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MV Agusta: 30 anni difficili +VIDEO+

Christian Cavaciuti
di Christian Cavaciuti il 07/10/2024 in Attualità

Nella sua storia recente, la Casa varesina è stata un pozzo senza fondo: i suoi soci hanno versato a vario titolo quasi un milione di euro. KTM riuscirà a renderla un'azienda profittevole?

La storia di MV Agusta parte dal 1945, alla fine della guerra: un’azienda quindi meno antica rispetto ad Harley-Davidson, Moto Guzzi, BMW o Husqvarna; ma il successo e il prestigio ottenuto in pochi anni – i famosi 75 titoli iridati tra piloti e costruttori raccolti tra il 1952 e il 1974 – ne fanno uno dei Marchi più nobili al mondo.

Il fatto di aver vinto tanto ed essere poi scomparso (per la morte del conte Domenico Agusta e la successiva focalizzazione aziendale sul ramo elicotteri) rende il marchio MV, agli occhi di chi ha motociclisticamente vissuto gli Anni 70, 80 e 90, ammantato di un’ulteriore aura di leggenda, un po’ come quei cantanti o attori morti giovani. L’azienda varesina aveva corso e (stra)vinto con le 4 cilindri molto prima dei giapponesi, quando quasi nessuno al mondo riusciva a produrre e rendere competitivo sulle moto questo frazionamento.

MV è però ormai scomparsa dai riflettori quando, dopo un corteggiamento lungo quasi vent’anni, la famiglia Castiglioni, proprietaria del Gruppo Cagiva, riesce ad acquistare il marchio dai conti Agusta. In quel momento Cagiva è una delle Case italiane più in vista: vende tanto, corre in 500 e sta rilanciando con successo Ducati.

 

MV Agusta: 30 anni difficili +VIDEO+

IL RILANCIO DEI CASTIGLIONI

Già da qualche anno Cagiva sta lavorando al suo obiettivo più ambizioso, una sportiva 750 quattro cilindri in linea che contrasti le giapponesi nel segmento più importante e prestigioso del mercato di allora. Al progetto lavorano gli uomini del Centro Ricerche Cagiva di San Marino, guidati da Massimo Tamburini, il papà della Paso e della 916, mentre sul motore sono coinvolti dei motoristi Ferrari, che introducono soluzioni quali le valvole radiali e la catena di distribuzione centrale.

La moto, siglata F4, è già stata mostrata col marchio Cagiva e linee simili alla C 594 da GP quando MV Agusta entra nell’orbita Cagiva, e la scelta naturale è quella di usare il motore quattro cilindri in linea sulle MV di nuova generazione, ancora tutte da inventare. Tamburini sviluppa una ciclistica ardita, con telaio misto in acciaio-alluminio e uno scultoreo forcellone monobraccio, e su quella base realizza prima la F4 750 e poi la Brutale 750, destinate a rimanere a lungo i due capisaldi della produzione MV.

La tumultuosa crescita del Gruppo Cagiva, le numerose acquisizioni (prima di MV Agusta erano arrivate Ducati, Moto Morini e Husqvarna), l’impegno sportivo ai massimi livelli (500 GP, Parigi-Dakar, Mondiale Motocross) mettono però sotto pressione i conti del Gruppo, che nonostante venda bene si trova a dover dismettere quelli che gli economisti chiamano “asset”, ovvero dei pezzi sostanziali dell’azienda.

 

MV Agusta: 30 anni difficili +VIDEO+

DAL FONDO AMERICANO AI MALESI DI PROTON

La prima cessione, piuttosto clamorosa, è quella di Ducati, che nel 1996 passa, insieme a Moto Morini, sotto il controllo del fondo americano Texas Pacific Group, il quale ne acquista il 51% e nel 1998 il rimanente 49%. Cagiva motiva la cessione con la sovrapposizione di prodotto con MV Agusta (benché al tempo Ducati produca soltanto bicilindrici e MV soltanto quattro cilindri) e la scelta di concentrarsi su quest’ultima.

