Motogp
Ahò, so' Michel Fabrizio
Giovanissimo, è capitato in Motogp dopo aver vinto la Superstock e si è messo in mostra nonostante guidi un vero 'cancello'. E' romano verace, molto coraggioso, un po' guascone. Tenetelo d'occhio: potrebbe essere il personaggio dei prossimi anni
Questa è la incredibile storia di uno dei migliori talenti italiani, di un ragazzo che a nemmeno vent’anni corre già in MotoGp e che, forse, avrà un grande futuro davanti a se. Il forse non è colpa sua, e nemmeno mia, ma della assurda situazione che si è venuta a creare nel corso degli ultimi mesi… Ma, come in un giallo, vediamo di capire qualcosa dell’incredibile storia di Michel Fabrizio facendo un passo indietro, anzi, parecchi passi indietro… Ai test Irta, per l’esattezza, all’inizio di questa stagione, quando nel box della WCM, assieme a due moto, le solite special fatte costruire dalla squadra dell’ex giornalista Peter Clifford partendo da un motore Yamaha R1, fa la sua comparsa Michel Fabrizio.
Sembra uno scherzo: il campione in carica della Superstock europea che durante l’inverno è rimasto a piedi a causa di un cambio di manager e di un braccio di ferro con la Suzuki, si ritrova a 19 anni in sella alla moto meno competitiva (e questo è un complimento) della MotoGp. Si parla di un team italiano che dovrebbe prendere in gestione le moto, si fa il nome di Nando De Cecco ex tecnico di Aprilia e Ducati in Superbike, addirittura dell’ex pilota e ora commentatore tv Marco Lucchinelli in veste di DS, di un potente sponsor petrolifero. Non accade nulla di tutto questo e sulla carena della WCM di Michel resta solo un logo, quello del costruttore!
I contorni dell’operazione sfumata - e della situazione attuale -restano avvolti nel mistero, ma Fabrizio, guidando in maniera superlativa, rischiando parecchio di suo, a metà stagione incamera 8 punti, buona parte dei quali guadagnati a Jerez sotto la pioggia, quando dimostra di essere in possesso di un feeling sul bagnato da vero campione, andando davanti a molti big nelle prove e battendo persino la Ducati di Capirossi in gara. A quel punto tutti si accorgono di questo ragazzo. Ma non basta. Perché dal team, invece di fargli ponti d’oro, arriva una proposta di contratto- capestro, rifiutata giustamente dal pilota, che in pratica consegna a pochi euro la carriera di Fabrizio alla squadra. Morale: il miglior talento giovane espresso quest’anno dalla F1 della moto non può nemmeno andare a mangiare all’hospitality della sua squadra!
Speriamo solo che questo ragazzo della Pinetina, Roma, che nelle minimoto vinceva sempre, che in due anni è passato dal Challenge Aprilia al motomondiale, dalla 125 alla Superstock 1000, trovi un futuro. Pare lo cerchi la Suzuki, che piaccia alla Ducati come test rider, che la Honda lo voglia in Superbike, ma se il prossimo anno non lo vediamo in sella ad una MotoGp, vuol proprio dire che non c’è giustizia. E per due motivi: Michel ha il carattere e la classe per giocare nella serie A della moto (non peraltro si chiama così in onore di Platini!) e poi ha battute fulminanti che dicono una cosa sola: intelligenza pronta. E se piove…
Bene, avete capito come la penso, che non nutro grande fiducia nel management in genere, ma solo perché non ha il coraggio di scelte coraggiose preferendo sempre e comunque la politica dello sponsor, della nazionalità e tutte le altre minchiate che riempiono le griglie di mediocri e che spesso lasciano fuori i buoni. Coraggio, ci vuole, quello che ha avuto Michel. A proposito, lui cosa ne pensa di tutto questo? Leggete l'intervista che segue, ne vale la pena.
- Cosa è cambiato per te dall’inizio di stagione, dal tuo arrivo in MotoGp?
“Da inizio anno – ci spiazza Michel – ho meno soldi (lui paga per correre) e se non succede qualcosa, ancora due gare e li ho finiti”.
- Dai Michel, dal punto di vista sportivo, almeno, sarà cambiato qualcosa nel passaggio dalla Superstock alla MotoGp.
“Sì, è successo che sono in mezzo ai big, che sono uno dei 24 e questo non è da tutti”.
- Ogni tanto metti dietro un’Aprilia, a Jerez una Ducati, hai fatto più punti tu di tutte le Proton che hanno un investimento robusto alle spalle. Che effetto ti fa?
“Normale, no? Scherzo, non mi sono ancora del tutto abituato a queste cose”.
- E poi il prossimo anno sarai sulla Marlboro (la guida con i risultati di tutti i tempi), cioè sui libri di storia…
“Fa un bell’effetto, e poi mi ricorderò di quella giornata a Jerez, di una gara terribile, nella quale sono caduto, mi sono rialzato e sono andato a punti. E’ una bella sensazione, alla quale credevo fin dal sabato perché so che sul bagnato vado forte, però credevo che i punti li avrei fatti solo così e invece in Germania ci sono riuscito anche sull’asciutto”.
- Veniamo alla moto: una volta ti ho detto che ti vedevo in difficoltà persino nell’entrata box di Jerez. Anche lì la WCM si scomponeva… E che differenza c’è con la Suzuki 1000 che guidavi lo scorso anno?
