra possibilità per la KTM fu l'adozione del bicilindrico svedese Folan a V di 60°, realizzato con due cilindri della Husaberg, ma pur essendo già proprietaria del marchio svedese, la Casa austriaca decise di non dar seguito al progetto.
All'inizio del 1998 Pierer commissionò al responsabile tecnico della KTM, ing. Wolfgang Felber, lo studio preliminare di un nuovo bicilindrico idoneo ad equipaggiare differenti tipologie di moto.
"Prendemmo in esame diversi motori - spiega il trentanovenne Felber, già pilota in 250 GP, poi campione tedesco della Supermono con una KTM realizzata personalmente - dal bicilindrico affiancato orizzontale, a quello verticale, al boxer sia longitudinale che trasversale, al bicilindrico in tandem, come il Rotax 250 due tempi con cui avevo corso. Alla fine concludemmo che il V longitudinale di 75° era la scelta migliore, sia nell'ottica di una possibile partecipazione alle corse, sia per il fatto che comunque sarebbe stato un bicilindrico diverso dagli altri".
In effetti rispetto ai V di 90° Ducati, Honda e Suzuki, il V di 75° è più compatto e permette quindi un più favorevole inserimento nel telaio e non presenta le stesse controindicazioni del V di 60° nella realizzazione di condotti rettilinei, nel posizionamento dei corpi farfallati e nel contenimento delle vibrazioni.
"È una questione di pochi millimetri - continua Felber - ma è determinante: il V di 75° a nostro parere rappresenta il compromesso ideali fra le dimensioni e il peso del motore completo di tutti i suoi accessori, e la sua migliore collocazione all'interno del telaio".
Presa la decisione di continuare su questa strada, nell'agosto del 1998 la KTM nominò responsabile del progetto Claus Holweg, "rubato" alla Rotax dove aveva diretto lo sviluppo del motore Aprilia 1000.
Il mio lavoro sull'Aprilia era ormai terminato - racconta Holweg (nella foto) - e avevo già molte idee in testa su come costruire un bicilindrico ancor più evoluto. Il mio obiettivo era di realizzare il più compatto, leggero e potente V twin mai prodotto".
In soli 12 mesi il progetto del nuovo bicilindrico KTM passò dalla prima schermata sul monitor di un computer al banco prova. Per chi fosse appassionato all'interpretazioni di simili fenomenologie, una curiosità: il giorno del primo avviamento dell'LC8 coincise con un'eclissi totale di sole in Austria.
Se gli obiettivi dei tecnici della KTM siano stati centrati lo si può giudicare innanzitutto ponendo sulla bilancia il motore dell'LC8, privo dell'apparato di alimentazione, e confrontandolo coi bicilindrici concorrenti. L'LC8 pesa 56 kg, contro i 68 kg dell'Aprilia, i 73 kg dei motori Honda e Suzuki, i 75 kg del Ducati Desmoquattro (scesi a 72 kg col Testastretta) e i 76 kg del più leggero dei boxer BMW.
Il motore KTM ha una configurazione verticale - favorita anche dalla scelta della lubrificazione a carter secco - studiata per contenere i pesi e soprattutto l'ingombro longitudinale. La lubrificazione a carter umido non è mai stata presa in considerazione perché avrebbe comportato una perdita di circa 10 cm di luce a terra, assolutamente da evitare per una moto destinata anche alle competizioni in fuoristrada.
I due cilindri bialbero a quattro valvole ciascuno, sono montati regolarmente sulla sommità del carter senza alcuna rotazione, come invece è stato fatto sui motori Suzuki e Honda. "Ho fatto un sacco di prove per rilevare la possibile corsa della sospensione anteriore e la distribuzione dei pesi - confida Felber - ed è emerso che questa configurazione consente una corsa di ben 300 mm della forcella sulla moto da Rally, e la miglior collocazione del serbatoio dell'olio e del radiatore del liquido di raffreddamento del motore. Siccome abbiamo pensato fin dal primo momento anche ad una moto stradale, abbiamo visto inoltre che sulla Duke, che dispone di una forcella più corta e con minor escursione, nonché di una ruota anteriore di 17" anziché 21", c'era anche la possibilità di accorciare il telaio, di caricare maggiormente l'avantreno e di abbassare il centro di gravità piazzando la batteria in uno spazio residuo davanti al motore; il tutto senza rinunciare alla corretta distanza dalla ruota".
L'albero motore dell'LC8 è monolitico in acciaio forgiato e pesa meno di 5 kg; è quindi più leggero di quello del monocilindrico LC4 ed ha un vantaggio di ben 3 kg rispetto a quello del Suzuki. Adotta piccoli volani semicircolari e corte bielle (125 mm) in acciaio forgiato con sezione ad "H". Alle bielle sono vincolati pistoni Mahle di 378 grammi, anch'essi forgiati e dotati di tre segmenti ciascuno.