Il passaggio viene all’epoca stimato in 500 miliardi di lire, quotazione anche prudente vista la forte crescita di quegli anni (+25% di vendite negli ultimi 5 anni) e il fatturato di 300 miliardi nel 1995, senza contare che nel pacchetto c’è anche l’altro marchio bolognese Moto Morini. Fanno circa 250 milioni di euro, cifra che però va rivalutata e porta a un valore attuale di circa 400 milioni di euro.

Questi soldi finiscono nei conti del Gruppo, per pagare i fornitori che vantano crediti arretrati ormai immani e investire nello sviluppo dei marchi ancora in portafoglio: principalmente MV e in misura minore Husqvarna, visto che i piani per Cagiva sono in quel momento già ridimensionati dal calo di vendite delle 125 cc, storicamente il suo zoccolo duro.

Nonostante l’afflusso di capitali, e nonostante MV sia ormai diventato il marchio principale del Gruppo, i problemi di liquidità però non si risolvono del tutto. Intervengono le banche, a partire da Banca Intesa che nel 1999 accorda un finanziamento da 25 milioni di euro.

Nei primi Anni 2000 Claudio Castiglioni le prova tutte: prima un accordo con il Gruppo Piaggio, che però sfuma prima di concretizzarsi, e nel 2004 la cessione della maggioranza di MV ai malesiani della Proton, produttori di auto interessati al mondo moto (in quegli anni corrono anche in MotoGP con una 5 cilindri a V costruita in Inghilterra, dagli scarsi risultati). Proton versa 70 milioni di euro per avere il 65% del capitale sociale, soldi che finiscono principalmente nelle casse delle banche e dei fornitori.

 

LA CESSIONE DI HUSQVARNA E L'ARRIVO DI HARLEY-DAVIDSON

A questo punto la storia diventa a dir poco rocambolesca. Non si capisce bene se perché spaventati dai bilanci dopo una due diligence superficiale o se per un improvviso cambio ai vertici dell’azienda (qualcuno parlò di “ribaltone”), Proton già nel 2005 decide di uscire dal settore moto e lascia a rotta di collo MV Agusta, acquistata dalla finanziaria genovese GEVI, che fa capo alla banca Carige, alla cifra simbolica di 1 euro. Gevi si porta a casa un capitale circolante (valore della produzione, magazzino eccetera) stimato in 32,5 milioni di euro, ma anche debiti a lungo termine per 106,9 milioni di euro.

Claudio Castiglioni non smette di lavorare per ripianare i debiti e far decollare MV Agusta, che è un po’ la sua ossessione di ragazzo, e nel 2007 cede un altro gioiello di famiglia: Husqvarna, che passa nelle mani di BMW per 93 milioni di euro: più o meno 120 milioni di euro attuali.

Passa meno di un anno e arriva la notizia dell’accordo con Harley-Davidson, che sembra il passo definitivo: nessuna sovrapposizione tra le gamme e la prospettiva di fare un polo del lusso a 360° nel mondo moto. L’entusiasmo è percepibile da entrambe le parti, senza contare che Milwaukee versa, per rilevare il controllo di MV Agusta e Cagiva, 70 milioni di euro; Claudio Castiglioni resta presidente.

H-D investe altri 40 milioni per rimettere a posto i conti e aggiornare la produzione, che finalmente riparte. Ma incredibilmente, anche Harley cambia idea dopo un solo anno, decidendo di concentrarsi sulla produzione delle sue tradizionali bicilindriche e abbandonando il filone sportivo (tanto che viene chiusa anche Buell). Claudio Castiglioni, probabilmente grazie a qualche postilla dell’accordo, torna proprietario di MV Agusta alla cifra simbolica di 1 euro.

 

MV Agusta: 30 anni difficili +VIDEO+

IL PERIODO MERCEDES E IL CONCORDATO

Nel momento in cui ha a disposizione un’azienda finalmente sana, Claudio Castiglioni viene purtroppo a mancare nel 2011, seguito pochi anni dopo dall’altra anima del rilancio di MV, il fido Massimo Tamburini. L’azienda passa nel frattempo sotto la gestione del figlio di Claudio, Giovanni, assistito dall’ingegner Massimo Bordi che aveva già guidato Ducati nei primi anni del rilancio.

