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In carena: Pagare per correre

di Marco Masetti
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In questi tempi grami solo i piloti al top hanno un ingaggio, la maggior parte delle squadre mette sotto contratto quelli che portano sponsor o soldi…

Anni fa, facendo arrabbiare un noto manager, definii i piloti del futuro - quindi del presente di oggi - con una sigla: GP.
Che non significa Gran Premio, come possono pensare i più sprovveduti, ma Già Pagati.
Ma da chi?

Per correre in Moto2 servono 700mila euro

Poco importa da chi: van bene sponsor girati al team, eredità di zii d'America o risparmi di famiglia. Ben accetti anche oro, franchi svizzeri e immobili. Un po' meno bond e future. L'importante è che i piloti siano già pagati, ovvero paganti.
Me lo diceva uno che lavora nel settore, non un opinionista tv, ma uno che, materialmente, contrattualizza i piloti: "Purtroppo la Moto2 è già una classe di piloti con la valigia". Piena di soldi, naturalmente. Diciamo che 700.000 eurini van bene. Quindi, quando leggete che un pilota è indeciso tra due team, è solo perché si valuta la valuta (usate gli accenti giusti e capirete il gioco di parole) che porterà alla squadra. Il mercato, quindi, è morto e, anche in MotoGP, nella sottofamiglia chiamata CRT, immagino che funzionerà allo stesso modo.
In pratica i top vengono pagati, ma si contano sulla punta delle dita di due mani, ad essere ottimisti. Gli altri devono portare soldi.
Inutile dire che tra uno veloce e uno ricco, il team sarà tentato maggiormente dalla seconda opzione!
Non è una novità: per iniziare a correre si è sempre pagato, fin dai tempi dei privati del Continental Circus che partivano in nave dall'Australia e dalla Nuova Zelanda, arrivavano in Europa, lavoravano in qualche Casa motociclistica e si facevano pagare con una Manx o una Matchless.
Però all'epoca non c'era la TV e nemmeno gli sponsor.
Pagare per correre somiglia un po' a pagare per lavorare, specchio dei tempi che stiamo vivendo.
Cosa ne pensate? Vi sembra una cosa giusta? O c'è chi ci marcia sulla crisi?
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