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Triumph Baby Speed

il 14/03/2002 in Moto & Scooter

Inventata da Carlo Talamo, importatore italiano della marca inglese, la Baby Speed entra nel catalogo ufficiale Triumph, con tutti i benefici che ciò comporta

Triumph Baby Speed


di Alberto Dell'Orto




A noi Italiani le genealogie sono sempre piaciute. Appassionati alle vicende di re e di eredi al trono, oltre che di divi hollywoodiani, non potevamo che gongolare all’arrivo della discendente della regina delle naked, l’ormai leggendaria Triumph Speed Triple, anche se già noi italiani avevamo avuto il privilegio dell’anteprima, grazie alla genialità di Carlo Talamo, importatore della marca inglese, al quale la Triump stessa riconosce la paternità della nuova moto che ora entra a far parte del catalogo ufficiale.





Per tutti, ma non per gli italiani, la nuova nuda inglese di 600 cc avrà il nome tecnico ma un po’ insipido di Speed Four. Sul mercato nostrano manterrà invece quello più “pacioccone” di Baby Speed, assegnatole a suo tempo da Carlo Talamo, per quanto il nuovo prodotto di Hinckley sia tutt’altro che un economico ripiego dedicato a motociclisti neofiti o tranquilloni.
Rispetto alla più diffusa delle Triumph, la bimba d’oltremanica è più leggera di ben ventisei chili (e chiaramente molto più agile) ma eroga solo qualche cavallo in meno, mentre il prezzo è inferiore di 2400 Euro (8.950 franco concessionario), senza che questo derivi da un impoverimento delle caratteristiche di motore e ciclistica del modello dal quale tecnicamente deriva (ossia la poco fortunata supersportiva TT600).




Insomma, la Baby Speed, indirizzata soprattutto ai giovani e (perché no?) a qualche centaura, sembra davvero partire col piede giusto: dopo Hornet e Fazer, il settore delle naked di media cilindrata (ovvero le protagoniste del nostro mercato) ha un nuovo punto di riferimento.






Esteticamente la Baby Speed ha poco da invidiare alla Triple, in pratica solo l’aggressivo doppio tubo del telaio e poco altro. Ma, vista frontalmente, si rifà alla grande con le due prese d’aria tubolari che conferiscono alla neonata naked inglese un che di postatomico, oltre a sottolineare quella che visivamente è la caratteristica peculiare di ogni Speed che si rispetti: i suggestivi occhioni da matto.




A rendere ancora più cattivo l’insieme è il blocco motore nero, così come il telaio, a far da contrasto con le due colorazioni sgargianti (quella arancione e soprattutto quella tipica verde pazzo) e far pandance col nero opaco. Per il resto... lo stesso striminzito cupolino triangolare, buono per l’estetica ma non certo per proteggere dall’aria, un codino praticamente identico ed un serbatoio uguale alla 955, oltre alla medesima strumentazione digitale, coi dati che possono essere commutati in unità di misura inglesi. E, naturalmente, il contagiri rimane grande e analogico.




Insomma, l’unica grande differenza con la Speed Triple sono le dimensioni meno esagerate. Attenzione però a non vedere la Baby Speed come un pargolo che goffamente scimmiotti l’eroico papà: la nuova Triumph non è assolutamente un “vorrei ma non posso” e lo dimostra anche il prezzo, notevolmente (e orgogliosamente?) superiore a quello delle concorrenti jap. Come la Triple, anche questa Speed sarà per molti, ma non per tutti.






Il motore della Baby Speed è lo stesso quattro cilindri in linea trasversale di 600 cc che spinge la media supersportiva inglese TT600. Di questo propulsore naturalmente ha assunto tutte le migliorie apportate alla versione 2002, e in particolare i nuovi alberi a camme, pistoni, camicie dei cilindri e mappatura dell’accensione/iniezione.
Degni di nota i pistoni superleggeri, raffreddati inferiormente da getti d’olio, e i carter, stampati ad alta pressione e trattati al Plasma Nitring.





Si tratta di un motore di impostazione estremamente moderna, con distribuzione bialbero a quattro valvole per cilindro e alimentazione ad iniezione elettronica sequenziale Multipoint. L’accensione è coordinata all’alimentazione attraverso il sistema di gestione elettronica del motore (ECM) dotato di numerosi sensori che informano la centralina secondo parametri prefissati.
La potenza massima della Baby Speed è di 98 CV a 11.750 giri; stando a quanto affermato dalla Triumph si tratta di una scelta precisa che offre il miglior compromesso fra potenza e guidabilità, inoltre evita il superamento del limite assicurativo già in vigore in alcuni Paesi d’Europa.




Modernissima anche la ciclistica, con un telaio perimetrale d’alluminio che pesa solo 12,6 kg. In lega leggera anche il forcellone della sospensione posteriore, del tipo progressivo, con ammortizzatore completamente regolabile nel precarico, come in compressione ed estensione. Completamente regolabile anche la forcella Kayaba con steli di 43 mm.
I freni della Baby Speed sono gli stessi della TT600, ossia un doppio disco di 310 mm con pinze Nissin a quattro pistoncini sulla ruota anteriore e un disco di 220 mm di diametro con pinza a singolo pistoncino su quella posteriore.
Il peso a secco dichiarato è di 170 kg.