Giovanni ha un piano di rilancio ambizioso, che vede effettivamente una sostanziosa crescita delle vendite grazie anche all’arrivo nel 2012 della motorizzazione a 3 cilindri. In questo percorso MV Agusta è affiancata dalla divisione AMG di Mercedes, uscita da Ducati dopo il suo ingresso nell’orbita Audi, e che in cerca di un’alternativa premium investe circa 20 milioni di euro per acquisire il 25% delle quote di MV Agusta. A questi soldi vanno aggiunti i 15 milioni di euro ricevuti dalla Banca Popolare di Milano per allargare il raggio d'azione di MV ai mercati esteri: in particolare Stati Uniti, Brasile e Sud-est asiatico.

Nonostante queste iniezioni di capitale, il piano forse troppo ambizioso e non supportato da un’adeguata rete vendita vede un nuovo aumento degli squilibri finanziari: MV ha una fama mai veramente superata di cattivo pagatore, e i fornitori passano dal richiedere i classici pagamenti a 90 giorni a 60 giorni, poi 30 giorni, poi alla consegna e infine all’ordine. La produzione è di fatto paralizzata.

Nel marzo del 2016 viene richiesto e concesso dal tribunale di Varese un "Concordato di continuità", che prevede una riduzione della produzione da 9.000 a 6-7.000 moto l’anno, il dimezzamento dei costi di ricerca e sviluppo da 15 a 7 milioni di euro e alla chiusura di fatto del "Reparto Corse", il cui budget scende da 4 milioni a 600.000 euro. Inoltre MV deve licenziare 200 dipendenti, e di lì a pochi mesi scoppia un caso relativo a una grossa fetta di contributi previdenziali dei dipendenti apparentemente non versati. Nuovi buchi finanziari insomma, per giunta difficili da quantificare.

 

MV Agusta: 30 anni difficili +VIDEO+

L'EPOCA SARDAROV E L'INGRESSO DI KTM

A questo punto si profila all’orizzonte un nuovo investitore, il russo Timur Sardarov, che a luglio 2017 acquista le quote di AMG per una cifra che non viene resa nota.

A fine 2018 la società di Castiglioni e Sardarov annuncia un aumento di capitale di 40 milioni di euro, ma nel comunicato si dice che gli azionisti hanno in realtà apportato oltre 50 milioni di euro negli ultimi 12 mesi; tra questi, è sempre più evidente che Sardarov è intenzionato a prendere il controllo a tutti gli effetti. A fine 2019 viene annunciato un piano quinquennale per arrivare a produrre 25.000 moto nel 2024, con l’arrivo in azienda nelle aree chiave di una serie di manager molto esperti.

Il rilancio è in realtà frenato dai conti sempre in disordine, dall’esigenza di riorganizzare e dall’arrivo di lì a poco della pandemia. Nel difficile periodo del Covid, Sardarov sostiene di tasca sua l’azienda, non è ben chiaro con quale esborso finanziario. Nel frattempo si concretizza l’interesse del Gruppo KTM, che a novembre 2022 entra come partner per gli acquisti e la distribuzione acquisendo il 25,1% delle quote attraverso un aumento di capitale di 30 milioni di euro che gli austriaci versano dunque nelle casse dell’azienda.

Arriviamo al 2024: poco dopo che MV ha annunciato di aver ripianato i debiti ed essere uscita dal concordato, a marzo di quest’anno KTM chiude in anticipo la sua manovra per acquisire il controllo di MV Agusta, comprando da Sardarov un ulteriore 25% per arrivare al 50,1% complessivo con la possibilità quindi di decidere la gestione industriale. La valutazione del valore dell’azienda è stata fatta con un metodo concordato tra le parti, un multiplo dell’EBITDA ovvero il risultato dell’azienda legato alla sua sola attività operativa (produrre e vendere moto) senza considerare gli aspetti finanziari e fiscali.

