Vediamo pregi e difetti della trasmissione a cardano attraverso la sua storia e il confronto con le tecnologie concorrenti - catena e cinghia - anche nei loro sviluppi più recenti
Poche discussioni accendono ancora gli animi dei motociclisti come quella tra sostenitori del cardano e sostenitori della catena: eisolta fino alla fine del secolo scorso con un’alzata di spalle da parte dei secondi, è stata rinvigorita nel nuovo millennio dal successo commerciale e dall’eccellenza prestazionale delle ultime BMW.
La trasmissione a cardano era stata fino ad allora la caratteristica di moto da viaggio piuttosto tranquille: BMW, Guzzi, anche qualche giapponese; mentre la catena rimaneva lo standard delle moto più performanti, sia su strada che offroad. Ma grazie al lavoro dei tecnici un po’ di tutto il mondo, il cardano ha acquistato negli ultimi anni una fisionomia piuttosto diversa, perdendo buona parte dei suoi caratteristici difetti. D'altra parte anche la catena non ha mai smesso di progredire, arrivando recentemente addirittura a versioni “lifetime” ovvero prive di manutenzione per tutta la loro durata di vita.
La tecnologia ha insomma avvicinato i due sistemi di trasmissione, riducendo in buona parte la faida tra i rispettivi sostenitori a una questione di preferenza e di bandiera, che nel frattempo si è complicata con l’arrivo della cinghia a mettere in discussione la supremazia tecnica di entrambe le soluzioni tradizionali.
Cardano: come è nato e come funziona
Conosciuto fin dall'antichità, dimenticato nel Medioevo e riscoperto nel Cinquecento dal matematico italiano Girolamo Cardano da cui ha preso il nome, il giunto cardanico è un sistema per trasmettere coppia tra due alberi che ruotano attorno ad assi diversi. E dunque prezioso ogni volta che i due alberi sono disallineati fra loro, come accade nel caso della moto dove la trasmissione finale deve seguire i movimenti del forcellone.
Basato su un semplice giunto snodato a croce (crociera) interposto tra i due alberi, il cardano è particolarmente pratico quando la trasmissione primaria è longitudinale, cioè nei motori con cilindri trasversali come il boxer BMW o il V-Twin Guzzi: in questo caso basta infatti una coppia di ingranaggi a denti dritti per portare il moto dalla primaria alla finale. Negli altri casi – come ad esempio sulle BMW della serie K 1200 con motore quattro in linea trasversale – è necessario interporre a monte una coppia conica o un altro stadio che “rettifichi” la direzione della coppia. Serve comunque una coppia conica a valle del giunto per trasmettere poi la coppia dall'albero secondario alla ruota, con un pignone sul primo e una corona sulla seconda.
I difetti del cardano
Il limite maggiore del cardano è quello di non essere “omocinetico”, ovvero di non garantire la stessa velocità dai due lati. Anche quando il primo albero ruota a velocità costante, la velocità di rotazione del secondo albero oscilla (aumenta e diminuisce ciclicamente), e lo fa in misura tanto maggiore quanto è più grande l'angolo tra gli assi dei due alberi.
Dal momento che la velocità di rotazione della ruota posteriore dovrebbe invece essere costante se la trasmissione primaria ruota a velocità costante, questo fatto disturba la continuità della coppia motrice alla ruota, ed è stato affrontato quasi subito con vari sistemi che vanno dal semplice parastrappi in gomma a correttivi più efficaci, di solito facendo ricorso a un doppio giunto cardanico che rende la trasmissione perfettamente omocinetica.
Il problema del sollevamento
Caratteristico anche l’effetto di sollevamento del posteriore in accelerazione, legato al fatto che quando il pignone agisce sulla corona, questa reagisce e non c’è l’effetto del tiro catena a contrastare la spinta. Ben noto sulle moto a cardano fino agli Anni 90 (BMW Monolever compreso), questo effetto è stato affrontato in maniera strutturale per la prima volta dalla Magni Sfida 1000 di fine Anni 80, con il suo “parallelogrammo” posteriore impiantato su un gruppo motore-trasmissione di origine Guzzi.
Di lì a poco anche BMW e Moto Guzzi hanno introdotto sulle loro moto strutture che non prevedono più il solo albero cardanico con la relativa scatola, ma un quadrilatero articolato (denominato rispettivamente Paralever e C.A.R.C.) con un’asta di reazione collegata al pignone che riporta in equilibrio le forze connesse alla trasmissione della coppia. Secondo i calcoli di BMW, per avere la stessa neutralità in accelerazione di un Paralever servirebbe un Monolever con un braccio di oltre 1,4 metri, circa il triplo di quanto misura il forcellone di una serie R. Anche Triumph sull'ultima Tiger 1200 ma introdotto una struttura articolata, denominata “Tri-Link”.
