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Royal Enfield: dal passato al futuro

Christian Cavaciuti
di Christian Cavaciuti foto Massimiliano Serra© il 08/04/2022 in Attualità
Royal Enfield: dal passato al futuro
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Il direttore sviluppo internazionale di Royal Enfield ci racconta come l'azienda indiana è passata in pochi anni da un immobile passato a una crescita che sembra destinata a durare a lungo

Ancora una ventina di anni fa le moto indiane sembravano congelate dalla storia, ferme al modello inglese come certe moto cinesi o russe lo erano rimaste alle BMW d’anteguerra da cui erano copiate. Ma l’impetuosa crescita dei volumi di vendita – il mercato indiano valeva nel 2021 circa 15 milioni di veicoli, dieci volte quello dell’intera Unione Europea – ha permesso alle aziende indiane di internazionalizzarsi, investendo in ricerca, sviluppo e in qualche consulente europeo per accelerare il processo.

A dire il vero, l’impatto della pandemia è stato severo sul mercato indiano che ha perso 5 milioni di pezzi nel 2020 e non li ha ancora recuperati. Ma se escludiamo questo passo indietro, l’India arriva da 20 anni di crescita ininterrotta e le principali Case che vi operano (Hero, TVS, Bajaj, Royal Enfield oltre alle divisioni di Honda, Suzuki e Yamaha) da molti anni realizzano i maggiori profitti del mondo. Negli anni scorsi le abbiamo viste affacciarsi a Eicma, senza particolare seguito da noi tranne che per Royal Enfield, il più piccolo dei colossi indiani (542.000 moto nel 2021) ma anche il più legato all’Europa.

Royal Enfield: dal passato al futuro

Europa-India e ritorno

Fondata semplicemente come Enfield nel 1893 nel cuore dell’Inghilterra, nel 1901 la fabbrica inizia a costruire moto e dal 1911 può fregiarsi del “Royal” nel nome, che attesta la stima della Corona inglese: galloni guadagnati producendo armi. Quanto alle moto, hanno un crescente successo che le porta ad essere prodotte su licenza a Madras per il mercato locale indiano già dal 1956; poi però la Casa madre si avvita in una crisi che la porta a chiudere i battenti nel 1971, mentre a partire dal 1977 le Royal ormai del tutto indiane compiono il percorso inverso e tornano in Europa.

A partire dal 1995, Royal Enfield viene acquisita e rilanciata dal gruppo Eicher Motors: nuovi motori con iniezione elettronica, nuovi modelli e un sempre più consapevole sfruttamento del filone vintage, accompagnati a un’accelerazione commerciale che è sotto gli occhi di tutti. Ne parliamo oggi con Arun Gopal, un gioviale cinquantenne con base nel Leicestershire, dove Royal Enfield ha la sua “antenna” tecnologica europea: 150 tecnici che supportano le tre fabbriche nel polo motoristico indiano di Chennai. Arun è il capo dello sviluppo internazionale del marchio indiano per il mercato EMEA che copre Europa, Medio Oriente e Africa.

Royal Enfield: dal passato al futuro

Arun Gopal

Responsabile sviluppo internazionale Royal Enfield

"Credo che fra 20 anni il mondo sarà un posto più ‘smart’, e spero che avremo iniziato a restituire alla Terra un po’ del tanto che ci ha dato finora. Noi qui in Italia stiamo collaborando con Treedom e piantiamo un albero per ogni moto venduta. Per ora è poco, ma abbiamo intenzioni molto serie..."

Arun, in Italia Royal Enfield è probabilmente è il fenomeno più nuovo dell’ultimo anno.

“Ci fa piacere essere considerati un nuovo fenomeno… perché di fatto siamo la Casa più antica ancora in attività! Abbiamo appena lanciato le edizioni limitate che celebrano il nostro 120° anniversario e sono andate a ruba.”

In realtà siete abituati a crescite rapide: ho guardato un po’ di numeri scoprendo che nel 2010 vendevate in India 1.000 moto al mese, che nel 2020 erano diventate 50.000.

