Sbk
È finita per il bicilindrico in Superbike?
C’è chi lo sostiene, e chi invece lo nega con fermezza. Nel 2005 la Ducati da sola dovrà difendere l’onore del ‘twin’ dagli attacchi di tanti agguerriti ‘four’, e non sarà affatto facile. Il parere di quattro ingegneri italiani che di SBK se ne intendono

A mio parere
di Luigi Rivola, foto Alex Photo
Vermeulen con la Honda, davanti, e due Ducati alle sue spalle. E' successo già saltuariamente nel 2004, diventerà normale nel 2005?
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Sei sono le marche ufficialmente iscritte al Mondiale Superbike 2005: Ducati, Honda, Kawasaki, Petronas, Suzuki e Yamaha. Una, la MV Agusta, è stata in bilico tra la tentazione di lanciarsi subito nella mischia, oppure fare un anno di tirocinio in Superstock ed ha optato poi per quest’ultima soluzione. Due infine, molto attese, la KTM e l’Aprilia, hanno rinunciato adducendo lo stesso motivo: a loro parere, il motore bicilindrico è penalizzato dal nuovo regolamento tecnico e non c’è quindi speranza di battere i quattro cilindri giapponesi.
Nel caso della KTM, questa convinzione è stata espressa ufficialmente dal boss dell’azienda austriaca, Stefan Pierer, nel corso di una breve intervista con l’autore di questo articolo al Salone di Monaco. In realtà la KTM ha allungato i tempi di uscita della sua Supersport twin e sembra confermato che stia seriamente pensando addirittura ad una sei cilindri: questa potrebbe essere il vero motivo di un ripensamento rispetto al piano SBK che lo stesso Pierer aveva più volte anticipato nell’ultimo biennio.
Quanto all’Aprilia, tradizionalmente la “lobby MotoGP” è imperante a Noale, e non potrebbe essere altrimenti, considerata la storia agonistica dell’azienda. Il cuore quindi spinge verso i prototipi, ma il cervello dovrebbe far sì che fosse lasciato adeguato spazio nel reparto corse anche per la RSV Mille, che già aveva dimostrato di essere molto competitiva e che lo sarebbe ancora a maggior ragione con la monogomma, quella monogomma che ha permesso ad alcuni piloti, nel 2004, di emergere con moto “anziane” al cospetto degli ultimi prodigi della tecnica.
Ma anche a Noale, almeno fino a qualche mese fa, chi contava nelle decisioni dell’azienda in crisi sosteneva la tesi della cessata competitività dei due cilindri nei confronti dei quattro. Niente Aprilia, quindi, nel Mondiale SBK 2005. Aspetteremo le decisioni di Pontedera per il 2006.
Nel frattempo però abbiamo voluto approfondire questo interessante dibattito sul supposto squilibrio fra due e quattro cilindri, interpellando chi di queste cose se ne intende: quattro ingegneri italiani che in un modo o nell’altro sono stati o sono coinvolti nel mondo delle Superbike. Quattro interviste telefoniche brevi, ma interessanti e competenti. Leggetele, poi traete voi le conclusioni. Magari nel Forum di Motonline.
Il bicilindrico non è più competitivo? Non direi. La risposta arriverà dopo le prime gare del 2005, ma al momento le prestazioni si possono definire equivalenti. In qualche circuito sarà favorito il quattro, in altri il due, come è sempre successo, ma noi potremo sempre contare su un vantaggio in termini di erogazione di coppia.
Francamente non sono preoccupato. I test recentemente effettuati a Jerez con le moto già in configurazione 2005 ci hanno dato grande soddisfazione. La nuova centralina Marelli, già usata sulla Desmosedici, e una nuova gestione elettronica del motore hanno dato i risultati sperati.
Il nostro non è ottimismo fine a se stesso: nel 2004 abbiamo già avuto modo di confrontarci con delle quattro cilindri molto competitive e non ne siamo usciti sconfitti. Non mi riferisco solo al Mondiale Superbike, ma anche agli altri campionati SBK, dove i problemi che abbiamo incontrato, ma che non ci hanno impedito in certi casi di vincere, non sono mai stati riferibili a scarsa competitività della moto, ma a difficoltà obiettive del pilota ad adattarsi alla guida della 999, oppure a non perfetta messa a punto della ciclistica.
