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Avere i CINESI in Moto3 è un successo (e vi spieghiamo perché)

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Avere i CINESI in Moto3 è un successo (e vi spieghiamo perché)
Avere i CINESI in Moto3 è un successo (e vi spieghiamo perché)

A prescindere dalle ragioni sportive, avere Case cinesi nel Mondiale è un gran bene. Non c’entrano nemmeno le ragioni commerciali: semplicemente, l’alternativa è un Mondiale che finirebbe per contare ben poco

CFMOTO e QJ Motor sono entrate in Moto3, seppure da lontano: la prima, ormai partner consolidato di KTM, con una RC 250 GP rimarchiata, un team tedesco e due piloti spagnoli; la seconda, proprietaria anche del marchio Benelli, con un’operazione analoga: altre due KTM, un team spagnolo  e due piloti italiani, Elia Bartolini e Matteo Bertelle. Ne parliamo non per ragioni sportive, ma per notare come avere Case cinesi nel Mondiale sia un gran bene. E non c’entrano le ragioni commerciali, ma è una questione di sopravvivenza. L’approccio cinese alla Velocità non è cambiato da quando, 20 anni fa, Zongshen correva nell’Endurance con delle Suzuki. Ai tempi i commenti erano al limite del sarcastico; oggi abbiamo capito che rispetto alla loro velocità di sviluppo, l’Occidente è sostanzialmente fermo (e l’Italia, moto a parte, addirittura arretra) e abbiamo smesso di sorridere.

Qatar, una splendida tripletta italiana!

La differenza culturale

Questo modo di partecipare al Mondiale così estraneo alla nostra cultura è il segno, appunto, di una differenza culturale profondissima. E il punto è che se 20 anni fa la cultura dominante era quella occidentale, con la corsa alle prestazioni e il Motomondiale, oggi questa cultura sta per essere sorpassata dalla cultura asiatica, con i veicoli elettrici e connessi e poco interesse per le corse in qualunque forma. In che senso “sorpassata”? Beh, Carletto Marx diceva che le idee dominanti sono le idee della classe dominante: si può non essere d’accordo, ma è senz’altro vero che la cultura dominante è espressa dall’economia dominante, e ci sono pochi dubbi che le economie dell’oriente siano lanciate verso il sorpasso su quelle dell’occidente, non fosse altro che per un fatto di dimensioni: la popolazione della Cina supera quella di Europa, Stati Uniti, Giappone e Australia messi insieme.

Un campionato veramente globale

Ecco perché avere in Moto3 CFMOTO e QJ - tra l'altro con il loro marchio e non con qualcuno acquisito - è un bene: perché implica un certo riconoscimento della nostra cultura motociclistica, e questo è un fatto fondamentale. In Asia (pur se con qualche eccezione) la MotoGP è meno popolare del cricket e del badminton, e in un mondo a trazione asiatica è la MotoGP che rischia di diventare provinciale: un campionato che si corre con mezzi incomprensibili nelle popolose aree in cui l’elettrico è o sarà presto prevalente, e animato da piloti che rappresentano Paesi (i nostri) minoritari in termini di abitanti e di passione per le due ruote. Speriamo invece che Dorna sappia rendere la MotoGP (e Infront la MXGP) un campionato veramente globale, come le Olimpiadi o i Mondiali di calcio a cui tutti vogliono partecipare. Un terreno di confronto in cui tutti siano invogliati a presentarsi: magari con regole intermedie, compromessi per accontentare tutti che magari potranno non piacerci, ma diventano una questione di sopravvivenza. È una sfida immensa, sia per gli organizzatori che per i team: ma va affrontata adesso.
Avere i CINESI in Moto3 è un successo (e vi spieghiamo perché)
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