“In India, su un mercato di circa 15 milioni di moto l’anno, le maxi sono circa 1 milione, le medie 1-1,5 milioni e il resto è sotto i 250 cc. Ma è naturale che chi sta in quest’ultimo segmento guardi a quello appena sopra, non alle maxi. Quindi sapevamo che c’era un potenziale di mercato, ma non sapevamo quanto grande. Nel 2014 abbiamo aperto una seconda fabbrica a Chennai e abbiamo venduto subito tutta la produzione. Allora nel 2018 abbiamo aperto una terza fabbrica, portando la nostra capacità produttiva a 1,2 milioni di moto l’anno; e non l’abbiamo venduta tutta solo perché è arrivato il Covid che ha rallentato la crescita…”

Cos’è che a un certo punto ha scatenato questa crescita dopo decenni di tranquilla riproposizione della Bullet?

“Il nostro management ha intuito che c’era una opportunità e ha deciso di correre il rischio. All’inizio l’idea era di entrare con più forza nel mercato europeo, americano e australiano, per cui abbiamo deciso di sviluppare la piattaforma a due cilindri. Questa ha portato a costruire una nuova fabbrica più moderna, e ci siamo accorti che vendevamo comunque tutto. Da cosa nasce cosa, oggi siamo forti in tutti i mercati in cui siamo entrati e la fiducia in noi stessi è molto cresciuta. Con essa, la nostra ambizione di essere un leader globale.”

Royal Enfield: dal passato al futuro

Quindi non vi aspettavate di vendere così tante moto.

“All’inizio no, ed è stata una rivelazione. Ci siamo detti: se c’è un potenziale del genere in India, è probabile che ci sia anche nel resto del mondo e nei 7 anni che sono in Royal Enfield per gestire lo sviluppo internazionale abbiamo aperto in Tailandia, Indonesia, Vietnam, Brasile, Messico, Argentina. In Europa eravamo già presenti da decenni, ma in effetti è solo con l’arrivo delle bicilindriche 650, la Interceptor e la Continental GT, che hanno cominciato a guardarci diversamente. Però ti dico una cosa: quando abbiamo lanciato la Himalayan, non pensavamo di portarla in Europa. Sapevamo che un mono di 411 cc era piccolo per i vostri standard, e invece ha fatto sorprendentemente bene (673 pezzi in Italia nel 2021, ndR). Adesso abbiamo questa piattaforma 350, ancora più piccola, pensata per i mercati in via di sviluppo: ma ancora una volta la Meteor e la Classic in Europa stanno facendo benissimo, ancora meglio della Himalayan. Questo è il segno che il mercato delle medie è davvero un’opportunità a livello mondiale: ci sono un sacco di clienti diversi che apprezzano una moto come le nostre: una moto semplice ma fatta con la massima cura, con una storia alle spalle e capace di piacere sia ai neofiti che ai possessori di maxi in cerca di una seconda moto rilassante. È questa formula che spiega la nostra crescita.”

Crescite così rapide di solito finiscono in ‘bolle’ con decrescite altrettanto spettacolari. Non temete che accada anche a voi?

“No. Anche negli ultimi due anni, con tutti i problemi legati alla pandemia, è emerso che la soluzione per la mobilità che ha avuto più successo anche in Europa sono state le due ruote. La mobilità individuale è diventata un tema sensibile, e in una città la moto è senz’altro una soluzione ideale.”

Non è un problema gestire una crescita del genere, dal punto di vista anche solo finanziario?

“Se guardi ai nostri conti, siamo probabilmente uno dei costruttori più profittevoli al mondo, come del resto molti altri costruttori indiani. Abbiamo finanziato tutto con le risorse che avevamo accantonato, senza esporci con le banche; con le stesse risorse abbiamo superato l’impatto del coronavirus e stiamo continuando a crescere.”

Royal Enfield: dal passato al futuro

Certo vi aiuta il fatto di lavorare nel mercato più grande del mondo.

“Di gran lunga il più grande, se parliamo di moto con motore a combustione. La Cina fa numeri ancora più grandi, ma sono soprattutto veicoli elettrici da quando quasi tutte le loro città hanno messo al bando quelli a benzina. Per quanto il Covid nel 2020 abbia ridotto le vendite in India di quasi il 20%, abbiamo i conti in ordine e abbiamo in cantiere un ambizioso programma di sviluppo con molti nuovi modelli, a cominciare dalla Scram 411 su base Himalayan che avete appena visto. Saranno soprattutto varianti sulle piattaforme che conoscete: 350, 411 e 650 bicilindrica.”

