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Attualità
Smartphone in auto. E i motociclisti rischiano la vita
Marco Gentili
il 01/12/2017 in Attualità
Un giro nel traffico di tutti i giorni basta a fugare ogni dubbio: lo smartphone è un moltiplicatore di incidenti. Ma noi motociclisti abbiamo coscienza dei nostri comportamenti. Rinunciamo anche all'interfono per essere più concentrati sui comportamenti altrui. E non ci stiamo a fare le vittime designate
Smartphone in auto. E i motociclisti rischiano la vita
Sono uno che ama il rischio, le emozioni forti. Base jump? Acqua. Parapendio? Acquissima. Roulette russa? Fuochino. Sono uno che va in moto (e spesso anche scooter) in città. Lo so, l’argomento ritorna periodicamente su questo sito, ma viaggiare in strada in moto ti dà una prospettiva differente delle cose. La mia ormai è manichea. Da un lato ci sono quelli che hanno due ruote sotto al sedere, e che possono vantare – rispetto ai loro omologhi che invece ne hanno quattro e vantano attorno a sé una corazza metallica – un maggiore rispetto delle regole.
La differenza è una sola: in moto non si guarda lo smartphone, in auto sì. È un dato di fatto, che ha anche spinto il Governo ad accelerare bruscamente per inasprire le pene irrogate a coloro che, con sprezzo della vita propria e di quella altrui, non possono separarsi da WhatsApp, Facebook e Instagram quando solo al volante.
Le mie giornate sono caratterizzate da momenti pericolosi perché apparentemente innocui. È un milione di volte più facile farsi male entro i 30 km/h che non a velocità superiori. In genere l’automobilista medio si sente più al sicuro quando va a bassa andatura. Un occhio allo smartphone, un altro (distratto) al traffico. E i riflessi inevitabilmente rallentati.
La differenza è una sola: in moto non si guarda lo smartphone, in auto sì. È un dato di fatto, che ha anche spinto il Governo ad accelerare bruscamente per inasprire le pene irrogate a coloro che, con sprezzo della vita propria e di quella altrui, non possono separarsi da WhatsApp, Facebook e Instagram quando solo al volante.
Le mie giornate sono caratterizzate da momenti pericolosi perché apparentemente innocui. È un milione di volte più facile farsi male entro i 30 km/h che non a velocità superiori. In genere l’automobilista medio si sente più al sicuro quando va a bassa andatura. Un occhio allo smartphone, un altro (distratto) al traffico. E i riflessi inevitabilmente rallentati.
Il test del semaforo
Pochi giorni fa ho fatto un test a un semaforo: in fase di rallentamento e ripartenza, tutti (e dico TUTTI) gli automobilisti da me sorpassati avevano il collo reclinato sul proprio dispositivo mobile.Il problema è che nessuno, nella comfort zone dell’abitacolo, percepisce la reale pericolosità di certi comportamenti. Nella peggiore delle ipotesi, una distrazione in più porta a un lieve tamponamento. Se aumenta la velocità, aumentano in modo direttamente proporzionale anche le conseguenze.
Già, ma cosa succede se a fare le spese di questa distrazione è una persona in moto o scooter? La macchina si ammacca e si ripara, per le ossa purtroppo non esiste un carrozziere. E per le lesioni più gravi si corre direttamente al pronto soccorso. O al camposanto.
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