L'LC8 adotta teste di nuovo disegno a quattro valvole (38 mm quelle di aspirazione, 33 mm quelle di scarico, con angolo incluso di 22°) munite di doppie molle; il comando della distribuzione è misto a catene e ad ingranaggi, allo scopo di compattare al massimo le dimensioni della testata, pur disponendo di un sistema in grado di sopportare alti regimi di rotazione.
Il cambio è a sei velocità indipendentemente dalla destinazione del veicolo; naturalmente la moto da rally e quella stradale differiscono nei rapporti interni.
L'alesaggio e la corsa del prototipo 950 misurano 100 x 60 mm, con una cilindrata esatta di 942 cc, ma il progetto prevede configurazioni alternative: da 800 a 1000 cc, con possibilità di aumentare l'alesaggio al limite di 103 mm, per un motore a corsa ultracorta di 999 cc in versione Superbike, che potrebbe erogare una potenza di 180 CV all'albero ad un regime "sicuro" di circa 12.000 giri.
L'alimentazione del motore da fuoristrada è a carburatori Keihin con diffusore di 43,5 mm, ma sulla Duke verrà montato un sofisticato impianto di iniezione elettronica integrato ad un sistema di gestione elettronica totale del motore e munito di corpi farfallati da 48 a 52 mm di diametro e di singolo iniettore per cilindro.
In questa prima versione stradale, la potenza del motore è stimata da Felber in 120 CV all'albero, ossia 18 CV in più di quella attuale in configurazione rally.
Benché il forcellone abbia il fulcro sul carter del motore (ma anche sul telaio), il motore stesso non è parte integrante della struttura . "Non abbiamo scelto questa soluzione perché per le gare in fuoristrada preferiamo che il telaio possa deformarsi in modo controllato, per ridurre l'affaticamento del pilota - spiega Wolfgang Felber - e se in situazioni di guida così esasperate si adotta un montaggio rigidissimo del motore, possono soffrirne le guarnizioni della testa e del cilindro, inoltre si rischiano incrinature dei semicarter, anche se robustissimi. Il motore incrementa di circa il 30% la rigidità torsionale del telaio, tuttavia non è portante".
Il design compatto della LC8 non solo consente la più ampia libertà di posizionamento del motore nel telaio, ma permette anche il montaggio di un forcellone molto lungo, a tutto vantaggio della trazione, sia sulla Duke, sia sulla moto da Rally, che guadagna stabilità nella marcia veloce su superfici sconnesse e in particolar modo sulle piste sabbiose.
La LC8 ha tutti gli attributi, in termini di architettura, di peso e di potenziali prestazioni, per consentire alla KTM di realizzare una sportiva stradale con la taglia di una 250 GP, con peso inferiore a 180 kg e con potenza non inferiore a 130 CV. Una moto da cui potrebbe derivare una SBK estremamente competitiva, in attesa del prototipo V-4 75° per la MotoGP e per una ipersportiva ai massimi livelli prestazionali.
La LC8 Rally pesa solo 192 kg, un eccellente risultato, ma a questi vanno aggiunti 58 litri di carburante ospitati nei quattro serbatoi distribuiti sulla moto. In condizioni di marcia la 950 pesa quindi attorno ai 230 kg, resi ancor più imbarazzanti dalla notevolissima altezza da terra della sella (995 mm), che impone al pilota non solo di essere di statura superiore alla media, ma anche di avere una bella abilità nel manovrare l'acceleratore per evitare di cadere o di piantarsi capitando in mezzo alla sabbia alta.
Il prodotto di tre mesi continui di sviluppo tecnico nel deserto, è un motore che riesce a combinare la voglia di girare in alto, con un'entusiasmante erogazione di coppia fin dai bassi regimi. Provandola giurereste che è ad iniezione elettronica, invece è a carburatori. In fase di accelerazione non si avvertono segnali che spieghino come la KTM sia riuscita ad ottenere una così pronta e sostanziosa risposta all'apertura dell'acceleratore, ma chiudendo il gas, si nota subito la scarsa inerzia del motore, grazie alla combinazione di un rapporto di compressione relativamente basso e di un albero motore di massa molto ridotta.
Non esiste un contagiri sulla 950 Rally ufficiale; al suo posto i piloti hanno chiesto un indicatore di marcia inserita, perché spesso capita di percorrere lunghi rettilinei in quarta o quinta, credendo di essere già in sesta.
Il motore sorprendentemente non vibra, nonostante il montaggio sul telaio senza silent-block: evidentemente i due contrappesi montati sull'unico albero di bilanciamento fanno bene il loro dovere. In rettilineo ci si rende conto che la potenza a disposizione è notevole: la progressione è continua, senza buchi, e la velocità massima registrata da Sala è stata di 202 km/h sull'ultimo tratto decente di strada che unisce il deserto alla civiltà.
Al termine della mia prova nel Sahara, mi sono convinto che il debutto della LC8 rappresenti l'arrivo di nuovi standard nel mondo dei bicilindrici ad alte prestazioni, e i concorrenti faranno bene a prenderla molto sul serio. Ovviamente, non vedo l'ora di provare la versione stradale...
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