Sempre con questo sapore ‘modern classic’ o ci sarà altro?

“Le nostre radici sono qua e questa ricetta sta funzionando molto bene, non vedo ragioni per abbandonarla.”

Vedremo mai una Royal Enfield di 1.000 cc o oltre?

“Abbiamo un programma di sviluppo prodotto molto pieno, come dicevo, ma al momento non c’è niente sopra i 750 cc perché non ne sentiamo il bisogno: c’è ancora così tanto da fare sotto! Siamo convinti che il segmento delle medie sia straordinariamente povero di proposte, e il nostro obiettivo è di diventare i leader nel segmento medio, che per noi va dai 250 ai 750 cc. Dal punto di vista matematico lo siamo già, perché l’India pesa per l’85% del mercato mondiale e noi siamo leader in India. Ma vogliamo diventare leader in ogni mercato nel quale siamo presenti. Il nostro programma di sviluppo punta a questo.”

Royal Enfield: dal passato al futuro

"Siamo uno dei costruttori più profittevoli al mondo, e abbiamo finanziato i nuovi modelli e stabilimenti con le nostre risorse, senza esporci con le banche; con le stesse risorse abbiamo superato l’impatto del coronavirus e stiamo continuando a crescere"

Non importa quindi che l’Europa sia così piccola rispetto all’India.

“No, anzi è per noi un mercato strategico. La mia sede oggi è in Inghilterra, dove abbiamo aperto anche un grande centro di ricerca e sviluppo che lavora sulle nostre piattaforme future. Il motore bicilindrico, ad esempio, è nato apposta per l’Europa: in India per il momento non è un motore richiesto. L’Europa è un trendsetter, molte cose nuove arrivano da qui; soprattutto, abbiamo chiaro il nostro obiettivo di diventare leader in ogni mercato: e per diventare leader in Europa devi avere un centro in Europa.”

Farete accordi con aziende europee come stanno facendo i cinesi?

“Non credo. Siamo un’azienda molto strutturata e abbiamo aperto da poco due centri tecnologici molto evoluti, uno in Inghilterra e uno ancora più grande a Chennai. Le linee di montaggio delle nostre due fabbriche più recenti sono allo stato dell’arte, una struttura fra le migliori al mondo. Ma cerchiamo anche di mantenere le nostre tradizioni, ad esempio le grafiche della Bullet sono ancora fatte a mano.”

La tecnologia indiana punta da sempre alla riduzione dei consumi più che alle prestazioni. Pensate che in questo momento storico possa essere un vantaggio anche in Europa?

“Al momento abbiamo un pacchetto che supera le normative indiane, europee e americane; con una potenza non elevata, ma adeguata anche alle esigenze europee e consumi da primi della classe (mai sotto i 30 km/l rilevati per le loro 350, ndR). Il nostro obiettivo è riportare in auge il motociclismo come piacere di andare in moto con gli amici, senza stress. Abbiamo fondato il Royal Enfield Club of Owners in tanti Paesi del mondo con questo scopo: ritrovarsi in modo informale, senza tante regole, ma con piacere. E se il tuo viaggio ti costa poco in benzina, viaggerai di più e più volentieri.”

Royal Enfield: dal passato al futuro

La Meteor 350 è entrata nella top 10 delle moto in questi primi mesi del 2022. È sorprendente rispetto alla nostra immagine mentale del mercato italiano, che probabilmente ha uno spazio inesplorato nel segmento medio come vi eravate detti. Pensate che questa formula di moto possa diventare una ‘world bike’ che vende bene in tutto il mondo, che è un po’ la pietra filosofale per ogni costruttore?

“È così. La Meteor 350 è stata un’altra sorpresa, o per meglio dire un’altra conferma della nostra idea che il segmento medio sia stato a lungo troppo poco considerato. Qualche anno fa non sapevamo nemmeno se esportare l’Himalayan fuori dall’India, oggi non abbiamo più alcun dubbio su questa formula.”

