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Biaggi fa paura, o no?
Max ha conosciuto la Superbike e la Superbike ha conosciuto Max. Da adesso c’è un protagonista in più, molto, molto comodo per l’immagine del Mondiale, molto, molto scomodo per gli avversari. C’è chi li vede già terrorizzati, ma forse esagera, no?
di Luigi Rivola, foto Alex Photo
Per favore, la Gazzetta, Tuttosport e Stadio. “Oggi si dà alle grandi letture sportive?” – ironizza il mio edicolante. Arriva il sindaco del mio paese, tirato a lucido perché deve mostrarsi tutta la mattinata in giro a piedi, visto che oggi le auto non circolano per la domenica “pulita”. Anche lui mi chiede: “Li legge sempre tutti e tre?”.
Non oso chiedere loro con che moto abbia corso, di sicuro non lo sanno, mi basta constatare che all’improvviso la Superbike è entrata anche nella Pubblica Amministrazione e nei bar di tutta Italia.
Max dunque mi è costato tre euro straordinari. Volevo vedere i titoli e li ho visti: ammetto che mi aspettavo ben di peggio, invece ho trovato titoli corretti, condivisibili, centrati, privi di esaltazione. Insomma, ho buttato via tre euro: quei titoli li avrei fatti anch’io. Possibile che in una sola giornata di frequentazione della sala stampa del mondiale Superbike i giornalisti della MotoGP siano rimasti folgorati?
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Ma torniamo a Biaggi, che indubbiamente merita di essere il protagonista.
Ammirazione. Una forma di apprezzamento sincero. Una parola che mi è venuta in mente subito vedendo le sue due gare in Qatar. Max ha scelto il basso profilo per il suo rientro nelle corse iridate, ha parlato poco, ma evidentemente si è preparato bene e molto. Non si è lasciato prendere dalla frenesia di primeggiare nei test, ma quando ha visto un semaforo rosso che si spegneva davanti al suo sguardo attento e concentratissimo ha dato libero sfogo al suo talento e la sua Suzuki GSX-R 1000 K7 ha capito di essere in buone mani.
Non è da tutti vincere al debutto, e Max lo ha già fatto due volte. Significa che è inutile parlare di caso. Il caso è lui: è nato per fare il pilota, il campione di motociclismo, e questo non c’è nessuno che non debba riconoscerglielo. La Superbike con lui in gara guadagna considerazione, pubblico, prospettive e la presenza ieri a Losail delle più celebri penne dei quotidiani sportivi nazionali testimonia la consapevolezza che il pilota Max Biaggi, quello che ha scelto di venire a correre in Superbike, sarebbe ancora un osso duro per tutti, e anche un vincente, con la moto e il team giusti, nel mondiale MotoGP. Il solo, assieme a Capirossi, capace di battersi ad armi pari – se pari è la moto – col fenomeno Valentino Rossi.
Attribuiti a Biaggi i dovuti riconoscimenti e la sincera ammirazione per ciò che è stato capace di fare, torniamo un momento sui titoli dei quotidiani. Uno solo mi ha fatto sorridere, è su Tuttosport e dice: “E i rivali adesso hanno paura”. Paura? Dunque, se non sbaglio, Max ha vinto la prima corsa duellando fino all’ultimo con Toseland; ha perso la seconda per un soffio, preceduto dallo stesso Toseland.
Haga, Bayliss, Corser, Lanzi, Kagayama, da anni sono abituati a battersi con Toseland; a volte vince lui, a volte loro. La realtà è che la Suzuki e la Honda sono sempre andate bene su questo circuito, mentre la Ducati e la Yamaha meno. Non per niente nel 2006, dal punto di vista delle moto, il risultato è stato identico: una manche a Corser con la Suzuki, una a Toseland con la Honda, e nel 2005 le aveva vinte entrambe la Suzuki, con Corser e Kagayama.
Non credo che si sia spaventato nessuno a veder Max duellare con Toseland: si sarebbero spaventati se l’asso della MotoGP, mettendo in luce davvero una marcia in più (quella che normalmente si autoattribuiscono i piloti dei prototipi) se ne fosse andato alla partenza staccando tutti in scioltezza e trasformando una moto vincente in stravincente.
Il giudizio più corretto su Biaggi è venuto da uno dei massimi esperti italiani di piloti e di corse: Davide Brivio; è pubblicato su Stadio e dice: “Max ha fatto ciò che doveva fare. Ha esperienza e talento, mi aspettavo qualcosa del genere”. E in effetti è così: un professionista e un campione come Biaggi, alla guida di una moto vincente (o all’improvviso la Suzuki è diventata un catorcio?) deve vincere. Lui lo ha fatto perché è effettivamente un professionista e un campione.
E lo farà ancora, ma ogni volta dovrà guadagnarsela, specie a Philip Island, dove Corser è un missile e Bayliss pure. Biaggi lo ha senz’altro capito. Si è preso le misure in Superbike, ha visto come funziona, ha dimostrato che le sportellate non lo mettono in crisi, è carico e determinatissimo. Insomma, fa paura? A ripensarci forse un po’ sì.
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