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8 Ore Suzuka: la Honda fa Ju
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Ju in Giapponese significa 10: la decima vittoria consecutiva in quella che è forse la sfida più sentita fra le marche del Sol Levante. Non ha vinto la moto ufficiale, ma quella del Team satellite FCC, ma soprattutto non ha vinto la Yamaha di Edwards-Haga
foto Alex Photo
La Honda FCC, vincitrice della 8 Ore di Suzuka 2006. Alla guida è Ito
SUZUKA – Altro che trionfo bis dopo dieci anni: le speranze della Yamaha sono durate appena tre curve. Colin Edwards, che puntava al poker alla 8 ore e a centrare un successo storico che sicuramente gli avrebbe garantito il posto in MotoGP a fianco di Valentino Rossi, è rimasto coinvolto nella carambola innescata dal diciannovenne inglese Leon Camier e dal giapponese Chjioun Kameda.
La Honda FCC, vincitrice della 8 Ore di Suzuka 2006. Alla guida è Ito
SUZUKA – Altro che trionfo bis dopo dieci anni: le speranze della Yamaha sono durate appena tre curve. Colin Edwards, che puntava al poker alla 8 ore e a centrare un successo storico che sicuramente gli avrebbe garantito il posto in MotoGP a fianco di Valentino Rossi, è rimasto coinvolto nella carambola innescata dal diciannovenne inglese Leon Camier e dal giapponese Chjioun Kameda.
Il texano – che era partito male per il mancato funzionamento del motorino di avviamento - è stato spinto fuori pista, ha rialzato in fretta la moto dalla sabbia ed è tornato in pista.
Al primo passaggio è transitato 45° ad una trentina di secondi dalla testa della corsa. Da lì ha cominciato una furiosa rimonta: al quarto passaggio era già 14°. Ma poco dopo la Yamaha ufficiale si è bloccata nei pressi della Spoon Curver, il punto più lontano dai box. Colin ha guardato dentro la carenatura, è rimasto incerto sul da farsi per qualche secondo e poi ha lasciato la moto nelle mani dei commissari ed è fuggito in hotel. Game over: il compagno d’avventura Noriyuki Haga non ha fatto neppure un metro nella gara cui teneva di più.
Gli organizzatori avevano scelto il ritorno della Yamaha per ridare interesse ad una gara che nelle ultime edizioni aveva perduto fascino a causa del predominio della Honda, imbattuta da nove edizioni. Il pubblico ha risposto alla grande – 139.600 presenze nei tre giorni! – ma, uscita la coppia più attesa – la corsa è stata di una monotonia impressionante.
La Honda ha vinto ancora, ma il rullo compressore non è stata la formazione ufficiale della HRC che anzi è incappata in un rovescio storico. Fin dalle prime battute, la FCC, la formazione satellite appoggiata dal piccolo costruttore giapponese di frizioni, ha preso il largo, ben assecondata dai piloti – Shinici Ito, collaudatore Ducati, e Tekeshi Tsujimura, vecchia conoscenza della 250GP – e soprattutto dalle gomme Bridgestone. Già, il fattore gomme è stato determinante anche nella 8 Ore.
Il costruttore giapponese ha piazzato una significativa tripletta portando sul podio anche l’altra formazione satellite Honda, Toy Story e la Yoshimura Suzuki. La Michelin ha perso nettamente il confronto zavorrando le aspettative del mega squadrone HRC, mai in lotta per il podio.
L’equipaggio più veloce, Kiyonari-Tamada, ha fatto un pit stop imprevisto alla mezz’ora per vibrazioni anomale all’avantreno, poi il giovane Kiyonari (vincitore un anno fa con Ukawa) è scivolato gettando definitivamente la spugna. La CBR-RR ufficiale numero 7 è finita solo quinta preceduta anche dai compassati compagni di squadra Okada (39 anni come il vincitore Ito) e Deguchi: per loro un quarto posto che certo non consola la HRC.
La Bridgestone ha fatto clamorosamente la differenza: peccato per la Ducati che la MotoGP non faccia più tappa a Suzuka.
La 8 Ore valeva anche come quinta prova del Mondiale Endurance e per questa edizione il promoter FGSport, lo stesso del Mondiale Superbike, ha portato in Giappone ben dieci equipaggi permanenti. L’unico team italiano, la Suzuki No Limits, è uscita di scena a metà gara per rottura del motore. Il pieno di punti iridati l’ha fatto Yamaha Austria che, approfittando della cattiva giornata della Castrol Suzuki (due cadute e conclusione nelle retrovie), riapre il campionato quando mancano due gare alla fine: la 24 ore di Oschersleben e il Bol d’Or.
