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Africa

Dall'Italia al Sud Africa: dodicesima tappa

di Anna & Fabio
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Vicini alla metà del viaggio, il trasferimento verso Teheran è rapido e serve a portare i nostri amici verso il volo che li condurrà in Africa

Ashgabad
Lavoro quasi ultimato
Ormai siamo vicini alla metà del viaggio, il cambio di continente.
Durante l'ultimo periodo abbiamo verificato tutte le possibilità: trasferimento via terra, via traghetto, via nave e, per ultimo, via aerea: quest'ultima, anche se più complicata e costosa, sembra garantirci tempi più stretti. Perciò abbiamo deciso di andare a Teheran e di spedire la moto (e noi stessi) a Nairobi, via aerea.
Quest'ultimo tratto asiatico si è trasformato in un lungo trasferimento, molti chilometri da fare in fretta per raggiungere Tehran prima possibile, meglio se prima dell'inizio del mese di Ramadan. Perciò dopo la prima notte in Turkmenistan ci dirigiamo velocemente verso la capitale Ashgabad: un po' troppo velocemente, secondo il poliziotto che ci ferma. Sistemiamo tutto "in famiglia": del resto dopo mesi di strade brutte o bruttissime appena vedo un po' di asfalto liscio mi lancio anche a 100 all'ora. L'asfalto liscio poi non è che in Turkmenistan abbondi e il poliziotto si è appostato furbescamente nell'unico tratto in buone condizioni.
A parte questo contrattempo e il caldo sempre asfissiante arriviamo a Ashgabad nel primo pomeriggio. La città è sempre sconvolgente: sembra la città di un film di fantascienza degli anni '50, palazzi bianchissimi con cupole dorate, strani monumenti, decine di statue dorate del presidente nell'atto di benedire qualcosa, ma soprattutto completamente vuota di abitanti: si gira per chilometri senza vedere nessuno.
Anna è stanca e chiede un albergo "confortevole".
Non è difficile trovarne uno: per primo andiamo al Nikka, chiuso per ampliamenti. Vabbè, andremo al Grand Turkmen. Pieno. Al Turkmenistan: pieno. Provo in altri due: pieni. Bisogna trovare qualcosa.
Tiro fuori il computer a cerco di localizzare altri due o tre alberghi confortevoli. Sono molto fuori mano ma ci arriviamo: Hotel Siakkhat: pieno. Un altro di cui non ricordo più il nome, lo sfioriamo senza vederlo. Arriviamo all'ultimo: il più caro di tutti. Anna entra: Hanno solo la suite presidenziale ad un prezzo imperiale. Per una notte abbozzo: ci accomodiamo nella suite, con l'aria condizionata sottozero. Risparmiamo sulla cena facendo un po' di spesa e la sera incontriamo un amico di passaggio qui con il Mongol Rally.
La mattina dopo facciamo un pieno colossale per 5 o 6 euro e ci dirigiamo verso la frontiera con l'Iran, distante meno di 30 chilometri.
Per prima cosa occorre uscire dal Turkmenistan, la cosa è abbastanza rapida (2 ore) ma rimango imbottigliato nella coda dei camion senza possibilità di uscire. Anna mi aspetta per quasi un'altra ora esattamente sul filo del cancello fra le due nazioni: non può stare ne di qui ne di là. Quando arrivo sono già piuttosto provato e ci aspettano ancora tutte le pratiche Iraniane. Anche qui non va meglio: altre tre ore nonostante l'aiuto di un "segretario" che per 10 dollari cerca di sveltire le pratiche e di non farmi perdere troppo tempo.
Quando usciamo siamo sulla strada da sette ore e abbiamo fatto 35 chilometri: ce ne restano altri 500 per raggiungere Gorgan.
In Iran si mischiano due anime contrapposte: ogni volta che ti fermi qualcuno ti regala qualcosa o semplicemente attacca discorso. Sono tutti di una gentilezza imbarazzante. Poi salgono in macchina o in moto e si trasformano in esibizionisti piuttosto aggressivi. Perciò occorre molta attenzione e molto impegno per scrollarsi di dosso quelli che vogliono farti vedere a tutti i costi che "vanno forte". Le strade però sono ottime, perciò proseguiamo verso Gorgan senza eccessivi problemi ma arriviamo molto tardi, in una convulsa ora di punta. Attraversiamo tutta la città per arrivare ai margini della Naharkhoram Forest per cui Gorgan va famosa.
Conosciamo un piccolo albergo ai margini del bosco, e questa volta spero di trovare subito una stanza libera: sono stanco morto. Per fortuna la camera c'è e, visto quanto siamo stanchi, decidiamo di concederci un giorno di sosta. Lo passiamo a dormire e perfezionare gli ultimo contatti con il corriere che si occuperà della spedizione.
Lunedì partiamo per Teheran, ci infiliamo nel "solito" albergo, tanto comodo e dove si mangia tanto bene, e cominciamo subito a lavorare sulla spedizione. Per prima cosa occorre stabilire le dimensioni della cassa: con il falegname calcoliamo quanto sarà possibile smontare della moto e quanto potranno ridursi le sue dimensioni (nei trasporti aerei contano più le dimensioni del peso). Poi non resta che aspettare che la cassa sia pronta. Continuo a sollecitare ma è pronta solo sabato. Andiamo in aeroporto: per essere imbarcata, la moto deve essere completamente senza benzina e arrivo a stento all'aeroporto. Qui comincia il solito girone di permessi e file in vari uffici. Quando il lavoro "cartaceo" sembra esaurito, arriva la cassa. Infilarci la moto è un lavoro piuttosto complicato e faticoso, il falegname ha capito quasi tutto, ma non si è preoccupato di lasciare almeno due lati aperti. Perciò sono costretto a fargli smontare un pezzo di cassa per poterci infilare la moto. Quando è dentro occorre sollevarla e smontare la ruota davanti in modo da accorciarla abbassarla. Per ultimo dobbiamo appoggiarla direttamente sul motore, tutto con l'aiuto solo di passanti volenterosi ma inesperti. Alla fine il lavoro di "confezione" comporta: smontaggio e svuotamento del serbatoio, disconnessione della batteria, smontaggio di tutte le sovrastrutture, scarico dell'olio motore, sgonfiaggio delle gomme e, come già detto smontaggio della ruota anteriore; totale 7 ore.
Per ultimi controlliamo i documenti e scopro che i timbri sul Carnet sono stati messi nei posti sbagliati. A causa del Ramadan gli uffici sono già chiusi e ci toccherà tornare qui domani mattina presto prima di prendere l'aereo per Nairobi. Partiremo leggeri perché nella cassa siamo riusciti ad infilare anche i caschi e le valigie. Con noi abbiamo solo lo stretto indispensabile: speriamo che la moto arrivi presto.
Ci vediamo in Africa!
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