Anche in termini di affidabilità confidiamo di non essere penalizzati rispetto ai quattro cilindri. Quest’anno si è sparlato molto a proposito di una supposta fragilità dei nostri motori che noi non abbiamo riscontrato e che ha riguardato altri dei quali non possiamo rispondere, visto che gestivano in proprio la manutenzione e lo sviluppo. Comunque, poiché l’affidabilità è uno dei parametri su cui facciamo pochi compromessi, dico solo che la 999 – 2005, nonostante abbia alcuni cavalli in più della versione 2004, avrà intervalli di sostituzione dei pezzi raddoppiati e alcuni particolari molto più robusti.
Sappiamo che il campionato che sta per iniziare sarà particolarmente duro, ma lo sarà per tutti, non solo per la Ducati.
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Si è discusso per anni sulla formula più adatta ad equiparare il due al tre-quattro cilindri e ho partecipato a queste interminabili discussioni con le Case giapponesi, che non hanno prodotto nulla. Guardando ciò che è successo nella stagione 2004, con la cilindrata unificata a 1000 cc, mi sembra di poter dire che c’è stato un buon livellamento delle prestazioni. Il bicilindrico può ancora competere, anche se non sarà vincente con la regolarità del passato, tuttavia per primeggiare dovrà sacrificare qualcosa, per esempio è molto probabile che l’erogazione diventi più brusca, più difficile da gestire, inoltre potranno presentarsi problemi di affidabilità.
Pochissimi anni fa un bicilindrico 1000 con regime di rotazione attorno ai 14.000 giri non poteva nemmeno essere immaginato; oggi si corre con un rapporto alesaggio/corsa sempre più spinto a favore dell’alesaggio, e con velocità medie dei pistoni elevatissime; le prestazioni raggiunte dai bicilindrici odierni sono assolutamente eccezionali, ma a parità di regime l’affidabilità di un quattro cilindri è superiore.
Il rischio di una superiorità del quattro cilindri, stante il regolamento attuale, è quindi reale, anche se l’imposizione della “monogomma” rallenta di fatto la corsa alle superpotenze, che si rivelerebbero inutili, anzi controproducenti. La stessa “monogomma” però, se da un lato può essere a vantaggio del bicilindrico, dall’altro può rivelarsi un handicap, poiché il due cilindri, con le attuali potenze in gioco e soprattutto con la coppia più vigorosa, può mettere in crisi le gomme prima di un quattro.
Una cosa è certa: per poter correre e continuare a vincere con un bicilindrico, oggi più che mai bisogna concepire il motore a questo scopo fin dalla prima fase del progetto, e questo pone certamente dei limiti all’adattabilità del motore a destinazioni diverse dalla pista.
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A mio parere l’equilibrio fra due e quattro cilindri è già saltato, e c’è qualche risultato che lo dimostra, soprattutto nei campionati nazionali SBK.
Nel Mondiale Superbike il bicilindrico è ancora competitivo perché le quattro cilindri derivate di serie si trovano a battersi con dei bicilindrici tanto speciali che assomigliano più a prototipi che ai modelli da cui hanno avuto origine.
Con l’attuale regolamento, questa condizione anomala del bicilindrico è inevitabile perché possa continuare a correre; per ripristinare un buon equilibrio sarebbe invece indispensabile un ritocco alle norme tecniche, ma visto che per tanti anni il due cilindri è stato avvantaggiato, non mi sembra male che per un po’ possa esserlo il quattro.
D’altra parte le corse per derivate di serie sono lo specchio del mrcato, e non a caso la gente sa che le moto a quattro cilindri, a parità di costo, vanno meglio delle bicilindriche.
E aggiungo che, naturalmente, il mio pronostico per il Mondiale SBK 2005 vede al primo posto il pilota di una quattro cilindri...