La posizione di guida è piuttosto raccolta, come appare ovvio in virtù della genealogia che la vede discendente diretta dalla TT 600, tuttavia anche chi è più alto della media non si trova eccessivamente costretto: certo, le gambe sono rannicchiate a causa di pedane piuttosto alte, ma anche con i semimanubri le braccia non appaiono caricate in modo fastidioso. Aspettiamo comunque con ansia la disponibilità del manubrio intero, che dovrebbe essere più alto e meno “chiuso” dei mezzi manubri offerti adesso, anche se ciò certo peggiorerà la già non eccezionale protezione aerodinamica. Il piccolo cupolino e la sella incassata dietro il serbatoio offrono infatti una qualche protezione, ma di certo non possono fare miracoli.




Anche riguardo alle vibrazioni, la situazione è rosea: il quattro cilindri inglese gira liscio e senza provocare fastidi: pedane e manubrio, pur essendo vincolati rigidamente ai supporti, non sono afflitti da vibrazioni, e anche gli specchietti (piuttosto anonimi) permettono un’ottima visuale
. La strumentazione ha un contagiri analogico molto ben leggibile, mentre il tachimetro, a cristalli liquidi, pur essendo esente da critiche, non è così intuitivo.




Comodo è l’azionamento del cavalletto laterale in acciaio, dall’aspetto solido e dall’appoggio stabile. Meno bene, invece, l’ospitalità riservata al passeggero: sotto il guscio la sella è relativamente confortevole (se paragonata alla media delle supersportive), ma la differenza di altezza rispetto al conducente e la posizione delle pedane non ne fanno una sistemazione particolarmente accogliente.






La derivazione da suspersportiva si sente non solo dall’approccio con la posizione di guida, ma anche da come rispondono le sospensioni al peso del pilota: la taratura è sostenuta, e anche se i chili dichiarati sono gli stessi (se ne va la carenatura ma arrivano fari in acciaio più pesanti) la sensazione è che la moto sia ora più maneggevole.
Fin dai primi passi si capisce che i tecnici hanno privilegiato le prestazioni al comfort, e infatti le irregolarità sono filtrate un po’ a fatica, ma in cambio la Baby Speed ripaga con una facilità di guida, una precisione, una tenuta e velocità in curva che non è naturale aspettarsi al cospetto di una nuda di media cilindrata: una vera e propria sportiva priva della carenatura.




Ovviamente, anche il motore ha i suoi meriti: in Inghilterra hanno lavorato bene e, anche se il cambio è ancora piuttosto ruvido specie in scalata, ora il motore non soffre più di quel gap di prestazioni che lo distanziava dai concorrenti giapponesi: l’erogazione è sempre pulita e comincia a irrobustirsi tra i 5000 e i 6000 giri, per poi distendersi al meglio oltre gli 8000 fino ai 13.000 e rotti del limitatore.
In pista sembra quasi innaturale entrare con una nuda: eppure la Baby Speed non solo è divertente, ma offre prestazioni assolutamente di rilievo anche confrontate con moto dichiaratamente pensate per l’uso in circuito.




L’ottima maneggevolezza non va a discapito di una stabilità rigorosa in tutte le situazioni: per scelta precisa, l’inserimento in curva non è fulmineo, ma la precisione e la pulizia di discesa in piega compensano ampiamente questa sfumatura. Anche perché, complici le ottime Battlax BT 010, si può entrare in curva a freni tirati, senza che ciò influisca sulla precisione direzionale.


Motore: quadricilindrico in linea a quattro tempi, raffreddamento a liquido, distribuzione bialbero a quattro valvole per cilindro con comando a catena, alesaggio e corsa 68 x 41,3 mm, cilindrata 599 cc, rapporto di compressione 12,5:1. Alimentazione ad iniezione elettronica sequenziale, capacità serbatoio 18 litri. Accensione elettronica integrata con l'iniezione. Avviamento elettrico.

Trasmissione: primaria ad ingranaggi, finale a catena. Frizione multidisco a bagno d’olio con comando a cavo, cambio a sei velocità.

Ciclistica: telaio a doppio trave in lega leggera. Sospensione anteriore: forcella telescopica regolabile con steli da 43 mm. Sospensione posteriore: forcellone a doppio braccio in lega leggera, monoammortizzatore regolabile a comando progressivo. Freni: anteriore a doppio disco flottante da 310 mm, pinze a quattro pistoncini. Posteriore: disco da 220mm, pinza flottante a un pistoncino.

Dimensioni: lunghezza 2060 mm, larghezza 1150 mm, altezza sella 690 mm, interasse 1395 mm, inclinazione asse sterzo 24,6°, avancorsa 89 mm. Peso a secco: 170 kg.

Prestazioni dichiarate: 98 CV (72 kW) a 11.750 giri, coppia massima 6,9 kgm (68 Nm) a 10.500 giri.

Euro1: sì.
Triumph Baby Speed
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