A Sardarov, per il momento, rimane il 49,9%. Gli va dato atto di aver tenuto a galla MV Agusta in momenti difficili, anche se forse con una visione non troppo chiara e risultati lontani dagli obiettivi fissati nel 2019: il 2024 si chiuderà con meno di 5.000 moto prodotte, un quinto di quanto previsto allora. Ma del resto Pierer Mobility/KTM, che sforna quasi 400.000 moto l’anno, ha piani un po’ diversi per l’azienda varesina, che non dovrà più inseguire i volumi ma posizionarsi nella nicchia del superlusso.

Lasciando da parte i finanziamenti delle banche, che bene o male riescono sempre a recuperare i loro soldi, i milioni affluiti nelle casse di Varese sono comunque parecchi: quasi 900. Ecco la nostra stima, con le cifre di allora e rivalutate al 2024.

 

I SOLDI FINITI NELLE CASSE DI MV AGUSTA

Anno Evento Capitale [M€] Capitale 2024 [M€]
1996 Cessione 100%  Ducati e Morini a TPG 250 391,5
2004 Cessione 65%  MV a Proton 70 94,1
2007 Cessione 100% Husqvarna a BMW 93 118,5
2008 Cessione MV a Harley-Davidson 70 86,4
2009 Investimenti H-D per debiti e produzione 40 49,0
2012 Cessione 25% MV ad AMG-Mercedes 20 22,8
2017 Iniezioni di capitale degli azionisti 10 11,2
2018 Aumento di capitale MV Holding 40 44,1
2020 Iniezioni di capitale di Timur Sardarov n.d. n.d.
2022 Cessione 25,1% MV a KTM per aumento di capitale 30 30,0
  TOTALE 623 847,5

Considerando che non abbiamo informazioni su quanto messo di tasca propria da Sardarov per sostenere l’azienda, è verosimile che siano stati spesi in MV Agusta nella sua storia moderna quasi 900 milioni di euro, senza contare i soldi spesi dai Castiglioni per acquisire il marchio dai conti Agusta e le spese non documentate. Come a dire, quanto l’intero debito del Gruppo KTM nel 2023 e quasi quanto un anno di fatturato della Ducati di oggi.

Questo a fronte di una produzione che si è sempre attestata fra le 3.000 e le 10.000 moto l’anno, con fatturati mai oltre i 100 milioni di euro. Come dire che in circa 30 anni di vita, l’azienda ha assorbito l’equivalente oltre 10 anni di fatturato in investimenti, il che dà un’idea delle difficoltà di gestione di un brand che pure ha un potenziale altissimo.

La storia della MV Agusta “moderna” è quindi una storia paradossale: la storia di una delle poche aziende al mondo che ha pochi problemi a vendere, e molti a produrre. Una storia fatta di squilibri finanziari, fornitori non pagati, fatture emesse e poi annullate, transazioni poco chiare; uno sfondo purtroppo opaco per il lavoro straordinario di uomini che sono stati in grado di realizzare alcune delle moto più belle e desiderate dell’intera produzione mondiale.

Oggi, con l’arrivo della disciplinata gestione KTM, potrebbe essere arrivata la svolta definitiva che porterà MV dal mondo romantico e un po’ contrabbandiero dell’imprenditoria italiana del Novecento al mondo globale di oggi, magari un po’ meno estroso ma anche meno avventato.

 

MV Agusta: 30 anni difficili +VIDEO+
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Giovanni Castiglioni e Massimo Tamburini
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Una F3 con livrea AMG, prodotta all'epoca in cui l'azienda era controllata da Mercedes
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Lo stabilimento di Schiranna, a Varese, sede storica di MV Agusta
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L'attuale board di MV Agusta: al centro l'attuale ceo Hubert Trunkenpolz
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Timur Sardarov, socio di maggioranza di MV Agusta dal 2019 al 2023
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