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Marocco

Marocco: sulle tracce dell'Atlas rally

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36 anni dopo abbiamo ripercorso le tappe del Rallye de Atlas seguendo il road-book del 1983: 1.800 km sulle piste dimenticate, con una Yamaha Ténéré 700 e un pick-up Mercedes

 
Il traghetto Excelsior non è la DeLorean di Ritorno al Futuro. Viaggia alla velocità di 20 nodi, molto sotto le 88 miglia orarie che permettono al flusso canalizzatore di attivarsi e catapultare Marty McFly in un’altra dimensione temporale. Eppure, quando attracca nel porto di Tangeri Med dopo 48 ore di navigazione, orologio e calendario sono tornati indietro di 36 anni e qualche settimana. Dalla stiva, dopo una serie di vetture cariche all’inverosimile, scende un pick-up Mercedes Classe X che nel cassone trasporta una Yamaha Ténéré 700.

Viaggio nel tempo

La scena non è inconsueta da queste parti, anche se è ormai terminata la stagione in cui gli appassionati di off-road arrivano a frotte, alla ricerca di emozioni da ricordare. Ma nessuno di loro, al volante di una 4x4 o in sella a una enduro, viaggia nel tempo: noi sì. A trasportarci, la magia del road-book che mi aveva guidato nel lontano maggio del 1983 sulle piste marocchine in sella a una 125 due tempi. Lo custodivo assieme a decine di cimeli e ricordi del XX secolo, sfogliando ogni tanto le pagine rese croccanti dal tempo per guardare le foto di quell’avventura appartenente alla preistoria delle gare africane; ma mai avrei pensato di poter seguire ancora quelle note che mi portarono allora tra centinaia di bivi, in una giungla di piste parallele sugli altipiani dell’Atlante e migliaia di oued insidiosi. L’idea di tornare sulle piste del Rallye de l’Atlas di una volta, partita quasi per gioco, è diventata realtà quando qualcuno ha detto «perché no?».

Conservato come una reliquia, il road-book del 1983 dalle pagine ‘croccanti’ appartiene alla preistoria. ma ci ha guidato oggi come allora

Atlas rallye, 1983-2019

Ed eccoci qua, Stefano alla guida del lussuoso pick-up apparentemente lontano dal suo habitat naturale, Massimo con il compito di documentare la spedizione con foto e video, e io. La protagonista è senza dubbio la Yamaha Ténéré 700, scelta per niente casuale: la Yamaha n.7 guidata da Serge Bacou, che in quel 1983 vinse la seconda edizione dell’Atlas Rally, era ufficialmente una XT 600; ma di fatto l’estetica era quella della Ténéré che qualche mese più tardi sarebbe diventata l’enduro più desiderata d’Europa. E la Mercedes-Benz? La Casa tedesca si sarebbe avvicinata alle gare a fine 1983 con Jacky Ickx... ma noi preferiamo considerare la Classe X come l’erede ideale della Classe G protagonista con Diego Abatantuono di Marrakech Express, film cult di più di una generazione. Negli ultimi 36 anni sono tornato in Marocco altre volte: ma nelle zone di Agadir, Marrakech, o tra le dune di Merzouga. Non so che fine abbiano fatto le piste del Rallye de l’Atlas. All’apparenza poco è cambiato, ma una sbirciatina qua e là con la vista satellitare di Google Maps mostra che alcuni dei tratti che allora erano in terra oggi sono asfaltati. E l’obiettivo di questa spedizione è proprio questo: scoprire cosa resta di quel percorso.

Dalla stiva, dopo una serie di vetture cariche all’inverosimile, scende un pick-up Mercedes Classe X che nel cassone trasporta una Yamaha Ténéré 700

Dalle spiagge alle vette

Usciamo dal traghetto che è notte fatta, ma ci sono da passare i controlli di dogana e acquistare l’assicurazione per la moto, visto che la carta verde standard non è valida qui. Il mattino seguente, sotto la pioggia, inizia l’avventura, seguendo prima la costa e poi virando verso l’interno. Anche allora per l’uscita da Tangeri seguimmo le strade principali fino all’inizio della prima prova speciale marocchina a Oulmes, la terza della gara dopo il prologo di Lione e una cinquantina di km off-road nel sud della Francia. Siamo sulle colline che salgono verso il Medio Atlante, in una zona rurale che ricorda il nostro Oltrepo, e il road-book si segue ancora oggi senza grandi problemi, facilitati dai GPS che abbiamo montato e senza dimenticare la sempre cara Michelin 742, la carta stradale... in carta che rimane un punto di riferimento prezioso. Buona parte della vecchia prova speciale è oggi una strada in buone condizioni, poco trafficata, che alterna una serie di raccordi sterrati sui quali inizia il divertimento. Le piogge degli ultimi giorni hanno reso estremamente viscido il terreno, sul quale la Ténéré e la Classe X iniziano a perdere il loro aspetto di veicoli appena usciti dal concessionario, ricoprendosi di uno spesso strato di fango rosso. La giornata si chiude abbondantemente dopo il tramonto, sotto una pioggia battente, a una ventina di km da El-Ksiba, che nel 1983 era il villaggio scelto dagli organizzatori francesi come fine tappa.
Secondo giorno: si entra nel vivo. Sono ancora limpidi nella memoria i ricordi di quel percorso di montagna: la tormentata strada sterrata, che sale fino a 2.600 metri di quota con stretti tornanti e un fondo di pietre smosse, tra cadute e forature nel 1983 fece la selezione.

