Vantaggi e svantaggi della frizione a secco, una soluzione resa famosa da Ducati e universale in MotoGP, ma sempre più rara nella produzione di serie
Essendo di norma racchiusa in una scatola, la frizione è un elemento non particolarmente familiare al motociclista medio. L’idea alla sua base, comunque, è relativamente semplice: permette di separare il motore dalla ruota (più precisamente dal cambio) quando aperta, e di collegarli "rigidamente" quando è chiusa.
Una frizione trasmette la coppia dall’albero motore al cambio, e quindi alla ruota, attraverso due superfici (una conduttrice collegata al lato motore e una condotta, collegata al lato ruota) premute una contro l’altra. Per effetto di questa spinta sui dischi la frizione normalmente è quindi chiusa, e il motore è collegato alla ruota attraverso il cambio. Quando si vuole isolare il motore dal cambio, si “apre” la frizione agendo su un comando che allontana i dischi condotti da quelli conduttori.
Il diavolo sta nei dettagli
L’idea è tutto sommato semplice, ma come sempre il diavolo si nasconde nei dettagli, e oltre un secolo di evoluzione ha portato a notevoli sviluppi e una altrettanto notevole varietà di soluzioni. Le superfici dei dischi sono rivestite di materiale d’attrito piuttosto diversi, e possono essere costituite da una o due sole coppie di dischi (frizioni monodisco o bidisco, tipiche dei motori bicilindrici trasversali Guzzi e BMW) o da più coppie (frizioni multidisco), che consentono di ridurre il diametro dei dischi, compattare il tutto e ridurre le inerzie.
I dischi stessi possono essere in alluminio oppure in acciaio. La forza che tiene i dischi premuti gli uni contro gli altri può essere fornita da una serie di classiche molle elicoidali avvolte (di solito 6 o 8) oppure da una singola molla a tazza o a diaframma, soluzione che è ad esempio diventata lo standard nel motocross sotto la spinta di KTM. Il contrasto a questa forza, quando le coppie da trasmettere sono alte e le molle sono molto rigide, può arrivare da una servoassistenza idraulica (lasciando da parte il caso più complesso delle frizioni assistite in coppia, di cui parleremo a parte).
Lo scottante problema del calore
L’ultima distinzione rilevante è tra le frizioni a secco e quelle in bagno d’olio. Dal momento che la frizione nasce per generare attrito, è evidente che questo olio non ha funzione lubrificante, ma serve soprattutto ad asportare calore.
La funzione principale della frizione è di aiutare il motore a superare le situazioni in cui la richiesta di coppia è troppo alta rispetto alle sue possibilità in quel momento: innanzitutto la partenza da fermi, ma anche i tornanti in salita e, se parliamo di fuoristrada, un enorme ventaglio di situazioni nelle quali la frizione non sta tutta aperta o tutta chiusa, ma in una condizione intermedia che consente al motore di accelerare (per fornire più potenza) anche quando la situazione lo porterebbe a decelerare.
A cosa serve l'olio
Ed è qui che viene il bello, o meglio il brutto. Tutto il tempo che la frizione passa in una posizione intermedia, i dischi slittano. Da una parte, questo è esattamente quello che serve per aiutare il motore a esprimere più potenza di quanto potrebbe fare a quella velocità, a trasmettere solo una parte della coppia motrice alla ruota in modo da recuperare trazione o a far partire con dolcezza la moto. Dall’altra, tutta la potenza che non passa per la frizione si trasforma in calore che complica la vita della frizione: l’olio si scalda, il velo di lubrificante si assottiglia, i materiali di attrito tendono a consumarsi più velocemente, i dischi si dilatano. Il risultato ha dei nomi pittoreschi, ma sgradevoli sul piano pratico: la frizione scalda, gonfia, o incolla. Che sono cose che succedono davvero, peraltro.
La presenza dell'olio rende tutto più "morbido" e aiuta a limitare le variazioni di temperatura. L'olio peraltro interviene anche quando la frizione non slitta, perché quando trasmette coppie anche inferiori al limite di slittamento si producono dei “micro-slittamenti” che generano calore. E per dare un’idea dell’impatto del calore sull’usura dei materiali, basti pensare che un team di Motocross può tranquillamente usare 1.000 dischi frizione in una stagione.
I vantaggi della frizione a secco
Perché allora rinunciare all’olio per fare una frizione a secco? Beh, una frizione a secco può essere più semplice e assorbire meno potenza (anche qualche CV), motivo per cui è sempre stata diffusa sui motori sportivi – oggi è la regola in MotoGP – e Ducati ne ha fatto a lungo una bandiera anche nella produzione di serie, prima di convertirsi al “bagno d’olio” con il motore 950 ad acqua, poi con il V4 e tutti gli altri. Il motivo è che la frizione a secco tende a scaldarsi e raffreddarsi più rapidamente e può di conseguenza avere un comportamento meno stabile, ha una durata inferiore, è meno dolce e modulabile e più rumorosa (il classico rumore di "tazze e piattini"), specie se il coperchio frizione presenta dei fori per la ventilazione.
Insomma, è meno in linea con l’idea della moto “accendi e vai” che abbiamo oggi, ragion per cui è ormai riservata ad applicazioni speciali e qualche kit aftermarket, ma mantiene un suo interesse tecnico. Non solo nel mondo racing, dove il fatto di essere più piccola e leggera a parità di coppia trasmissibile la rende vincente, perché ha altri vantaggi. Intanto preserva l’olio motore, dato che i residui dell’usura dei dischi non restano in circolo. E quanto al raffreddamento, se ben progettata può essere comunque efficace visto che l’olio della frizione asporta sì il calore dai dischi, ma restando chiuso nel carter fatica poi a smaltirlo, e se la frizione è stressata contribuisce a sua volta al riscaldamento, tanto che in campo offroad alcuni team montano radiatori supplementari.
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