“Vengo dal GSX, in pratica una moto di serie, che era meglio di ciclistica e che ha una decina di cavalli di meno. Non è un gran risultato ma oggi la WCM va un po’ meglio grazie ad un nuovo scarico che ha migliorato l’erogazione in basso. Però resta una moto molto dura che pesa più di 160 chili e che ha un chattering incredibile. Se continuo ad usarla ancora mi saltano via i denti e ci vorrà la dentiera, credo saltelli anche sul cavalletto! Da un po’ c’è un forcellone nuovo, un po’ più lungo che l’ha resa più stabile, ma resta una moto con qualche problema, ad esempio la sospensione posteriore. Per fortuna con le Dunlop da tempo tutti i difetti spariscono, ma non le posso usare sempre!”.
"La prima volta che ho visto il pulsante per variare la mappatura pensavo fossero le frecce!" (foto Lazzari)
Per farvi capire meglio sono andato a Donington, all’uscita del tornantino che immette sul rettilineo d’arrivo: la WCM, quando si apre il gas, “pompa” in maniera incredibile, mentre le altre escono pulite, molto più della sua…
- A elettronica come siamo messi?
“Poca, in pratica solo il cambio e poi c’è un pulsante (switch, vi ricorda qualcosa questo termine visto anche sulla tabella di Edwards a Donington?) per variare la mappatura. La prima volta che l’ho visto pensavo fossero le frecce”.
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- Ma quanti piloti come te ci sono in giro, cioè ragazzi che possono far bene anche in motoGp e che invece corrono in altre categorie?
“Non credo ci sia tanta gente con il mio carattere. Ne vedo molti che appena sentono la moto scivolare un po’ più del solito si infilano nel box, io invece continuo, anche con il motore che mi brucia le palle, come in Germania quando mi si è spostato l’air box e con l’ammortizzatore dietro scoppiato. Magari ce ne sono altri, ma sono bravi se tutto va bene. Io so anche rischiare e il numero che porto sulla carena lo dice. E’ l’84, il mio anno di nascita ma anche il numero di Renzo Pasolini, un pilota che di coraggio ne aveva tantissimo e che faceva cose da pazzi con i freni a tamburo. Ti faccio un esempio, ad Assen sono caduto perché sono entrato in curva a 10 orari in più del solito per tentare il sorpasso di Hodgson e ho pensato: tanto c’è Costa che mi ripara! E poi io do il massimo con quello che mi trovo sotto il sedere”.
- E quando ti passano sul rettilineo come se fossi fermo, cosa provi?
“Tiro due accidenti, poi penso a quello che guidano, alla loro carriera e provo ad imparare qualcosa”.
- Dimmi il nome di un pilota dal quale imparare, di uno che ammiri.
“Max Biaggi e non solo perché è romano come me. Ma per la guida pulita, bello da vedere. E poi mi piace come persona, fa il suo lavoro, non pensa a fare il fenomeno in tv”.
- Ma tu non mi sembri uno che sta tranquillo, secondo me in tv fai la tua figura…
“Mi piacerebbe diventare famoso, anche perché è una cosa che mi diverte. Sono uno che buca il video, però resto uguale a come sono nella vita, se c’è da mandare aff… qualcuno lo faccio, anche in tv”.
- E nella vita che fai, il vero pilota oppure la star?
“Ma che star: stesso bar, stessi amici, stessa palestra, la mia ragazza. Di nuovo c’è un cane boxer che non ha nemmeno due mesi, è uno spettacolo”.
- Come si chiama?
“Appena me l’hanno portato ha mangiato un piatto di maccheroni e lo volevo chiamare Nando Meliconi, come il personaggio fatto da Alberto Sordi in 'Un americano a Roma'. Invece l’ho chiamato David e gli do il latte con il biberon. Quando sarà grande lo vorrei portare al via di una gara, sarebbe il primo umbrella – dog della storia. Con tanto di maglietta e occhiali e ombrello. Spero di non partire dall’ultima fila quel giorno”.
La strada è in salita per Michel ma il pilota non teme il futuro: sogna una grande squadra che lo faccia crescere
- Il tuo futuro è per ora nebuloso. Diciamo che a fine stagione chiudi con la WCM e dopo?
“Per ora a piedi, ma sono agile, non ho paura di niente. Sogno un grande team, una squadra per crescere e che mi faccia battagliare con i grandi, magari vincere i mondiali. Anche se dovessi tornare in Superstock non vivrei la cosa come un declassamento, magari prendo paga, però mi sembrerebbe di rubare il posto a uno che sta emergendo, io ho già fatto questa esperienza. E poi non voglio rifare gli errori dello scorso anno”.
- Tuo padre è l’uomo chiave della tua carriera?
“Della mia vita! Mi ha chiamato come Platini e mi faceva vedere in TV tutte le sue partite, ma io tengo per la Roma. Però è lui che mi ha spinto verso le moto. Prima aveva una pista di kart, adesso un’officina di moto ai Giardinetti. E’ il mago delle modifiche: stai attento perché se passi lì davanti modifica anche te! Lui mi ha insegnato tutto dei motori e adesso sta costruendo una 125 rivoluzionaria”.
- 125, un numero che non ti piace tanto, visto il flop nel 2002 con la Gilera del Team Italia, 27esimo a fine mondiale…
“Dillo pure, un anno di m… Ce ne saranno magari altri, ma spero di no. Voglio una carriera lunga e gli errori insegnano. Mi dicevano che pensavo troppo alle ragazze, che non stavo con i piedi a terra. Diciamo che è stata un’esperienza di vita”.
Bene (anche) questo è Michel Fabrizio, 19 anni, romano, giovane promessa della MotoGp. Uno che si fa un mazzo tanto per emergere, che ha classe e attributi, doti rare. Se non lo ingaggia nessuno, mi incazzo. Di brutto.
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