Moto & Scooter
La Bimota o le patate? La SFIDA del design cinese
La Cina sfida l'occidente, e l'Italia in particolare, con il progetto di realizzare finalmente moto "belle" anche secondo i nostri canoni. Ma sempre a prezzo stracciato
L'altro giorno ero al supermercato a comprare delle patate. C’erano patate dei colli bolognesi, patate della Sila, patate bio, patate al selenio e via dicendo. Ora, la patata è l’esempio che si fa su tutti i libri di economia di una “commodity”, cioè un bene sul quale non è possibile fare differenziazione: le patate dovrebbero essere tutte uguali e costare tutte uguale. Come il sale... se non fosse che anche sullo scaffale del sale trovi ormai quello di Volterra, quello della Sicilia, quello rosa, quello nero e quello aromatico.
Questo succede perché siamo in Italia, il Paese dell’individualismo e del campanile. Un Paese di gente che non tollera di mangiare le stesse patate del vicino di casa e di salare con sale comune: e di conseguenza un Paese dalla naturale vocazione a “de-commoditizzare”: a trasformare l’ordinario in straordinario. Solo gli italiani hanno saputo trasformare i jeans in capi di alta sartoria, i piatti della tradizione popolare in piatti stellati e le 125 2T in moto che non avevano nulla da invidiare alle maxi giapponesi.
Gìlera all'inizio degli Anni 90 presentò una 125 che con il suo design fece discutere... e la sua linea è rimasta unica!
Il mondo fino a qui
Questa attitudine alla de-commoditizzazione è stata, a partire dagli Anni 60 del secolo scorso, uno dei nostri punti di forza sui mercati di tutto il mondo. Per avere prodotti più curati, diversi quando non addirittura unici, gli acquirenti italiani e stranieri sono sempre stati disposti a pagare di più: il che spiega la concentrazione di marchi esclusivi come Ducati, MV Agusta, Bimota e ovviamente Ferrari, Lamborghini, Maserati – giusto per restare tra i motori.
Chi ci ha sfidati su questo terreno, finora, lo ha fatto con un sistema simile al nostro: una battaglia ad armi più o meno pari, con differenze nel prezzo finale dei prodotti non così rilevanti. Chi comprava una moto svedese, tedesca o americana perché gli piaceva di più di una moto italiana, non lo faceva certo per spendere la metà; e anche i giapponesi, dopo l'iniziale forte vantaggio competitivo, hanno raggiunto uno standard di vita occindentale e si sono allineati ai prezzi occidentali.
nel decennio che si apre, il design
italiano verrà sfidato dai cinesi
a prezzi drasticamente inferiori
Piccolo è bello? I cinesi non la pensano così
Questo modello, già scricchiolante per effetto della globalizzazione, nel prossimo decennio sarà messo alla prova da una nazione che opera scientificamente nella direzione opposta: la commoditizzazione. Questa nazione è ovviamente la Cina, che trasforma in prodotti low cost tutto quello che tocca: dall’abbigliamento alla birra, dai telefoni cellulari agli scooter elettrici (date un'occhiata ad Alibaba per farvi un'idea). Finora abbiamo guardato dall’alto in basso le loro proposte, considerandole prive di gusto e di qualità; ma il sistematico impegno della Cina che ha deciso (da quelle parti succede così) di diventare leader nel campo del design ha ormai reso i prodotti cinesi appetibili anche dal pubblico occidentale.
Con una differenza: il modello italiano della de-commoditizzazione si sposa naturalmente con piccoli volumi di produzione, mentre quella della commoditizzazione porta a produrre numeri enormi – spesso cento volte tanto – per raggiungere prezzi nettamente inferiori, spesso anche la metà. Ed ecco qua il tema dello scontro: quando il design non farà più tanta differenza, saranno sufficienti il blasone e l’attenzione ai dettagli dei nostri prodotti a giustificare la differenza di prezzo? Continueremo a sognare le Bimota a prezzi da monolocale in centro quando gli equivalenti cinesi costeranno come una cassa di patate?
Se giudichiamo dal mercato dell’abbigliamento e delle birre, forse sì. Ma se fossi un costruttore italiano di moto, non dormirei sonni così tranquilli.
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