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il motore bicilindrico è ancora competitivo, però l’attuale regolamento è molto più vicino di prima alla produzione di serie e questo può essere un handicap per il bicilindrico, che per essere vincente nei confronti del quattro deve essere più vicino ad un prototipo.
Ciò vale a maggior ragione per un bicilindrico non desmodromico, ossia con le valvole richiamate in sede dalle molle, visto che per ottenere prestazioni e affidabilità sufficienti per correre in SBK un simile motore va progettato con criteri che difficilmente vanno d’accordo con le esigenze di un prodotto di serie.
C’è comunque da dire che la monogomma riduce ampiamente questo handicap del bicilindrico, poiché rende superflue le superpotenze in considerazione del fatto che la resa del pneumatico costituisce un limite invalicabile.
Il quattro cilindri è avvantaggiato in termini di affidabilità e soprattutto di costi, e lo sarà anche se la monogomma si adatterà all’incremento delle potenze, tuttavia se dovessi progettare un motore per correre nel Mondiale Superbike, ancora oggi sceglierei un bicilindrico perché è più stretto e quindi più aerodinamico, ha più coppia e favorisce l’agilità della moto. Avendo tanti soldi a disposizione, il bicilindrico può essere ancora vincente, altrimenti è meglio stare sul quattro.
A mio giudizio il compromesso migliore sarebbe il tre cilindri: la Petronas non vince perché non ha il background tecnico della Ducati; sono convinto che a Borgo Panigale quel tre cilindri potrebbe diventare vincente.
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di Alberto Dell’Orto - Motonline
La Honda Fireblade 1000 HRC in versione per il campionato AMA SBK
La questione, oltre a essere importante per chi vive la Superbike da appassionato, non è neanche particolarmente semplice. Prevedere la fine della competitività del bicilindrico in Superbike è complesso dal punto di vista logico e rischioso dal punto di vista delle probabilità. Il punto fondamentale (ma non certo l’unico: c’è dentro anche il pilota, la ciclistica, l’efficienza del team…) riguarda la potenza: un motore meno frazionato (cioè il bicilindrico) ha pedite meccaniche superiori a parità di regime di rotazione. E siccome il regime è uno degli elementi che concorrono alla determinazione della potenza, è chiaro che, a pari cilindrata e bontà progettuale, per avere lo stesso potenziale bisogna girare allo stesso regime. Se però sottraiamo le perdite meccaniche ecco che il bicilindrico, a pari sviluppo, è svantaggiato (motivo per cui per anni ha potuto godere di un vantaggio di cilindrata).
Ecco allora il nocciolo della questione: siamo sicuri che i “quattro” giapponesi e il “due a V” italiano siano effettivamente allo stesso livello di sviluppo? Che, cioè, impieghino tecnologia, materiali, capacità progettuali direttamente confrontabili?
Bisogna tenere in conto il vantaggio Ducati della riduzione di attriti ai medi regimi fornita dal sistema di distribuzione desmodromico, dei due cuscinetti di banco a rotolamento (che in teoria assorbono assai meno potenza agli alti regimi dei quattro cuscinetti a strisciameto del “jap”), il lunghissimo lavoro di sviluppo sullo stesso motore, evoluto di anno in anno lavorando sempre sulla stessa, ben conosciuta base.
Vi ricordate del motore 955 di qualche anno fa, con problemi di affidabilità enormi e margini di sviluppo che apparivano ormai esauriti? Ecco, la partita sulla potenza si gioca qui: certo, l’alesaggio di 104 mm del motore Ducati è un vero record, è difficile pensare che si possa aumentare ancora molto per ridurre la corsa e, dunque, permettere al motore di girare più in alto alla ricerca di altra potenza. Ma non appare impossibile, di pricipio, che gli uomini di Borgo Panigale possano salire a 105, 106 mm, o anche oltre, se se ne prensentasse la necessità. Ciò non toglie che lo sviluppo di un bicilindrico sia una salita ben più ripida di quella di un “quattro”, ma da qui a sostenere che la Ducati non abbia più chanches di vincere, ce ne corre…
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