Ali, il figlio del proprietario della locanda che ci ha offerto un tetto per la notte (con una spesa equivalente a 22 euro in tre) è giovane, ma ci dice «siete in ritardo di qualche anno per ripercorrere quella strada; fino a Imilchil non ci sono piste per superare l’Atlante. Tutto è stato asfaltato, per nostra fortuna». Non certo per la nostra. La carta Michelin riporta ancora quel tratto come “molto difficile o pericoloso”, perché le pendenze sono importanti e mancano le protezioni su una strada ad altissimo contenuto panoramico, che apre scorci su vallate che tolgono il fiato... anche a causa della quota. Ma sotto le ruote scorre ora un asfalto perfetto, e in molti tratti la montagna è stata sbancata per ridurre la pendenza. A lato sono ancora evidenti gli stretti gomiti della pista originale, ormai abbandonata e impraticabile. Imilchil ha l’aspetto di una cittadina di frontiera, un villaggio di montagna lontano da tutto e attraversato da un’unica strada, ai lati della quale la vita è frenetica. Poi, come predetto da Ali, quando il percorso inizia a scendere raggiungendo l’altopiano, dopo avere variato più volte gli scenari, il road-book torna a essere uno strumento perfetto. Le note corrispondono e i tratti sterrati si moltiplicano, diventando sempre più fedeli man mano che ci si avvicina a Erfoud, a una manciata di chilometri dal confine con l’Algeria e con le dune del Sahara.

Sulle colline a sud di Tangeri, percorrendo le piste sopravvissute all’asfalto, rese viscide dalle intense piogge

Rotta verso ovest

Da qui nel 1983 deviammo decisamente verso ovest, con una terza tappa massacrante. Seguiamo le note che sono chiarissime: si esce dal centro abitato, si raggiunge Rissani, si svolta verso Alnif e, dopo 15,6 km, c’è l’inizio della speciale. Il punto è inequivocabile, esattamente dove termina l’asfalto e iniziano gli oltre 400 km di pista disseminati di oued e di deviazioni e tratti paralleli. Da ormai molti anni la traccia principale è una strada in ottime condizioni, ma ai lati c’è ancora il vecchio tracciato che ci chiama. Se ci si dimentica che a fianco c’è una “route goudronnée”, tutto è esattamente come 36 anni fa.

vietato distrarsi Sulle piste abbandonate: si viaggia a oltre 100 km/h e L’assenza di manutenzione genera INVISIBILI voragini

Si può viaggiare a oltre 100 km/h, ma non ci si può assolutamente distrarre perché, essendo abbandonata, la pista non subisce più interventi di manutenzione e alcuni oued sono diventati ancora più insidiosi. In alcuni punti si sono scavate pareti impossibili da superare, che appaiono solo all’ultimo istante obbligando a tornare sui propri passi e deviare sull’asfalto. Quella che all’epoca era stata la speciale più dura, si è dimostrata tale anche oggi. GPS e asfalto che indicano la direzione eliminano le difficoltà di navigazione, ma viaggiare ad andatura sostenuta senza potersi mai rilassare non è semplice, così decidiamo di chiudere la giornata a Foum-Zguid, il villaggio nel quale terminava la prova speciale. In gara, invece, mi erano toccati ancora 70 km di pista fino al bivacco di Taznakht…
Bivacchiamo comunque sotto le stelle per prepararci alla quarta e ultima tappa, che comincia raggiungendo il centro abitato per prendere l’antica pista che seguiva il corso del fiume. Anche questa è ora pressoché abbandonata, e le piene ne hanno modificato il fondo. Alla sabbia in alcuni punti molto cedevole si aggiungono tratti con grosse pietre smosse, da superare con tecnica quasi trialistica. Un percorso che la Yamaha digerisce con una sorprendente facilità, pur senza sospensioni “ufficiali” da rally, mentre la Mercedes richiede più attenzione e un’andatura a passo d’uomo per evitare sorprese. Si ha la sensazione di essere al livello del mare, ma siamo ancora sopra i 1.000 metri, e procediamo tra mulattiere e piste dimenticate verso l’Oceano Atlantico, fino a quando si inizia a percepire la progressiva perdita di quota. L’aria assume il profumo del mare e il panorama si fa meno aspro, più rurale e disordinato. Spariscono definitivamente le strade sterrate, che lasciano il posto alle superstrade che portano ad Agadir. Anche il traffico aumenta e noi puntiamo dritti verso ovest, per raggiungere la spiaggia sulla quale la nonna della nostra Yamaha conquistò la prima vittoria. Siamo alla foce del fiume Sous e un dedalo di stradine in sabbia ci porta fino al termine della laguna.

