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Test a Testa #15: BMW R 1300 GS ASA VS Honda CRF1100L Africa Twin Adventure Sports DCT +VIDEO+
Il nuovo cambio automatico ASA di BMW a confronto con l'affermato DCT di Honda. Due soluzioni tecniche molto diverse, anche perché si inseriscono in due architetture diverse: tradizionale per Honda e molto atipica per BMW. Ecco come funzionano, e il perché di queste scelte tecniche
Eccoci allo scontro probabilmente più atteso dell’anno: il cambio automatico più chiacchierato contro quello più affermato, la novità contro il veterano, il BMW ASA contro il DCT di Honda. Uno scontro che dice molto anche delle strategie delle due Case: Honda ha optato per inserire un cambio rivoluzionario in una architettura del powertrain e della ciclistica molto convenzionale – a parte il DCT, l’unica “anomalia” è la distribuzione monoalbero con sistema Unicam – mentre BMW ha introdotto una interpretazione tutto sommato “convenzionale” del cambio automatico in una ciclistica piena zeppa di particolarità: motore boxer con finale a cardano, Paralever e sospensione anteriore Telelever.
Non è un caso che questa spinta verso le trasmissioni automatiche arrivi da due Case con i piedi saldamente piantati anche nel mondo auto, dove questa è ormai la regola: nelle riunioni tecniche tra responsabili delle diverse divisioni, quelli del settore moto devono evidentemente aver provato un po’ di disagio nel lasciare sguarnito un presidio tecnologico che nelle auto riscuote un tale successo. E dato che sulla Africa Twin le versioni DCT pesano ormai più del 50% del totale, avevano ragione i colleghi dell'auto...
L’interazione fra cambio, motore e ciclistica
Ma andiamo al sodo del nostro confronto. Per i dettagli tecnici dei due sistemi vi rimandiamo agli esaustivi articoli che abbiamo già pubblicato, ma vogliamo sottolineare che comfort e facilità di guida, gli obiettivi dichiaratamente perseguiti dai cambi automatici, sono dei risultati finali, ma in concreto l’obiettivo tecnico primario è quello di ridurre i trasferimenti di carico. Che è qualcosa su cui sia BMW che Honda lavorano da tempo, investendo su tecnologie che sono diventate identificative: dei rispettivi modelli: la ciclistica con Paralever e Telelever sulla tedesca, il cambio DCT sulla giapponese.
Prendiamo la Africa Twin: è sempre stata morbida di sospensioni, e nonostante le Showa EERA ci mettano una pezza (specialmente in mappa S), resta una moto che si muove in maniera sensibile: per cui limitare al minimo le interruzioni di coppia in fase di cambiata aiuta a non scomporre l’assetto. E infatti questo era uno degli scopi dichiarati del sistema DCT fin dalla prima versione apparsa sulla VFR1200F del 2010: coniugare fluidità ed efficienza, obiettivo raggiunto da subito e che negli anni si è affinato con strategie di cambiata sempre più “naturali” rispetto alle aspettative di chi guida.
Visto che sulla GS i trasferimenti di carico li limita invece la ciclistica, con il Paralever che contiene l’effetto anti-squat e il sollevamento del posteriore e il Telelever che limita l’affondamento in frenata, BMW ha potuto lavorare per conservare un feeling di cambiata più “motociclistico”, limitandosi di fatto ad automatizzare il quickshifter. Nonostante i tanti anni di sviluppo e la sua eleganza, il sistema ASA è meccanicamente più semplice rispetto al DCT, che si sobbarca la complessità di avere due frizioni sincronizzate e due alberi concentrici (marce pari e marce dispari) in cambio di una cambiata incredibilmente fluida, in cui la coppia “oscilla” da una marcia all’altra come un’onda, senza brusche interruzioni e quindi senza scomporre la moto.
Quando cambiare marcia? Il tema del software
Tutto per dire quanto in realtà la tecnologia di questi cambi sia integrata nelle piattaforme sulle quali è stata introdotta. Questo lungo preambolo serve a capire quel che si prova in sella, che è esattamente figlio di queste scelte tecniche: la BMW è più brusca, la Honda più dolce. I tedeschi hanno voluto conservare il feeling della cambiata “da moto”, leva a pedale compresa, mentre i giapponesi hanno tolto tutto (leva frizione e leva cambio) puntando su un’esperienza diversa, ma assolutamente gradevole.
