Motogp
Angel Nieto (1947-2017), il re delle piccole cilindrate
Specialista delle piccole cilindrate, Angel Nieto era una sorta di leggenda vivente: aveva vinto 13 Mondiali tra 50 e 125 tra gli anni 70 e 80, secondo solo a Giacomo Agostini per numero di titoli. Ma Angel Nieto è stato soprattutto un talento eccezionale e un precursore: mai nessun pilota spagnolo aveva vinto tanto. I vari Marquez, Pedrosa e Vinales devono rendergli grazie
“Non guido in strada. Ho troppo rispetto per la moto per portarla in giro a 30 all’ora”. Qualche anno fa Angel Nieto disse questa frase, rimasta impressa negli annali. Che alla fine dei suoi giorni si è rivelata profetica. Dopo una vita agonistica passata a folli velocità sulle piste di mezzo mondo, ha trovato la sua fine in uno stupido incidente in quad, sull’isola spagnola di Ibiza. Poi una settimana di sofferenze e la morte: un edema cerebrale che si è aggravato, l’operazione e la peggiore delle conclusioni.
Ma chi era Angel Nieto? I più vecchi se lo ricordano, i più giovani forse lo hanno solo sentito nominare. Chi era questo pilota spagnolo? In breve, è stato il Giacomo Agostini delle piccole cilindrate, uno degli ultimi eroi del Motomondiale ruspante che fu. Al di là dei 13 titoli mondiali (anzi, 12+1, come amava dire lui, uomo terribilmente scaramantico), Nieto rappresentava, ancora da vivo, un mondo scomparso. Aveva dominato in lungo e in largo la classe 50, dove ha corso con Derbi e Bultaco e vinto sei Mondiali dal 1969 al ’77: “Le 50 sono le moto più difficili che abbia guidato: dovevi sempre portarle al limite ma senza andare fuorigiri, altrimenti il motore scoppiava”.
E, quando non vinceva da una parte, imperversava in 125, dove è stato il più forte di tutti in sette occasioni (1971, ’72, 1979 e il filotto 1981-84) e ha dato lustro anche alle italiane Minarelli e Garelli.
“Mi piaceva vincere sempre alla fine. Era per questo che gli altri mi temevano”. Nieto non ha mai amato vincere facile, preferiva stravincere. Senza dubbio è stato uno dei più grandi. E come tutti i campioni, ha sempre avuto un occhio di riguardo per i giovani eredi. Del connazionale Dani Pedrosa diceva: “Guida al moto come gli angeli”, mentre su Valentino Rossi si esprimeva così: “È tutto ciò che io ho cercato di essere nella mia carriera. Tutti gli dobbiamo molto”.
Nella sua Spagna i giornali sportivi lo hanno celebrato come si deve. Non solo è stato uno dei più grandi, ma anche un pioniere: uno spagnolo vincente nel Motomondiale non si era mai visto. Ed è così che adesso Nieto siede nel pantheon (o nel Paradiso) dello sport iberico, a fianco dello sciatore Paquito Fernández Ochoa, del golfista Seve Ballestreros e del ciclista Luis Ocaña.
Ma chi era Angel Nieto? I più vecchi se lo ricordano, i più giovani forse lo hanno solo sentito nominare. Chi era questo pilota spagnolo? In breve, è stato il Giacomo Agostini delle piccole cilindrate, uno degli ultimi eroi del Motomondiale ruspante che fu. Al di là dei 13 titoli mondiali (anzi, 12+1, come amava dire lui, uomo terribilmente scaramantico), Nieto rappresentava, ancora da vivo, un mondo scomparso. Aveva dominato in lungo e in largo la classe 50, dove ha corso con Derbi e Bultaco e vinto sei Mondiali dal 1969 al ’77: “Le 50 sono le moto più difficili che abbia guidato: dovevi sempre portarle al limite ma senza andare fuorigiri, altrimenti il motore scoppiava”.
E, quando non vinceva da una parte, imperversava in 125, dove è stato il più forte di tutti in sette occasioni (1971, ’72, 1979 e il filotto 1981-84) e ha dato lustro anche alle italiane Minarelli e Garelli.
“Mi piaceva vincere sempre alla fine. Era per questo che gli altri mi temevano”. Nieto non ha mai amato vincere facile, preferiva stravincere. Senza dubbio è stato uno dei più grandi. E come tutti i campioni, ha sempre avuto un occhio di riguardo per i giovani eredi. Del connazionale Dani Pedrosa diceva: “Guida al moto come gli angeli”, mentre su Valentino Rossi si esprimeva così: “È tutto ciò che io ho cercato di essere nella mia carriera. Tutti gli dobbiamo molto”.
Nella sua Spagna i giornali sportivi lo hanno celebrato come si deve. Non solo è stato uno dei più grandi, ma anche un pioniere: uno spagnolo vincente nel Motomondiale non si era mai visto. Ed è così che adesso Nieto siede nel pantheon (o nel Paradiso) dello sport iberico, a fianco dello sciatore Paquito Fernández Ochoa, del golfista Seve Ballestreros e del ciclista Luis Ocaña.