Marocco: sulle tracce dell'Atlas rally
36 anni dopo abbiamo ripercorso le tappe del Rallye de Atlas seguendo il road-book del 1983: 1.800 km sulle piste dimenticate, con una Yamaha Ténéré 700 e un pick-up Mercedes
Viaggio nel tempo
La scena non è inconsueta da queste parti, anche se è ormai terminata la stagione in cui gli appassionati di off-road arrivano a frotte, alla ricerca di emozioni da ricordare. Ma nessuno di loro, al volante di una 4x4 o in sella a una enduro, viaggia nel tempo: noi sì. A trasportarci, la magia del road-book che mi aveva guidato nel lontano maggio del 1983 sulle piste marocchine in sella a una 125 due tempi. Lo custodivo assieme a decine di cimeli e ricordi del XX secolo, sfogliando ogni tanto le pagine rese croccanti dal tempo per guardare le foto di quell’avventura appartenente alla preistoria delle gare africane; ma mai avrei pensato di poter seguire ancora quelle note che mi portarono allora tra centinaia di bivi, in una giungla di piste parallele sugli altipiani dell’Atlante e migliaia di oued insidiosi. L’idea di tornare sulle piste del Rallye de l’Atlas di una volta, partita quasi per gioco, è diventata realtà quando qualcuno ha detto «perché no?».Conservato come una reliquia, il road-book del 1983 dalle pagine ‘croccanti’ appartiene alla preistoria. ma ci ha guidato oggi come allora
Atlas rallye, 1983-2019
Ed eccoci qua, Stefano alla guida del lussuoso pick-up apparentemente lontano dal suo habitat naturale, Massimo con il compito di documentare la spedizione con foto e video, e io. La protagonista è senza dubbio la Yamaha Ténéré 700, scelta per niente casuale: la Yamaha n.7 guidata da Serge Bacou, che in quel 1983 vinse la seconda edizione dell’Atlas Rally, era ufficialmente una XT 600; ma di fatto l’estetica era quella della Ténéré che qualche mese più tardi sarebbe diventata l’enduro più desiderata d’Europa. E la Mercedes-Benz? La Casa tedesca si sarebbe avvicinata alle gare a fine 1983 con Jacky Ickx... ma noi preferiamo considerare la Classe X come l’erede ideale della Classe G protagonista con Diego Abatantuono di Marrakech Express, film cult di più di una generazione. Negli ultimi 36 anni sono tornato in Marocco altre volte: ma nelle zone di Agadir, Marrakech, o tra le dune di Merzouga. Non so che fine abbiano fatto le piste del Rallye de l’Atlas. All’apparenza poco è cambiato, ma una sbirciatina qua e là con la vista satellitare di Google Maps mostra che alcuni dei tratti che allora erano in terra oggi sono asfaltati. E l’obiettivo di questa spedizione è proprio questo: scoprire cosa resta di quel percorso.Dalla stiva, dopo una serie di vetture cariche all’inverosimile, scende un pick-up Mercedes Classe X che nel cassone trasporta una Yamaha Ténéré 700
Dalle spiagge alle vette
Usciamo dal traghetto che è notte fatta, ma ci sono da passare i controlli di dogana e acquistare l’assicurazione per la moto, visto che la carta verde standard non è valida qui. Il mattino seguente, sotto la pioggia, inizia l’avventura, seguendo prima la costa e poi virando verso l’interno. Anche allora per l’uscita da Tangeri seguimmo le strade principali fino all’inizio della prima prova speciale marocchina a Oulmes, la terza della gara dopo il prologo di Lione e una cinquantina di km off-road nel sud della Francia. Siamo sulle colline che salgono verso il Medio Atlante, in una zona rurale che ricorda il nostro Oltrepo, e il road-book si segue ancora oggi senza grandi problemi, facilitati dai GPS che abbiamo montato e senza dimenticare la sempre cara Michelin 742, la carta stradale... in carta che rimane un punto di riferimento prezioso. Buona parte della vecchia prova speciale è oggi una strada in buone condizioni, poco trafficata, che alterna una serie di raccordi sterrati sui quali inizia il divertimento. Le piogge degli ultimi giorni hanno reso estremamente viscido il terreno, sul quale la Ténéré e la Classe X iniziano a perdere il loro aspetto di veicoli appena usciti dal concessionario, ricoprendosi di uno spesso strato di fango rosso. La giornata si chiude abbondantemente dopo il tramonto, sotto una pioggia battente, a una ventina di km da El-Ksiba, che nel 1983 era il villaggio scelto dagli organizzatori francesi come fine tappa.Ali, il figlio del proprietario della locanda che ci ha offerto un tetto per la notte (con una spesa equivalente a 22 euro in tre) è giovane, ma ci dice «siete in ritardo di qualche anno per ripercorrere quella strada; fino a Imilchil non ci sono piste per superare l’Atlante. Tutto è stato asfaltato, per nostra fortuna». Non certo per la nostra. La carta Michelin riporta ancora quel tratto come “molto difficile o pericoloso”, perché le pendenze sono importanti e mancano le protezioni su una strada ad altissimo contenuto panoramico, che apre scorci su vallate che tolgono il fiato... anche a causa della quota. Ma sotto le ruote scorre ora un asfalto perfetto, e in molti tratti la montagna è stata sbancata per ridurre la pendenza. A lato sono ancora evidenti gli stretti gomiti della pista originale, ormai abbandonata e impraticabile. Imilchil ha l’aspetto di una cittadina di frontiera, un villaggio di montagna lontano da tutto e attraversato da un’unica strada, ai lati della quale la vita è frenetica. Poi, come predetto da Ali, quando il percorso inizia a scendere raggiungendo l’altopiano, dopo avere variato più volte gli scenari, il road-book torna a essere uno strumento perfetto. Le note corrispondono e i tratti sterrati si moltiplicano, diventando sempre più fedeli man mano che ci si avvicina a Erfoud, a una manciata di chilometri dal confine con l’Algeria e con le dune del Sahara.
Sulle colline a sud di Tangeri, percorrendo le piste sopravvissute all’asfalto, rese viscide dalle intense piogge
Rotta verso ovest
Da qui nel 1983 deviammo decisamente verso ovest, con una terza tappa massacrante. Seguiamo le note che sono chiarissime: si esce dal centro abitato, si raggiunge Rissani, si svolta verso Alnif e, dopo 15,6 km, c’è l’inizio della speciale. Il punto è inequivocabile, esattamente dove termina l’asfalto e iniziano gli oltre 400 km di pista disseminati di oued e di deviazioni e tratti paralleli. Da ormai molti anni la traccia principale è una strada in ottime condizioni, ma ai lati c’è ancora il vecchio tracciato che ci chiama. Se ci si dimentica che a fianco c’è una “route goudronnée”, tutto è esattamente come 36 anni fa.vietato distrarsi Sulle piste abbandonate: si viaggia a oltre 100 km/h e L’assenza di manutenzione genera INVISIBILI voragini
Gli scenari sullo sfondo si susseguono veloci: tutti richiamano alla memoria le immagini di 40 anni di rally africani