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MotoGP: ma (tutte) queste ali, servono davvero?
Dal 2015, anno in cui furono introdotte le prime appendici alari, l'evoluzione aerodinamica è arrivata a livelli estremi. Ma domenica scorsa, sul circuito di Philip Island, sono successe un paio di cose che hanno fatto riflettere
Una moto più dinamica, più fluida nella guida, in generale più “moderna”, è l’immagine che ci viene restituita se pensiamo oggi a una MotoGP. Un’immagine che, in un certo senso, ha segnato la fine di un’era e l’inizio di un’altra del tutto nuova. Non parliamo di nuovi campioni, ma parliamo del mezzo in sé: il 2015 è l’anno d’inizio del cambiamento, grazie all’introduzione delle prime appendici aerodinamiche, che donano alle moto un’innovativa configurazione, dapprima molto contestata, successivamente trasformatosi nella nostra nuova realtà.
Ad oggi, la presenza delle ali è diventata a tutti gli effetti una norma regolamentare... fatta eccezione per un singolo weekend di gara, quello disputato sul circuito di Phillip Island. Il forte vento tipico del circuito australiano, infatti, quest’anno ci ha regalato un flashback: il team Aprilia Trackhouse ha infatti deciso di far scendere in pista Raul Fernandez con una moto che ormai potremmo definire “vecchio stampo”, vale a dire senza ali in dotazione.
La scelta rimane a discrezione dei singoli team, ma nessun altro ha deciso di percorrere questa strada. Decisione che, a posteriori, fa un po’ riflettere. A consolidarsi nella mente degli spettatori, infatti, c’è l’incidente che ha visto coinvolti Bezzecchi e Viñales, da cui emerge un’evidente difficoltà da parte del pilota italiano nel sottrarsi al cosiddetto “effetto tunnel” causato dal sorpasso dell’avversario.
Si tratta di una condizione con cui ormai bisogna fare i conti in ogni tracciato, e che in Australia viene senza dubbio accentuata. E infatti l'australiano Casey Stoner, non proprio l’ultimo arrivato tra i piloti, non ha dubbi sul ruolo che ha giocato l’aerodinamica nell’incidente, commentando: “Questo è il risultato dell’aerodinamica. Il risucchio causato a quella velocità è troppo”.
Un assetto della moto senza ali avrebbe potuto evitare quella dinamica dell'incidente o, perlomeno, ridurne la percentuale di rischio? Le dichiarazioni rilasciate dallo stesso Fernandez potrebbero farci pensare di sì: “Non avevo mai guidato senza ali, è stato molto bello, Aprilia si è fidata di me e io mi sono offerto come cavia: mi sono divertito molto, era da tempo che non sentivo una moto così”.
Detto da uno dei piloti più giovani presenti sullo schieramento assume ancor più rilevanza e offre un metro di paragone importante nel valutare cosa questa moto sia diventata negli anni, cambiando in maniera significativa lo stile di guida.
Ci portiamo quindi come bagaglio una domanda importante: ma queste ali servono davvero?
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