Attualità
I puristi della moto che odiano le moto cinesi
Una nuova categoria di motociclisti si sta facendo strada: sono quelli che denigrano la moto sulla base della provenienza geografica. E non capiscono che il mondo è irreversibilmente cambiato
C'è una sorta di elitismo tra i motociclisti, oggigiorno. Quella sorta di razzismo che divide in due categorie l'universo delle due ruote. Da una parte i buoni, quelli che hanno moto "di marca", sono motociclisti di lunga data e mettono l'accento su prestazioni e dotazioni del mezzo che guidano. Dall'altra i cattivi, i parvenu della moto. Quelli che l'hanno ripresa dopo molti anni, o semplicemente coloro che l'hanno scoperta in tarda età. I cattivi sono quelli che guardano più alla sostanza che alla forma; si concentrano sul budget, dicono: "Voglio una moto, qualunque essa sia, e ho 7-8mila euro a disposizione". I cattivi vengono visti di malocchio dai buoni perché comprano "moto cinesi", laddove l'aggettivo è usato con disprezzo e diventa sinonimo di produzione di massa e scarsa qualità.
Mi sono reso conto di questo fenomeno leggendo i commenti su Youtube (molti, per fortuna) a corredo della prova che il nostro Roberto Ungaro ha fatto della Benelli TRK 702. Il tenore medio è di questo genere (provo a sintetizzare): "Che schifo, non va, è una cinesata, con mille euro in più mi compro la Honda". Questi sono i buoni, gli ottimati, quelli che vedono come il fumo negli occhi il successo di un marchio la cui unica colpa è quella di non produrre in Italia.
A parte che non capisco questa voglia autarchica di ritorno, ma siamo onesti: oggi qualcuno si sentirebbe di dire che l'iPhone sia una "cinesata"? Eppure, come c'è visibilmente scritto sopra, è "Assembled in China" e "Designed in California". Benelli, allo stesso modo, è fatta in Cina e pensata, disegnata e concepita a Pesaro. Stesso discorso per altri brand dal suono italiano, come Moto Morini.