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Motogp
MotoGP: perché sgonfiare le slick?
di Riccardo Matesic
il 15/02/2016 in Motogp
Da quando a Sepang è scoppiata la gomma posteriore di Loris Baz, si parla molto dell'abitudine di alcuni team di mandare in pista moto con pneumatici a pressioni estremamente basse. D'ora in poi anche le MotoGP avranno i sensori di pressione obbligatori, ma perché nel tempo si è scatenata questa corsa alle gomme sgonfie? Alla vigilia dei prossimi test in Australia vi spieghiamo tutto
MotoGP: perché sgonfiare le slick?
A distanza di qualche giorno, Loris Baz è tornato sulla sua caduta di Sepang, dovuta allo scoppio del pneumatico posteriore. Lo ha fatto in un'intervista, concessa al sito ufficiale del Campionato: MotoGP.com.
Poche parole: Loris Baz dice che sarebbe potuta andare molto peggio. Che si è rialzato intontito dalla botta, ma che alla fine aveva solo una sbucciatura al gomito. E ribadisce che non si è capito cosa sia successo, perché il suo team aveva gonfiato la gomma alla pressione corretta.
Poche parole: Loris Baz dice che sarebbe potuta andare molto peggio. Che si è rialzato intontito dalla botta, ma che alla fine aveva solo una sbucciatura al gomito. E ribadisce che non si è capito cosa sia successo, perché il suo team aveva gonfiato la gomma alla pressione corretta.
La Michelin, dal canto suo, sta ancora investigando sul pneumatico causa dell'incidente, e a breve dovrebbe dare la propria versione dei fatti. Già il giorno successivo però, è circolata l'idea che il team abbia ridotto eccessivamente la pressione della ruota posteriore. In particolare (ma sono voci) si è parlato di 1,2 bar, contro un minimo di 1,5 bar.
In un'intervista al tedesco Speedweek, il direttore tecnico del settore Motorport Michelin, Nicolas Goubert, dice che hanno avuto problemi solo due volte, sempre con lo stesso team; e che una volta la gomma è tornata indietro a una pressione di 1,45 bar. Sull'altra, quella dello scoppio, ovviamente la pressione non è più misurabile.
In attesa di un pronunciamento definitivo della Michelin, nessuno può dire nulla; e dobbiamo prendere atto di come il team, da subito, abbia negato la possibilità di aver gonfiato troppo poco le gomme.
In un'intervista al tedesco Speedweek, il direttore tecnico del settore Motorport Michelin, Nicolas Goubert, dice che hanno avuto problemi solo due volte, sempre con lo stesso team; e che una volta la gomma è tornata indietro a una pressione di 1,45 bar. Sull'altra, quella dello scoppio, ovviamente la pressione non è più misurabile.
In attesa di un pronunciamento definitivo della Michelin, nessuno può dire nulla; e dobbiamo prendere atto di come il team, da subito, abbia negato la possibilità di aver gonfiato troppo poco le gomme.
La questione delle pressioni
Il “vizio” di ridurre le pressioni della ruota posteriore al di sotto di quanto dice il costruttore delle gomme, è cosa vecchia. Serve ad avere maggiore impronta a terra in curva e, quindi, maggiore aderenza. Peccato che in questo modo il pneumatico fletta di più sulle spalle, e tenda a surriscaldarsi.
Lo scorso anno se ne parlava parecchio in Moto2, dove la Dunlop aveva imposto un limite minimo di 1,2 bar sul posteriore; ma c'erano team che scendevano fino a 0,8! Così, da quest'anno sono stati imposti i sensori di pressione.
Non si era pensato invece alla MotoGP, ci dice con un po' d'incredulità qualche addetto ai lavori che abbiamo sentito, perché nella classe regina non è diffusa l'abitudine di giocare con le pressioni. Il motivo è nella raffinatezza dell'elettronica della moto, che consente di ottenere comunque una trazione ottimale in uscita di curva. Oltre tutto, il fornitore di pneumatici ha un uomo in ogni team, proprio per occuparsi di pneumatici; difficile eludere il suo controllo.
In MotoGP e in Moto2 comunque, a questo punto il problema è risolto e i dubbi sono fugati: d'ora in poi sono stati adottati i sensori automatici di pressione, che danno l'allarme qualora ci si muova oltre un range programmato.
Una piccola spesa tutto sommato, visto che se ne montano 3 a ruota e costano sui 300 euro l'uno. Un grande vantaggio sulla sicurezza.
Il “vizio” di ridurre le pressioni della ruota posteriore al di sotto di quanto dice il costruttore delle gomme, è cosa vecchia. Serve ad avere maggiore impronta a terra in curva e, quindi, maggiore aderenza. Peccato che in questo modo il pneumatico fletta di più sulle spalle, e tenda a surriscaldarsi.
Lo scorso anno se ne parlava parecchio in Moto2, dove la Dunlop aveva imposto un limite minimo di 1,2 bar sul posteriore; ma c'erano team che scendevano fino a 0,8! Così, da quest'anno sono stati imposti i sensori di pressione.
Non si era pensato invece alla MotoGP, ci dice con un po' d'incredulità qualche addetto ai lavori che abbiamo sentito, perché nella classe regina non è diffusa l'abitudine di giocare con le pressioni. Il motivo è nella raffinatezza dell'elettronica della moto, che consente di ottenere comunque una trazione ottimale in uscita di curva. Oltre tutto, il fornitore di pneumatici ha un uomo in ogni team, proprio per occuparsi di pneumatici; difficile eludere il suo controllo.
In MotoGP e in Moto2 comunque, a questo punto il problema è risolto e i dubbi sono fugati: d'ora in poi sono stati adottati i sensori automatici di pressione, che danno l'allarme qualora ci si muova oltre un range programmato.
Una piccola spesa tutto sommato, visto che se ne montano 3 a ruota e costano sui 300 euro l'uno. Un grande vantaggio sulla sicurezza.
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