Che se vogliamo è una formula ‘locale’, un concetto di moto nato in un posto e in un momento specifico: l’India degli Anni 50. Quindi locale o globale?

“In un certo senso è così, ma noi siamo per la globalizzazione: siamo già in 60 Paesi in tutto il mondo e continuiamo a crescere. La nostra filosofia è di fare moto da tempo libero, non estreme, che mantengano questo stile e la semplicità delle loro progenitrici. E più il mondo si muove verso il digitale e il virtuale, più noi vogliamo riportare la gente all’aperto, a godersi la natura con gli amici staccando gli occhi dal suo cellulare. Noi pensiamo che le nostre moto restino adatte a stabilire con loro una connessione emotiva, che è una cosa fondamentale per i motociclisti di tutto il mondo. Il potenziale del nostro brand è ancora lontano dall’essere del tutto esplorato, ed è questo che ci dà la carica giorno dopo giorno.”

Parliamo degli altri ‘nuovi marchi’ sul mercato europei. Molti di questi sono cinesi, a volte con nomi italiani rilevati e rilanciati. Per molti motociclisti tutto quello che arriva dall’Asia – Giappone a parte – è un po’ lo stesso: ci puoi spiegare cosa fa la differenza tra una Royal Enfield e una moto cinese?

“Sono contento di poter parlare di questo. Penso che la risposta stia nella nostra storia così radicata nell’industria motociclistica inglese del primo Novecento, in una immagine unica e chiara che continueremo a sviluppare. E l’altra cosa è il nostro focus sulle medie cilindrate e sulle moto semplici, ma con una qualità senza compromessi. Considera che grazie alle dimensioni del mercato indiano, abbiamo una scala tale da consentirci investimenti in tecnologia, materiali e qualità senza un grande impatto sul prezzo finale, che come avete visto rimane molto competitivo.”

Royal Enfield: dal passato al futuro

Vedo che parlate soprattutto di aspetti intangibili. Non c’è un aspetto di ‘touch & feel’ specifico a Royal Enfield?

“Certo che c’è, e chi ha visitato i nostri stabilimenti se ne è reso conto; non facciamo compromessi sulla qualità. Noi oggi lavoriamo con i migliori fornitori al mondo, dal momento che il mercato indiano è il più grande del mondo e sono tutti lì. Ma non parliamo tanto della nostra componentistica, perché quello che ci preme è solo il risultato finale: come l’insieme di queste parti si combina per dar vita a un’autentica Royal Enfield e risponde alle esigenze di chi la acquista: che non sono solo quella di spostarsi dal punto A al punto B, ma anche esigenze immateriali, emotive. Questo è particolarmente vero qui in Europa, dove la gente usa la moto meno per il commuting e più per il piacere di farlo. Ecco perché stiamo lavorando tanto sull’aspetto esperienziale.”

L’India, come l’Europa, sta fissando obiettivi stringenti sull’elettrificazione: al momento pare che metterà al bando tutte le moto sotto i 150 cc. Il che non tocca ancora la vostra gamma, ma prima o poi arriverà il momento.

“E saremo pronti per quando arriverà. In India la normativa di emissioni si chiama Bharat (BS), e pochi mesi fa siamo passati da BS4 a BS6 saltando il BS5: ora siamo praticamente equivalenti alla Euro5 tranne che per la diagnostica di bordo, ma in termini di valori siamo con i migliori del mondo. Abbiamo una popolazione di 1,3 miliardi di persone, l’inquinamento è ovviamente un problema drammatico e il governo sta facendo il possibile per affrontare il futuro.”

Come vedi il futuro fra 20 anni?

“Credo che il mondo sarà un posto più ‘smart’, e spero che avremo iniziato a restituire alla Terra un po’ del tanto che ci ha dato finora. Noi qui in Italia stiamo collaborando con Treedom e piantiamo un albero per ogni moto venduta. Per ora è poco, ma abbiamo intenzioni molto serie: stiamo già lavorando a livello industriale per ridurre ad esempio la plastica monouso, le filiere corte, i trasporti efficienti. Non ci sono dubbi che Royal Enfield sarà della partita anche fra 20 anni, come lo è stata negli ultimi 120.”

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