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Tendenze: il ritorno del motocross

Redazione
dalla Redazione il 26/10/2023 in Attualità
Tendenze: il ritorno del motocross
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Da Ducati a Triumph, tutte le grosse Case costruttrici si stanno buttando nel mondo del tassello. Un modo per conquistare i giovani di oggi e i motociclisti del futuro? Ecco le riflessioni della redazione di Dueruote

OBIETTIVO: LA RINCORSA AI PIU' GIOVANI

Se eccettuiamo i giapponesi sempre attente a coprire tutti i segmenti, a lungo le off-road sono state snobbate. Dopo il momento di gloria negli Anni 70 e i primi 80, con la fine del fenomeno Dakar e il successo planetario della 500 e poi MotoGP le grandi Case si sono concentrate tutte sulle gomme lisce, abbandonando Motocross ed Enduro. Per non parlare delle Minicross, lasciate a costruttori marginali o improvvisati e costruite spesso ancora con i criteri di vent’anni prima. Intanto Honda smetteva di produrre le 2T concentrandosi di fatto sulle 250 e oltre, Kawasaki concentrava le sue Minicross nel solo, ricettivo mercato americano, Suzuki e Yamaha mantenevano le loro piccole 2T, congelate però nello sviluppo.

Intanto KTM, che faceva solo off-road, era fallita nel 1992 ed era ripartita dall’off-road. Passo dopo passo, ricostruendo la sua base tecnica, la sua affidabilità e la sua immagine. Arrivando a vincere e poi a dominare nel motocross e nell’enduro. E costruendo una gamma di minicross allo stato dell’arte, belle e tecnologiche come le sorelle maggiori, con tanto di campionati monomarca dedicati.

Per i più giovani, così, KTM è diventata il riferimento. Nel mondo racing il vivaio di Mattighofen è come quello del Barcellona nel calcio: l’80% dei grandi campioni arriva da lì. Tra gli sbarbati, le moto più fighe sono le KTM. E in generale se sali su una moto orange a 10, 8, oggi anche 3 o 4 anni con i modelli elettrici, e queste moto ti accompagnano fino alla 450 da Cross o alla maxi Adventure per i viaggi con la fidanzata, è probabile che resti fedele all’arancio. Intanto KTM in 30 anni è diventata, per numeri, il più grande costruttore europeo.

Le grandi Case ovviamente se ne sono accorte. Yamaha ha rinnovato e completato la sua gamma di Minicross, Kawasaki si sta muovendo, e gli europei in caccia di nuovi sbocchi hanno messo gli occhi su un mondo che è il più affine a quello degli action sports, popolarissimo tra i giovani. Triumph e Ducati sono già in arrivo, non è improbabile che altri seguiranno. In un panorama di motociclisti sempre più ingrigiti, la rincorsa ai ragazzini è il sacro graal di tutte le aziende. Dalla lotta tra i cordoli potremmo finire alla lotta nel fango. (christian cavaciuti)

 

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Ricky Carmichael sulla nuova Triumph da cross nel corso dei test finali

MEGLIO L'UOVO OGGI O LA GALLINA DOMANI?

Prima l'uovo o la gallina? Un dilemma irresolubile, che oggi le case motociclistiche stanno cercando di incanalare in una direzione ben precisa. Se è arrivata prima la gallina, il migliore costruttore del mondo è quello che si rivolge al pubblico più anziano e alto-spendente che ci sia. Quindi le promosse sono BMW e Harley-Davidson (quest'ultima poi è premiata dal suo ricorso alla geriatria motociclistica, visto che è l'unica che produce quei trike utili a prolungare l'età utile del biker senescente).

Ma se è arrivato prima l'uovo, allora vince KTM. Il gruppo austriaco da anni, predicando nel deserto, è l'unico che investe davvero sui giovani. Moto da cross ed enduro, naked entry level: la ricetta perfetta per ingaggiare quella che oggi si chiama Generazione Z, gli sbarbatelli di oggi che saranno gli alto-spendenti di domani. Li conquisti, li fidelizzi, e un giorno si ricorderanno di te, quando vorranno sborsare 25mila euro per una moto con cui, a 50 anni, andranno in gita al mare in estate con la moglie.

Il problema è che adesso herr Pierer è in buona compagnia. Adesso anche Triumph e Ducati hanno deciso di buttarsi nel mondo del tassello. E se per qualcuno è un'eresia, per altri è una questione di realpolitik. L'unico modo - oggettivamente - di tenere agganciati i più giovani alle due ruote, è conquistarli col tassello. Con l'emozione, l'adrenalina. La strada, il racing sull'asfalto, non paga più come una volta.