Fin qui i termini meccanici. C’è poi tutto il tema del software, degli algoritmi che decidono cosa fare: quando inserire il rapporto e quando non farlo, come fare per evitare che la frizione si surriscaldi e via dicendo. Una faccenda complessa, dato che le informazioni che arrivano alle centraline sono ormai tantissime, ma che allo stesso tempo le centraline sono “cieche”: conoscono l’accelerazione o decelerazione, conoscono l’inclinazione della moto ma non sanno se davanti a noi c’è una curva, una rotonda, uno stop o un veicolo da superare.
Questo, e il fatto che ognuno di noi guida in maniera diversa compiendo scelte personali, fa sì che il cambio automatico vada soggetto a giudizi molto severi. Molto più severi rispetto ad esempio al ride-by-wire, che apre le farfalle un po’ più o un po’ meno di quanto penseremmo di fare, ma (salvo in casi veramente eccezionali) non si sogna di aprirle in un momento diverso da quel che chiediamo di fare con la manopola destra. Il cambio automatico, invece, mette i rapporti con logiche che non sono le nostre, il che può risultare fastidioso.
Su strada: ASA efficace, ma si fa sentire
A dire il vero, abbiamo trovato l’ASA già piuttosto a punto. Rispetto alle prime sensazioni, nella guida extraurbana mette e toglie le marce in modo ben allineato alle aspettative di chi guida, mentre il DCT in mappa D continua a inserire i rapporti a salire molto presto per tenere il motore a basso regime (partendo da fermi con le due moto, l’Africa Twin mette la sesta quando la GS mette la quarta).
Va detto che a parte questa indole (che peraltro si modifica nelle mappe S1, S2 ed S3, progressivamente più sportive), l’Africa è “naturale” nelle sue scelte, ad esempio non cambia quasi mai marcia a centro curva – cosa che può capitare con la GS. Del resto Honda ha dalla sua l’esperienza degli oltre 250.000 DCT venduti in 15 anni, milioni di km fatti in una varietà di condizioni che nessun test “ufficiale” potrà mai riprodurre prima del lancio del prodotto. Soprattutto, ha dalla sua il fatto che anche se cambia in momenti in cui non te lo aspetti, è talmente dolce che ti accorgi del cambio marcia solo se ci fai attenzione, per cui le sue decisioni passano “sotto silenzio” e non danno particolare fastidio; al contrario, la guida risulta estremamente gradevole, fluida e silenziosa. Poi, quando serve, il cambio marcia con i pulsanti al manubrio è fulmineo.
Il sistema BMW è come abbiamo detto piuttosto puntuale nelle scelte, e queste scelte sono ben avvertibili. Perlomeno sull’esemplare a nostra disposizione, l’innesto del rapporto è a volte molto dolce e silenzioso, altre volte sonoro e molto percepibile a livello meccanico; né più né meno di quello che ci si aspetta da un normale cambio BMW della serie R, soltanto che questa evidenza, unita all’interruzione di coppia, fa sì che il passaggio di rapporto sia sempre chiaramente avvertibile: e se avviene in un momento diverso da quello che avresti scelto tu, te ne accorgi.
A ciascuna (moto) il suo (cambio)
Ecco in sintesi la grande differenza tra i due sistemi: estremamente fluido Honda, più netto BMW, sposati del resto a motori altrettanto diversi: tutto coppia in basso e morbidezza il twin monoalbero Honda, vigoroso a tutti i regimi il boxer BMW. L’Africa Twin non lavora molto volentieri agli alti, e questo spiega anche il motivo della impostazione del DCT: nelle mappe S2 ed S3 che mantengono la marcia molto a lungo, il bicilindrico giapponese lavora in zone che non sembrano particolarmente gradite.