Gli scenari sullo sfondo si susseguono veloci: tutti richiamano alla memoria le immagini di 40 anni di rally africani

Ogni avventura è unica

Le onde dell’oceano sono appena dietro di noi, come le piste percorse alla ricerca di un passato ancora vivo nella memoria. Quattro giorni intensi, di ricordi, di situazioni rivissute, di nuove scoperte ci hanno dimostrato che anche dove sembra che il tempo si sia fermato, nulla è come prima; e che un’avventura non è mai uguale a una che hai vissuto in precedenza. Ma allo stesso tempo questi 1.800 km ci hanno regalato emozioni uniche, grazie anche a una moto e un’auto di serie che pur essendo progettate per l’uso quotidiano, hanno tutto il potenziale per le avventure. A questo punto non resta che darci appuntamento su queste piste tra 36 anni, con l’erede dell’erede della Ténéré.
Marocco: sulle tracce dell'Atlas rally
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Maggio 1983: le gare africane avevano già contagiato i francesi, ma erano una novità per noi. Beppe Gualini era stato pioniere, correndo la prima edizione del Rally dei Faraoni con una Fantic 125; al rally marocchino ci presentammo in moto in quattro, con due equipaggi in auto. Senza una preparazione particolare mi schierai al via nel centro di Lione con una Cagiva SXT 125, con il numero 72 (foto sopra), una due tempi da 13 cavalli con già 25.000 km sulle spalle e su cui avevo adattato il serbatoio Acerbis da 20 litri per la Yamaha XT 550. L’obiettivo era arrivare al traguardo, e stringendo i denti nella tappa più lunga e dura riuscii nell’intento. Mi piazzai 49° su 98 partenti compresi i 15 francesi più forti del mondo, primo tra gli italiani e vincendo la classe 125. Qualche mese più tardi esplose la febbre per l’Africa: la pattuglia tricolore schierata nell’autunno 1983 in Egitto comprendeva già 19 piloti. Tra loro c’erano Renato Zocchi, Andrea Balestrieri e “Ciro” De Petri.
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Abbiamo utilizzato mezzi di serie, senza tuttavia rinunciare a un minimo di preparazione per la guida off-road. Per la Ténéré abbiamo optato per il Rally Pack, che con 1.850 euro offre sella con profili stretti e fianchi alti, scarico Akrapovic, copricatena, griglia radiatore, protezione serbatoio, frecce a led e portatarga alleggerito. Per la troupe video/foto abbiamo scelto un pick-up Mercedes-Benz X 350 d 4MATIC, veicolo con il fisico giusto per quei terreni e un esuberante 3.000 turbodiesel V6 con 258 CV. Da lussuoso veicolo tuttofare, con vernice brillante, finiture cromate e interni in ecopelle, si è dimostrato valido per un impiego ben più rude. Le modifiche? Le ruote in lega con pneumatici ribassati hanno lasciato il posto a cerchi in acciaio con gomme BF Goodrich Mud-Terrain A/T; sul tetto abbiamo montato un portapacchi Thule, per caricare gomme e taniche carburante. I prezzi della Classe X vanno da 36.978 a 55.184 euro IVA inclusa.
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Il tracciato originale del 1983 prevedeva partenza da Lione, imbarco a Sète e sbarco in Marocco. Avremmo potuto raggiungere Gibilterra via terra e da lì traghettare, ma il timore che oltre 2.000 km di autostrada potessero avere effetti negativi sulle gomme off-road ci ha fatto preferire la rotta diretta Genova-Tangeri, assicurata una volta a settimana da GNV. L’avventura è così cominciata con una crociera di 48 ore, sfruttate per mettere a punto gli ultimi dettagli del percorso. La nave è confortevole, e fuori stagione i costi sono concorrenziali: come su strada, il trasporto della moto è gratuito se questa è caricata sul cassone del pickup. Nel periodo invernale il prezzo di una cabina per due persone parte da 570 euro, poche decine di euro più della decisamente meno confortevole poltrona o del passaggio ponte. Il pacchetto pensione completa, con due colazioni, pranzi e cene serviti al self-service, costa invece circa 1.400 euro.
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