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Come dobbiamo valutare il nuovo Codice della strada?

Marco Gentili
di Marco Gentili il 20/11/2024 in Attualità
Come dobbiamo valutare il nuovo Codice della strada?
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Dal punto di vista degli utenti delle due ruote, in modo incredibilmente positivo. Ma attenzione: un documento da solo non basta per cambiare le troppe cattive abitudini alla guida

Alla fine, dopo una gestazione durata anni, il codice della strada è stato finalmente aggiornato in modo sostanziale. Diciamo finalmente a buon diritto perché, dopo troppo tempo, sono stati finalmente adottati provvedimenti di sicuro interesse per il mondo delle due ruote. In primo luogo, il tanto atteso via libera alla circolazione dei 125 cc su autostrade e tangenziali. Ed è proprio qui che partiamo per analizzare ad ampio spettro il documento.

 

125 IN AUTOSTRADA: FINALMENTE!

La modifica più rilevante riguarda la possibilità, per i possessori maggiorenni di moto e scooter, di condurre un veicolo di cilindrata superiore ai 120 cc (o 6 kW, se elettrico) su autostrade e tangenziali. Si tratta di una riforma attesa dal 2013 e che mette una pezza all'unicum italiano: fino a oggi eravamo l'unico Paese in Europa a non consentire a un 125 cc di transitare su autostrade e tangenziali. Finalmente anche i possessori di moto e scooter (maggiorenni) potranno percorrere quei due o tre caselli di autostrada, o alcune uscite di tangenziale, per i propri spostamenti di breve e medio raggio. Decongestionando così le strade urbane, finora le uniche percorribili con questi mezzi. I quali, negli anni, si sono evoluti dal punto di vista tecnico, costruttivo e prestazionale: oggi dire che "un 125 cc in autostrada non è sicuro perché va troppo piano" è solo un'affermazione falsa, tendenziosa e pronunciata in malafede. Punto.

 

MOTOCICLISTI UTENTI DEBOLI DELLA STRADA

Rientra poi nel nuovo codice della strada una novità apparentemente formale, ma di grande importanza prospettica: i motociclisti infatti sono stati riconosciuti come "utenti deboli" della strada, alla stregua di pedoni e motociclisti. Una classificazione che da un lato permetterà alla nostra categoria di beneficiare dell'accesso a fondi e stanziamenti (nazionali e comunitari) per la promozione di campagne di sensibilizzazione e di educazione stradale; sull'altro versante, come utenti deboli della strada, ci spetta anche la possibilità di vedere stanziata a nostro favore (sottoforma di progetti di protezione e tutela) parte dei proventi di multe e contravvenzioni stradali. Ad ogni modo, si tratta di un riconoscimento degno di un paese che si reputa civile nei confronti delle due ruote.

 

STRETTA SU ALCOL E DROGHE

Nel nuovo codice sono anche previsti degli inseverimenti di pena nei confronti di chi abusa di alcol e droghe, oltre di chi guida allegramente parlando col cellulare all'orecchio, mentre viene ampliato a moltissime tipologie di fattispecie il potere di controllo degli occhi elettronici presenti sulle nostre strade, rendendo quasi obsoleto il controllo di polizia "in presenza". Nell'ottica dell'ecosistema stradale, dove veicoli a due, tre e quattro ruote condividono spazi e regole, si tratta di un passo avanti positivo.

In un Paese come l'Italia nel quale il rispetto delle regole è culturalmente un optional (a meno che non siano fatte a proprio uso e consumo), è necessario spaventare l'utente per ottenere l'unico risultato possibile: dissuaderlo dal mettere in atto comportamenti potenzialmente dannosissimi per se stesso e per gli altri. E in quest'ottica ben vengano anche sanzioni accessorie particolarmente fastidiose e vessatorie come la "sospensione breve" della patente.

Tutt'altra questione riguarda "chi" deve fare rispettare queste regole: la quantità e la qualità dei controlli su strada. Con le poche risorse di cui dispongono le nostre forze di polizia, ben vengano più controlli in remoto.

 

GUARDRAIL PER MOTOCICLISTI? NO GRAZIE

A differenza di quanto qualche cialtrone in cerca di clic vuole cercare di far credere, nel nuovo codice della strada non è stata introdotta alcuna disciplina ulteriore sulla questione dei guardrail salvamotociclisti. Le cui regole sono stabiliti da appositi decreti ministeriali (che non rientrano quindi in una legge-quadro come è il codice della strada). Nel caso in questione, sappiamo bene che il guardrail salvamotociclisti può salvare la vita, ma non è attraverso un suo utilizzo massiccio e indiscriminato che risolveremo il problema di utenti delle due ruote morti e feriti sulle nostre strade. Per fare ciò bisognerebbe ridurre drasticamente la nostra velocità e le nostre manovre imprudenti. I dati parlano chiaro: una parte consistente di morti e feriti su due ruote sono causati da manovre sconsiderate, nelle quali non sono imputabili fattori esterni. Poi certo, il guardrail killer fa notizia, ma numericamente non incide sui nostri destini così come uno scontro fronto-laterale con un'auto.

 

SENZA EDUCAZIONE STRADALE NON SI VA DA NESSUNA PARTE

E qui arriviamo al dunque: potremo anche avere il Codice della strada più avanzato e aggiornato del mondo, ma fino a quando il nostro comportamento su strada è quello che osserviamo quotidianamente nelle nostre città e nei nostri Paesi, si va da poche parti. Arroganza, maleducazione, scarso rispetto del prossimo e sistematica infrazione dei limiti di velocità sono una costante della guida in Italia.

E da questo punto di vista non possiamo che deplorare la scelta di non punire le infrazioni multiple: d'ora in avanti infatti chi commetterà la stessa infrazione per più volte nell'arco di un'ora, pagherà una specie di "multa forfettaria". La cosa farà felici soprattutto i contravventori seriali, quelli che amano sfrecciare a velocità folli davanti agli autovelox, e che d'ora in avanti pagheranno una sola sanzione.  

Del resto siamo un Paese, come emerge da una recente ricerca di Anas, nel quale un italiano su due (per l'esattezza, il 51%) ritiene che superare i limiti di velocità non sia pericoloso. Tra chi ci circonda, l’11,4% ritiene che durante la guida “si possa fare altro” mentre soltanto il 55,4% del campione è convinto che gli incidenti stradali dipendano da comportamenti errati. Il quadro desolante che emerge da questo report può essere solo arginato da una legge come il codice della strada, per quanto severo possa essere.

Finché a cambiare non sarà la mentalità delle persone, per cui gli incidenti sono sempre "colpa di qualcuno o di qualcos'altro", l'obiettivo di riduzione del 50% della mortalità sulle nostre strade entro il 2030 resterà solo uno slogan buono per la politica.

 

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