Parliamo di un motore pensato per l’erede della prima Africa Twin, moto efficacissima ma non particolarmente prestazionale, anche per poter mettere senza problemi le ruote fuori dall’asfalto. La nostra “Adventure Sports” le ha da 19”-18”, derivate dalle canoniche 21”-18”, mentre BMW va anche in questo caso per la sua strada con un 19”-17” e cerchi in lega che su questa versione sono adatti anche all’uso in fuoristrada. La Adventure Sports è diventata più stradale grazie a una minor escursione delle sospensioni: 210 mm anteriore e 200 mm posteriore. Il telaio è fuoristradistico, un semi-doppia culla in acciaio con telaietto imbullonato e forcellone derivato dalla CRF450R da cross.
Al primo impatto, l'Africa Twin è morbida di sospensioni e di sella, con il manubrio molto alto e le braccia un po' spioventi: una posizione più da guida in piedi o da trasferimento rilassato; al confronto la GS sembra un motardone, puntata in avanti e col manubrio più largo e dritto. Già appena sali capisci a che gioco vuole giocare ciascuna delle due.
Elettronica ed ergonomia
BMW ha l’enorme boxer con funzione portante a cui sono attaccate le sospensioni, e eroga una potenza che se non la pone ancora nel novero delle hyper-crossover, non è comunque niente male: 145 CV a 7.750 giri con 149 Nm di coppia a 6.500 giri. Honda ha un motore più di compromesso tra strada e fuoristrada: la potenza è contenuta in 102 CV a 7.500 giri, con 112 Nm di coppia a soli 5.500 giri. Le sospensioni elettroniche si sposano alla peculiare impostazione meccanica, con il nuovo DSA semiattivo e in grado di intervenire sul k molla oltre che sui registri idraulici. C’è la possibilità (opzionale) di avere l’abbassamento automatico del corpo moto quando ci si ferma, cosa che anche le Showa della Honda consentirebbero, ma l’opzione non è prevista nel caso dell’Africa Twin.
A proposito di elettronica, questa è molto completa nei due casi: ma Honda ha scelto di lasciare largamente indipendenti le regolazioni pur offrendo dei riding mode, mentre BMW viceversa basa tutto sui riding mode, lasciando in opzione la possibilità di effettuare regolazioni indipendenti (per le quali servono i pacchetti Dynamic Pro e/o Enduro Pro). Questo fa sì che BMW sia più semplice e intuitiva nelle sue regolazioni. Monaco ha inoltre introdotto sulla R 1300 GS gli ARAS basati su radar: ACC, FCW e LCW. Come sempre, per avere tutte le dotazioni bisogna investire sui pacchetti che fanno lievitare il prezzo della GS puntando alla soglia dei 30.000 euro, mentre Honda offre di serie quasi tutto (dal DCT al faro cornering) e nei pacchetti ci sono sostanzialmente upgrade come le protezioni motore, i tubi paracarena, i fendinebbia e il top case; curiosamente, mentre il DCT è di serie il pedale “elettronico” per chi vuole usare il piede sinistro è un optional.
Test a Testa: chi vince?
La decisione di “mantenere il feeling della cambiata meccanica” presa da BMW è un’arma a doppio taglio: dà gusto quando sei in manuale, ma in automatico il fatto che resti molto “presente” fa sì che anche le decisioni di cambiata non condivise dal pilota, per quanto in assoluto non molte, siano più avvertibili. Alla fine, puoi essere magari meno d’accordo con le decisioni del DCT rispetto a quelle che prende l'ASA: ma dato che l’effetto del DCT non lo senti quasi, non te ne accorgi. Per questo motivo e per la generale piacevolezza di funzionamento, per un cambio automatico moto la nostra sensazione è che il DCT sia la strada migliore, almeno per quel che abbiamo provato finora.
Certo, il DCT pesa e costa parecchio, certamente più dei sistemi concorrenti di BMW, Yamaha e KTM. È possibile salvare capra e cavoli? Ci viene da pensare che forse l'e-clutch di Honda potrebbe riuscirci: è una via di mezzo che consente di fermarsi e partire senza frizione, ma mantiene la leva per quando serve (ad esempio in manovra o in off-road) e lascia inalterato il feeling di cambiata, anzi migliora ulteriormente il funzionamento del quickshifter. Ma per stabilirlo con certezza... ci vorrà un altro Test a Testa.
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