Per cui, tagliando i giudizi con l'accetta, se il vecchio compra Harley o BMW, il giovane trova la sua aoddisfazione con KTM (e un domani con Ducati o Triumph). Nel bel mezzo di questa polarizzazione ci sono i giapponesi (almeno, coloro che saranno in grado di dare un'offeta adeguata).

E però, qui c'è un bel però. Perché finora abbiamo ragionato indossando le lenti del consumatore europeo e americano, ormai una specie minoriatria nel mondo di oggi. Dove a trainare la domanda sono Cina, India, Indonesia e Vietnam. Siamo sicuri che a questi pubblici interessi qualcosa dell'offroad? La risposta è chiaramente negativa. Ma per adesso ci va bene così. Se mai saranno i nostri figli ad affrontare il problema. (marco gentili)

 

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La KTM 125 SX modello 2024

DUCATI E OFF-ROAD: UNA SCELTA CORAGGIOSA (MA SENSATA)

Le strade per fare crescere una azienda non sono molte. Incrementare il fatturato significa ampliare la clientela, ampliare la clientela significa allargare la gamma. Con un unico fine: crescere accaparrandosi nuove fette di mercato, presenziando dove non si è. Solitamente, giunti a questo punto, che per brevità chiameremo “SCELTA”, l’imprenditore può percorrere due sentieri: allargare la produzione o acquisire aziende.

Tutto ciò non è un segreto e accade in tutti i mercati e per tutti i prodotti. E tornando alle moto, di esempi di acquisizioni ne abbiamo a bizzeffe. KTM, per dirne una, ha seguito proprio questa strada: comprare. L’ultima ad entrare nel carrello della Casa di Mattighofen è stata, guarda caso, MV Agusta.

Ducati, in un certo senso, ha deciso per la via più impervia: puntare sulle proprie forze, sviluppando un prodotto tutto nuovo e lontano dalla propria “religione”. SCELTA ardua. Per chi ha buonissima memoria: a Bologna esistevano già moto denominate “Six Days”, ma parliamo di cinquant’anni fa. Molto tempo anche per gli uomini del marketing, che troveranno però la narrazione giusta per linkare la storia al futuro.

Ma a Bologna vogliono fare le cose in grande e una acquisizione l’hanno fatta: Tony Cairoli. Mossa diabolica, in un certo senso, ma con un valore comunicativo enorme. E non solo. Se per alcuni questa SCELTA ha quasi il sapore del dispetto, per altri è un modo furbissimo per accorciare i tempi di sviluppo prodotto (con la speranza di essere subito competitivi). Il mondo del tassello si muove con dinamiche diverse da quello dei pneumatici slick e la distanza fra “produzione” e “corsa” non è abissale come quando si parla di mezzi manubri.

Toni le moto austriache le ha portate sul tetto del mondo 9 volte, ne ha seguito lo sviluppo nel Reparto Corse e sui campi di gara e, in un certo senso, ha vissuto l’industrializzazione delle sue scelte. Insomma, è l’uomo giusto al momento opportuno: conosce cosa serve e cosa no. E sappiamo che Ducati ha sempre scommesso forte sul racing, sia per lo sviluppo che per l’immagine.

La, anzi le, nuove Ducati saranno subito appetitose per il mercato? Credo di sì. Ma non credo lo saranno per i vecchi ducatisti. La Casa è riuscita, negli anni, ha scrollarsi di dosso tutte le etichette che le erano state appiccicate. Le “rosse” erano bicilindrico, traliccio e desmo. Ora sono per lo più altro (e non sono nemmeno più così rosse)… Eppure i dati di vendita dicono che a Borgo Panigale hanno saputo cambiare rotta ma mantenere la posizione, anzi crescere nel fatturato e negli utili.

Solo i numeri di moto vendute sono più o meno gli stessi da un po’ di tempo: 50.000 se va male, 55.000 se va bene. Grandi differenze in termini percentuali, poche in termini numerici pensando al mercato globale.

Una moto tassellata, che può essere democratica per prezzo, stile e target di mercato, può far spiccare il… salto. Ecco perché a Bologna hanno scelto di guardare altrove. E l’unico altrove possibile era (per l’oro) l’ignoto. (federico garbin)

 

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