I vantaggi del cardano
Rispetto a una catena il cardano è ovviamente più complesso e costoso; è più pesante e assorbe più potenza, ed è quindi di fatto riservato alle cilindrate maggiori. È una soluzione di stampo più automobilistico, come del resto le frizioni monodisco o bidisco adottate sui bicilindrici BMW e Guzzi, ma che negli anni ha conquistato estimatori e una certa quota di mercato grazie alla sua fluidità (dovuta in realtà soprattutto alla presenza dei parastrappi), silenziosità e bassissima manutenzione (limitata al cambio olio ogni 20 o 30.000 km).
Quota che è poi esplosa sulla scia del successo delle BMW della serie R e in particolare della GS, a cui più recentemente si sono aggiunte le vendite sempre più elevate delle Guzzi V7 e V85 TT e recentemente delle Triumph Tiger 1200, mentre i giapponesi sembrano meno interessati a portare avanti questa soluzione, peraltro sperimentata con successo fin dagli Anni 80 (ad esempio sulle Honda CX).
Catena: passato, presente e futuro
La catena snodata con pignone e corona è il sistema più diffuso sulle due ruote, dalle bici alle moto. Ha dalla sua il costo ridotto, la facilità nel cambiare rapporto di trasmissione finale, il bassissimo ingombro e una durata ormai notevole grazie alla diffusione dei sistemi con O-Ring. Anche i controlli della tensione e la lubrificazione sono ormai poco frequenti rispetto a un tempo.
A questo proposito non possiamo non parlare della recente Regina Z-Ring HPE (High Performance Endurance), da qualche tempo offerta sulle BMW. Si tratta di una catena che ha i perni e i rulli rivestiti DLC in modo da ridurre l’attrito e allungare gli intervalli di controllo, in particolare per il tensionamento. Secondo Regina, la catena HPE raggiunge una vita utile almeno equivalente a quella di una classica catena Z-Ring ri-lubrificata ogni 1.000 km grazie alle doti del rivestimento Tetrahedral Amorphous Carbon (ta-C), considerato il più avanzato tra i rivestimenti DLC (Diamond-Like Carbon).
La catena senza manutenzione: realtà o mito?
Una catena che offre gli stessi vantaggi del cardano? Beh, diciamo che il vantaggio principale è la virtuale assenza di manutenzione, mentre la durata resta quella di una buona catena O-Ring (10-20.000 km contro gli anche 100.000 e oltre di un cardano) a fronte di un costo di acquisto impegnativo per effetto dei sofisticati trattamenti a cui sono sottoposti isuoi elementi costitutivi.
Anche rispetto all'assenza di manutenzione, va poi ricordato che rispetto al cardano la catena ha lo svantaggio ineliminabile di funzionare non all'interno di una scatola ma all'esterno, esposta alle intemperie, all'umidità e allo sporco. La stessa Regina Catene precisa che in caso di lavaggio della moto o di presenza di salsedine è consigliabile effettuare pulizia e ingrassaggio della sua HPE. È insomma impensabile arrivare a una manutenzione effettivamente zero, sebbene rispetto alle soluzioni tradizionali questa catena richieda senz'altro meno attenzioni.
Il terzo incomodo: la cinghia
A unire i vantaggi della catena (basso costo, peso e ingombro) a quelli del cardano (fluidità di marcia, silenziosità) ci ha provato la cinghia dentata, oggetto di forti sviluppi soprattutto negli Stati Uniti per effetto del traino di Harley Davidson che da anni la usa su quasi tutti i suoi modelli.
Molto diffuso per azionare gli assi a camme (protetto da carter e con basse coppie in gioco), il sistema a cinghia sta provando a imporsi anche nella trasmissione finale, dove potrebbe diventare la regola per le moto elettriche grazie alla sua insuperabile silenziosità unita a una comunque bassissima manutenzione: la cinghia non va lubrificata e non avendo maglie meccaniche si allunga poco, quindi la sua tensione va controllata poco spesso.
Le cinghie coprono per ora lo spettro delle coppie basse e medie, hanno ancora un costo superiore alla catena e un superiore assorbimento di potenza; ma su questi aspetti si sta lavorando alacremente, in particolare l'americana Gates che è leader di questa tecnologia.
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