Al primo passaggio è transitato 45° ad una trentina di secondi dalla testa della corsa. Da lì ha cominciato una furiosa rimonta: al quarto passaggio era già 14°. Ma poco dopo la Yamaha ufficiale si è bloccata nei pressi della Spoon Curver, il punto più lontano dai box. Colin ha guardato dentro la carenatura, è rimasto incerto sul da farsi per qualche secondo e poi ha lasciato la moto nelle mani dei commissari ed è fuggito in hotel. Game over: il compagno d’avventura Noriyuki Haga non ha fatto neppure un metro nella gara cui teneva di più.
Gli organizzatori avevano scelto il ritorno della Yamaha per ridare interesse ad una gara che nelle ultime edizioni aveva perduto fascino a causa del predominio della Honda, imbattuta da nove edizioni. Il pubblico ha risposto alla grande – 139.600 presenze nei tre giorni! – ma, uscita la coppia più attesa – la corsa è stata di una monotonia impressionante.
La Honda ha vinto ancora, ma il rullo compressore non è stata la formazione ufficiale della HRC che anzi è incappata in un rovescio storico. Fin dalle prime battute, la FCC, la formazione satellite appoggiata dal piccolo costruttore giapponese di frizioni, ha preso il largo, ben assecondata dai piloti – Shinici Ito, collaudatore Ducati, e Tekeshi Tsujimura, vecchia conoscenza della 250GP – e soprattutto dalle gomme Bridgestone. Già, il fattore gomme è stato determinante anche nella 8 Ore.
Il costruttore giapponese ha piazzato una significativa tripletta portando sul podio anche l’altra formazione satellite Honda, Toy Story e la Yoshimura Suzuki. La Michelin ha perso nettamente il confronto zavorrando le aspettative del mega squadrone HRC, mai in lotta per il podio.
L’equipaggio più veloce, Kiyonari-Tamada, ha fatto un pit stop imprevisto alla mezz’ora per vibrazioni anomale all’avantreno, poi il giovane Kiyonari (vincitore un anno fa con Ukawa) è scivolato gettando definitivamente la spugna. La CBR-RR ufficiale numero 7 è finita solo quinta preceduta anche dai compassati compagni di squadra Okada (39 anni come il vincitore Ito) e Deguchi: per loro un quarto posto che certo non consola la HRC.
La Bridgestone ha fatto clamorosamente la differenza: peccato per la Ducati che la MotoGP non faccia più tappa a Suzuka.
La 8 Ore valeva anche come quinta prova del Mondiale Endurance e per questa edizione il promoter FGSport, lo stesso del Mondiale Superbike, ha portato in Giappone ben dieci equipaggi permanenti. L’unico team italiano, la Suzuki No Limits, è uscita di scena a metà gara per rottura del motore. Il pieno di punti iridati l’ha fatto Yamaha Austria che, approfittando della cattiva giornata della Castrol Suzuki (due cadute e conclusione nelle retrovie), riapre il campionato quando mancano due gare alla fine: la 24 ore di Oschersleben e il Bol d’Or.
La classifica della 8 Ore:
1. FCC Honda CBR-RR (Ito-Tsujimura) 214 giri in 8h02’07”824;
2. TOY STORY Honda CBR-RR (Konishi-Yasuda) a 1’08”459;
3. YOSHIMURA Suzuki GSX-R (Aoki-Watanabe) a 2’12”149;
4. SEVEN STARS Honda CBR-RR (Okada-Deguchi) a un giro;
5. SEVEN STARS Honda CBR-RR a un giro;
6. MASKED RIDER Honda CBR-RR (Yamaguchi-Tokudome) a tre giri;
7. HOSHIARU OKKAICHI Honda CBR-RR (Sugai-Brookes) a quattro giri;
8. TRICK STARS Kawasaki ZX-10R (Matsudo-Tsuruta) a cinque giri;
9. FCC Honda CBR-RR (Teshima-Kamada) a sei giri;
10. AUSTRIA Yamaha R1 (Giabbani-Jerman-Scarnato) a otto giri.
1. Suzuki Castrol punti 115;
2. Yamaha Austria 94;
3. Fagersjo.el 68;
4. Phase One Yamaha 67;
5. Bolliger Kawasaki 58
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